Nella sola provincia di Milano sono almeno 75 gli istituti da affidare “in reggenza” a dirigenti di altre scuole. Prendiamo la vicenda paradossale dell’istituto comprensivo Borsi, materne, elementari e medie, 1.100 alunni in sette plessi in zona Bonola, a Milano. Famiglie, insegnanti e sindacati si erano allarmati: tanto clamore da aver avuto una articolo sul Corriere della Sera. La protesta dei genitori era iniziata dopo che la dirigente, la professoressa Milena Ancora, destinata dalla legge al pensionamento per raggiunti limiti di età, aveva invece chiesto il trattenimento in servizio per poter continuare a lavorare nella “sua” scuola come preside, dopo appena tre anni dall’insediamento. La domanda non era stata accolta dalle autorità scolastiche e questo aveva fatto scoppiare il caso: famiglie e docenti hanno lanciato una petizione in rete e sono andati in una folta delegazione all’Ufficio scolastico regionale per chiedere a gran voce che il caso fosse rivalutato. Così è stato: il Borsi potrà avere ancora la “sua” preside grazie a un cavillo burocratico per “aggirare”, legalmente, una legge sul pensionamento coatto. Il nodo lo ha spiegato la stessa preside: “Possono restare in servizio i dirigenti che hanno avviato progetti europei con università o scuole all’estero. Io sto seguendo una di queste iniziative ma pare che non sia fra quelle indicate”. Ne approfittiamo per parlare di scuola con la professoressa Ancora, evidentemente apprezzata per quello che ha fatto in soli tre anni al Borsi da famiglie, studenti e docenti.



Che cosa significa essere dirigenti scolastici oggi, in una grande città come Milano? Milano è sicuramente il più importante e complesso provveditorato italiano e il numero delle scuole sparse sul territorio è sicuramente ragguardevole.

Questa complessità si riflette, indubbiamente, anche sul lavoro di ciascun dirigente scolastico che nel suo piccolo risponde alle necessità ed ai problemi del territorio in modo diretto e spesso molto difficile. Io dirigo un istituto comprensivo di 7 plessi sparsi su ben due municipi della periferia milanese con necessità e problematiche molto diverse tra loro. Certo la difficoltà più grande, ultimamente, è l’integrazione di studenti provenienti da paesi stranieri che scelgono di venire da noi ma che non hanno mai frequentato la scuola italiana. Proprio per questo il progetto Nai (neoarrivati in Italia) nel mio istituto è molto attivo.



Lei viene dal liceo come docente di latino e italiano: come si è trovata alla scuola media?

Devo dire che la mia pregressa esperienza di docente dei “grandi” (ho sempre insegnato negli ultimi anni del liceo) mi è servita molto per comprendere e cercare di modificare quelli che, secondo me, erano gli errori o le manchevolezze delle scuola secondaria di primo grado. Inoltre l’impostazione generale di un liceo serve a individuare meglio gli obiettivi da perseguire per arrivare al miglioramento dell’offerta formativa.

Cosa pensa della scuola media?

La scuola “media” è, secondo me, l’anello debole della catena istruzione le difficoltà che si incontrano sono tantissime, come accennavo, l’utenza variegata e multietnica a cui non puoi non dare la dovuta attenzione, i programmi spesso troppo ricchi o troppo poco chiari nelle finalità degli obiettivi. La valutazione ancora legata a parametri non sempre in linea con le nuove impostazioni e le nuove direttive…



Negli ultimi tempi le cronache hanno parlato di docenti insultati o assaliti fisicamente da genitori iperprotettivi con i figli. La scuola non ha più la fiducia dei genitori?

Sicuramente il momento è serio, le nuove generazioni di genitori sembrano voler difendere i loro figli a tutti i costi molto spesso a torto. Per la mia esperienza di dirigente non è vero che i genitori non hanno più fiducia nella scuola e negli insegnanti, piuttosto è come se volessero risparmiare ai loro figli e a se stessi tutte le difficoltà, scaricando responsabilità e colpe su altri. Il mio rapporto con i genitori è ottimo, so essere comprensiva ma anche estremamente ferma quando è il caso.

Quali sono le buone pratiche per il curricolo del primo ciclo che lei ha attuato nella sua scuola?

Buone pratiche significa condivisione del lavoro e della progettualità tra gli ordini. Il curricolo verticale è il mio obiettivo principale, ci stiamo lavorando da tre anni con discreti risultati. I progetti trasversali proseguono di anno in anno sempre con migliorie che i docenti dei vari ordini apportano. Abbiamo messo in campo buone pratiche in modo particolare sull’inclusione e sulla certificazione delle competenze di base. 

Qual è la sua esperienza sul problema del bullismo?

Bullismo e cyberbullismo sono piaghe che coinvolgono tutti gli studenti, purtroppo anche tra i più piccoli. Nel nostro istituto abbiamo due insegnanti dedicate al problema che seguono ed accompagnano i colleghi, fortunatamente le misure di prevenzione ed i progetti in essere stanno dando buoni frutti, infatti non abbiamo mai avuto gravi problemi da risolvere, solo qualche ragazzata da correggere con decisione.

In particolare ci sono delle misure da adottare per chi dopo la terza media intende affrontare un percorso liceale?

Per la mia esperienza pregressa invito i ragazzi lavorare molto sul metodo di studio e sulle competenze trasversali, il passaggio dalla secondaria di primo grado a quella di secondo grado è serio e spesso difficile per adolescenti sempre più abituati ad essere seguiti passo dopo passo dagli insegnanti. Ma si può fare molto bene con l’impegno e la serietà.

Qual è la sua opinione circa il nuovo metodo di selezione dei dirigenti rispetto a quello che ha fatto lei?

il nuovo sistema di reclutamento mi lascia un po’ perplessa, se devo essere sincera. Trovo positiva l’introduzione di un periodo di tirocinio in una scuola sotto la guida di un collega “anziano”. Come per i docenti l’anno di formazione e di tirocinio attivo si è dimostrato molto utile, così sicuramente lo sarà per i nuovi dirigenti chiamati a dirigere scuole sempre più complesse con moltissime responsabilità.

(Marco Ricucci)