L’Invalsi, nel giro di un anno, ha accettato grandi sfide: il passaggio dalle prove cartacee alle prove a computer (che non riguardano solo una modalità di somministrazione, ma un’attendibilità dei risultati ulteriormente accresciuta), l’avvio della certificazione dei livelli A1 e A2 sulle abilità di comprensione e uso della lingua inglese secondo i criteri internazionali stabiliti dal Quadro europeo delle lingue, la predisposizione per l’anno venturo delle prove in uscita dal quinquennio superiore.
Un’altra novità riguarda la comunicazione verso l’esterno: il nuovo Rapporto è redatto con uno stile comunicativo e una presentazione grafica finalmente alla portata di qualunque lettore, non solo degli statistici. Già il pamphlet a firma della presidente, Anna Maria Ajello, uscito durante l’anno scolastico, è un documento di impostazione moderna nel linguaggio e gradevole alla lettura. Una novità che invoglia a un maggiore interesse del “lettore medio” e quindi a una maggiore comprensione di quello che l’Invalsi sta facendo.
Tuttavia, la grande novità è rappresentata dalla pubblicazione di descrittori analitici di livello, che la legge 62/2017 affida come compito all’Invalsi per le classi in uscita dal I e dal II ciclo (III media e V superiore). Prevede infatti l’articolo 9 comma f) che venga data “indicazione, in forma descrittiva, del livello raggiunto nelle prove a carattere nazionale di cui all’articolo 7, distintamente per ciascuna disciplina oggetto della rilevazione”.
Non si tratta di una certificazione, ma della descrizione realistica di quanto uno studente può essere in grado di fare, a seconda del livello che ha raggiunto nelle prove: a partire dalla difficoltà delle domande è possibile descrivere il livello di abilità degli studenti. Il modello è probabilistico e non dice che cosa lo studente ha effettivamente saputo fare nella prova da lui svolta, bensì il livello in cui si è collocato con quella prova, che comprende tutte le capacità dei livelli inferiori e — con una determinata probabilità — quelle del suo livello. In questo modo la descrizione dell’abilità è fatta non a partire da un criterio preventivamente fissato, come avviene per le prove di lingua, bensì sulla base dei risultati effettivi delle prove nel loro complesso, tenendo conto di tutta l’ampia gamma dei quesiti che costituiscono la banca dati di quesiti dai quali le prove vengono estratte. Questo significa anche che la precisione della descrizione potrà ancora migliorare al crescere del numero dei quesiti inseriti nella banca-dati.
Per arrivare a questo risultato è stato necessario descrivere in che cosa consiste la difficoltà specifica dei quesiti utilizzati, il che in prospettiva può dare preziose indicazioni sul passaggio dal semplice al complesso, dallo stadio iniziale allo stadio avanzato, dal “basico” al “raffinato”, cioè sulle soglie che distinguono un livello dall’altro.
Quest’analisi può essere estremamente utile anche per stabilire un curricolo verticale in ordine di difficoltà, che tenga conto della possibilità di accompagnare gli studenti ad affrontare difficoltà via via maggiori nel corso degli studi. Curricolo ed esiti si trovano strettamente legati: la scuola serve a crescere, a far crescere, a misurarsi con compiti sempre più articolati.
Non è chi non veda la portata di questa operazione (sempre in relazione solo alla lettura e alla matematica), anche perché non esistono in Italia standard, come invece esistono per le lingue straniere, dichiarati nel Quadro di riferimento europeo (appunto i livelli da A1 a C2). Da anni le scuole si interrogano su ciò a cui corrispondono esattamente i voti numerici (per esempio, la soglia della sufficienza oppure il livello dell’eccellenza). Una descrizione “terza” permette di confrontarsi realisticamente non solo all’interno della nazione, in cui i voti non dovrebbero avere diverso valore nelle diverse scuole, ma anche all’interno dello stesso dipartimento di materia.
Il punto di vista più interessante, però, è quello dello studente. I descrittori gli forniscono un’idea analitica su cose importanti: che cosa in generale dovrei essere in grado di fare, per il livello a cui mi sono collocato? Che cosa potrei saper fare in più, migliorando? È un’informazione importante per un ragazzo che deve orientarsi, in un mondo in cui da molto tempo il titolo di studio non giustifica da solo lo sforzo dello studio e dell’impegno. La descrizione vale sia per quei ragazzi ai quali la scuola dà già un riscontro efficace sul suo percorso, sia per quelli che per vari motivi ne hanno uno non realistico, per esempio troppo severo o troppo indulgente. Non è bene scoprire troppo tardi, per esempio quando si passa da una regione all’altra per motivi di scelta universitaria, di avere delle difficoltà gravi a comprendere un manuale di studio di media complessità.
Per farsi un’idea delle potenzialità di questo strumento è possibile consultare la descrizione analitica dei livelli (più approfondita della descrizione sintetica che è stata fornita agli studenti di III media insieme alla certificazione finale del I ciclo). La griglia è corredata di esempi che fanno capire la diversa difficoltà dei singoli quesiti e quindi il diverso livello di abilità necessario per rispondere correttamente: il dialogo sia fra insegnanti sia con gli studenti può avvantaggiarsi non solo di dati quantitativi, ma soprattutto di esempi reali e comprensibili. Il materiale si trova sul sito dell’Istituto.