Ferruccio de Bortoli, nel fondo pubblicato dal Corriere della Sera il 13 gennaio scorso, ha sottolineato l’importanza della proposta di legge di iniziativa popolare che introdurrebbe la nuova materia scolastica denominata “Educazione alla cittadinanza”.

Il Sussidiario è già intervenuto efficacemente in passato sul tema ma forse è utile riprendere la questione.



Pare che non sia stato troppo difficile trovare in tutta Italia un buon numero di firme a favore della proposta di legge, che è già stata inoltrata con successo agli organi competenti.

È molto più difficile trovare educatori veri.

Eppure è l’unico modo per rendere realtà il pio desiderio di chi ha avuto l’idea geniale di chiedere di aggiungere l’ennesima materia (addirittura un’ora in più di lezione, in alcuni casi) per i nostri giovani già sovraccarichi di impegni.

Separare le regole dalla vita e dagli argomenti normalmente studiati a scuola è un errore madornale che la nostra società ha già fatto in passato e che viene ripetuto adesso grazie all’iniziativa di questa campagna di firme, messa in moto da alcuni sindaci che evidentemente non sono totalmente assorbiti dal proprio lavoro (beati loro!).

È possibile che l’opinione pubblica attuale non riesca a partorire un’idea migliore, per educare i nostri giovani, di questo disastroso “Armiamoci e partite” elaborato dai nostri illuminati sindaci?

Probabilmente questa incapacità è parte del problema: non si sa da che parte cominciare a educare e allora si prova a rifarsi alla morale, alle regole, magari alla “Costituzione più bella del mondo”. Senza pensare che a volte i ragazzi hanno a che fare con docenti che rispondono al telefono mentre sono in classe oppure con genitori che li vanno a prendere all’uscita e che parcheggiano l’auto in terza fila creando code chilometriche…

Bisogna inoltre registrare un’attenzione scarsissima (nell’opinione pubblica e nella scuola) per la discussione razionale, con pochissime eccezioni.

Se ci fosse stata, chi ha firmato avrebbe potuto apprendere che ogni docente (non solo quello di lettere o quello di filosofia e storia) è chiamato da anni a render conto (se il dirigente scolastico è attento) di ciò che fa in classe per migliorare le competenze di cittadinanza degli alunni.

Se ci fosse stata, chi ha proposto la nuova materia avrebbe potuto spiegarci in quale modo sia possibile sovrapporsi o sostituirsi alle famiglie (e perché sia giusto farlo).

Se ci fosse stata, qualcuno avrebbe potuto replicare ai timori espressi da John Stuart Mill nel suo saggio Sulla libertà: “Un’educazione di Stato generalizzata non è altro che un sistema per modellare gli uomini tutti uguali”.

Io continuo a essere convinto che il mio tentativo di far leggere e far riflettere sulla Apologia di Socrate valga più di 30 ore annuali di educazione alla cittadinanza.

Ma tra alternanza scuola-lavoro, educazione alla salute, al digitale, alla cittadinanza, magari alla cucina vegana, il tempo disponibile per Socrate, Dante, Michelangelo, Shakespeare e Galileo diminuisce sempre più…

Cercare di essere preparato, ragionevole e autorevole; spiegare le regole quando necessario. Questo, per me come docente e come persona, basta e avanza. Il resto è superfluo, quindi dannoso.