Ritmi lavorativi spesso insostenibili, richieste poco prevedibili e relazioni complesse, un’amministrazione che più che sostenere rende difficile il lavoro. Ma anche orgoglio e consapevolezza dell’importanza del proprio ruolo. È questo il quadro che emerge dalla recente Indagine sui livelli di stress e benessere dei dirigenti scolastici italiani, promossa da Anp (il principale sindacato dei capi d’istituto) in collaborazione con l’Osservatorio Nazionale Salute e Benessere Insegnante.
Lo studio – che ha coinvolto ben 1.616 dirigenti scolastici – puntava a misurare fattori di rischio e di protezione per il benessere dei dirigenti delle scuole, esaminando le percezioni dei presidi riguardo il proprio lavoro, le relazioni che si instaurano a scuola e gli indicatori dello stato di salute psicofisica.
Le fonti di stress per i capi d’istituto si concentrano in due aree specifiche. In primo luogo, l’area relativa alle richieste e ai ritmi lavorativi: quasi il 90% dei dirigenti dichiara che il proprio lavoro è distribuito in modo irregolare, finendo con l’accumularsi nonostante i ritmi quotidiani molto elevati, al punto che oltre l’80% afferma di non avere tempo per completare tutte le mansioni di competenza. Condivisa da quasi tutti i presidi è inoltre la sensazione di dover tenere spesso sotto controllo molte cose durante il lavoro, non potendo quindi soffermare la propria attenzione su singole questioni, per quanto rilevanti, e ciò nonostante il fatto che le decisioni difficili siano quotidianamente all’ordine del giorno. Diffusa è anche la percezione di svolgere un lavoro emotivamente impegnativo, nel quale sono frequenti le situazioni fonte di disagio e non mancano anche occasioni in cui i dirigenti sono coinvolti in liti o sono oggetto di prese in giro e, più raramente, di vere aggressioni.
La seconda area di grande difficoltà è quella relativa ai rapporti con l’amministrazione. Oltre l’80% dei dirigenti, ad esempio, dichiara di ricevere con poco o pochissimo anticipo informazioni circa cambiamenti futuri, mentre il 72% afferma di non ricevere tutte le informazioni necessarie per il lavoro. Motivi di disagio che si traducono in un diffuso senso di imprevedibilità degli impegni e delle scadenze dettate dall’esterno: si riduce così la possibilità di pianificare il lavoro e gestirne al meglio i diversi passaggi.
Sul versante opposto, quello degli elementi che rinforzano l’azione dei dirigenti e ne preservano il benessere lavorativo, il piano relativo al significato attribuito al lavoro: oltre l’85% dei dirigenti interpellati sente che il proprio ruolo è importante e quasi quattro dirigenti su cinque affermano di sentirsi motivati e coinvolti nel lavoro. Un dato che è tuttavia oggetto di significative differenze territoriali: i presidi di Sud e Isole appaiono più saldi nell’attribuirsi riconoscibilità e valore, mentre la percezione si fa meno sicura mano a mano che ci si sposta verso Nord.
Cosa possono aggiungere questi dati al dibattito sul dirigente scolastico delle scuole autonome? Tra i numerosi stimoli, ne isoliamo due.
Il primo è quello relativo alle possibili risposte all’intreccio costituito da elevati ritmi lavorativi, scarsa prevedibilità delle richieste, difficoltà delle decisioni da assumere, esposizione a relazioni molteplici e complesse. È sempre più evidente come il dirigente scolastico non possa agire da uomo solo al comando, ma debba essere messo in condizione di costruire attorno a sé una leadership diffusa, dotata di competenza professionale e margini di autonomia decisionale. Fin quando tutte le relazioni, le incombenze, le decisioni ricadono sul solo dirigente, questi resta inchiodato all’immediatezza delle continue richieste e rischia di perdere di vista il disegno d’insieme, la capacità d’indirizzo e di governo che gli sono affidati.
Chi ha esperienza di valutazione dei dirigenti e delle istituzioni scolastiche ha ben presente la differenza tra gli istituti in cui il dirigente può contare su uno staff di collaboratori stabile e competente e quelli in cui, al contrario, opera in sostanziale solitudine. È tempo, siamo anzi in ampio ritardo, di affrontare il tema della carriera docente e disegnare percorsi di crescita professionale inquadrati normativamente e per via contrattuale, perché la collaborazione con il dirigente non rischi di essere affidata a figure saltuarie o mosse da solo (e pur lodevole) spirito volontaristico, ma diventi passaggio codificato anche a livello di formazione e di retribuzione. Le scuole, insomma, devono poter contare su diverse figure professionali stabili, intermedie tra il docente “semplice” e il dirigente scolastico, e in grado di rappresentare una gestione diffusa, ampia e capace.
Il secondo stimolo riguarda una delle ragioni di stress più evidenziate dalla ricerca di Anp, quella relativa al rapporto con l’amministrazione. Il compito del ministero e delle sue articolazioni territoriali è agevolare e sostenere l’autonomia delle scuole: se la percezione diffusa dei capi d’istituto è quella di un’amministrazione fonte di complicazioni, qualche domanda bisognerà pur farsela. Quante delle scadenze fissate dal centro sono davvero imprescindibili e, soprattutto, utili alle scuole? Quanto lavoro per semplificare ed essenzializzare occorre mettere in campo, per liberare le energie delle scuole e permettere ai dirigenti di concentrarsi sull’essenziale del proprio lavoro?