La gestione del personale scolastico sarà uno dei punti dolenti anche nel 2019. Se nello scorso anno era emerso in modo evidente che nelle scuole del Centro e in particolare del Nord mancavano i supplenti, la finanziaria appena approvata prevede, già per i prossimi mesi, nuovi concorsi ordinari sia alla primaria che nel primo e secondo ciclo, ovviamente solo per quelle regioni in cui c’è scarsità di docenti.
All’inizio dell’anno scolastico in corso le assunzioni a tempo indeterminato e gli incarichi annuali avevano portato allo svuotamento delle graduatorie permanenti, per cui i dirigenti scolastici si sono trovati in difficoltà nel rimpiazzare i docenti assenti. La penuria non è soltanto in matematica o nelle materie tecniche: ora scarseggiano, anche alle medie, i docenti di lettere e di lingue. Una situazione anomala che non si verificava da decenni, resa ancora più eclatante dal fatto che le istituzioni scolastiche non cercano solo docenti, ma anche insegnanti di sostegno, assistenti tecnici, assistenti amministrativi, collaboratori scolastici ed altri ruoli, destinati a coprire incarichi di supplenza per posti vacanti. Orizzonte scuola aveva già segnalato a novembre la criticità e aveva proposto ai lettori un format per chiunque volesse inoltrare le domande di messa a disposizione direttamente alle scuole. Tutti coloro che erano in possesso dei requisiti minimi per l’insegnamento, cioè di una laurea o di un diploma che dia accesso a una classe di concorso, erano invitati a farsi avanti.
La situazione non è certo destinata a migliorare, ma la legge di bilancio 2019 ha facilitato l’accesso ai concorsi, che dovrebbero essere banditi proprio quest’anno. D’ora in avanti il possesso dell’abilitazione specifica sulla classe di concorso non sarà più condizione indispensabile; in alternativa è infatti previsto il possesso congiunto della laurea (magistrale o a ciclo unico, oppure diploma di II livello dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, oppure titolo equipollente o equiparato) e 24 Cfu nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche.
In questo modo il neolaureato potrà seguire le attività integrative previste da tutte le università e sostenendo gli esami mancanti acquisire i 24 crediti, senza passare dalle forche caudine di Ssis, Tfa o Pas che hanno angustiato i giovani docenti degli ultimi vent’anni.
Altra facilitazione riguarda i docenti con 36 mesi di servizio (anche non continuativo, nel corso degli otto anni scolastici precedenti), i quali potranno partecipare al concorso con la sola laurea, senza i 24 crediti formativi. Il superamento del concorso permetterà almeno di acquisire l’abilitazione, come accadeva sino agli anni 90 del secolo scorso.
Le graduatorie avranno durata biennale e alla scadenza il candidato che non è stato assunto, oltre all’abilitazione acquisita, non potrà far valere alcun diritto, anche se in un successivo concorso le prove concorsuali superate potranno essere valutate a fini del punteggio finale.
I concorsi saranno espletati su due prove scritte e una orale, ma senza la penalità delle prove preselettive a risposta multipla. E’ abolito anche il Fit (percorso triennale di formazione e tirocinio) introdotto con la legge 107 del governo Renzi e, tornando al passato, viene sostituito dal percorso annuale di formazione iniziale, che potrà essere ripetuto e al termine del quale si è confermati o meno in ruolo.
Insomma un ritorno al passato, per certi versi positivo. Quello che lascia perplessi è l’uso nostrano dell’improvvisazione. Il sistema scolastico ha bisogno di norme certe, ordinamenti stabili e mission definite, ma anche di programmazione delle risorse e del personale, che le frammentarie novità inserite in una legge di bilancio certo non sono in grado di garantire.