Da ex professore e preside di liceo del profondissimo Sud, sono lavativo e sfaticato, quindi di riprendere le parole del ministro Bussetti mi mancherebbe proprio la voglia. Ma la bussettata è grossa e quindi, obtorto collo, mettiamoci al lavoro.
Soldi in più alle scuole del meridione? Non se ne parla neanche! In visita dalle parti di Afragola, il responsabile dell’Istruzione ha annunciato quale medicina salverà la scuola da Napoli in giù: “Più sacrificio, più lavoro, più impegno!” Da un ministro che – prima di Natale – aveva esortato i professori a dare meno compiti per le vacanze, un’uscita come questa non ce la si aspettava proprio.
Certo, la scuola, al Sud, funziona male e gli studenti sono più ignoranti: lo dicono – da anni – i risultati dell’Invalsi, che sanciscono livelli di istruzione, nel meridione e nelle isole, al di sotto degli standard nazionali ed Ocse.
Il ministro, che questi dati li conosce come uno studente del Nord conosce le tabelline, saprà però che i risultati scolastici del Mezzogiorno sono anche meno equi: per intenderci, tra scuole e tra classi, la variabilità di rendimento al Sud è molto consistente. Quindi, anche nel Sud ci sono aree di eccellenza, ma sono poche: come si spiega? Probabilmente, nelle classi e nelle scuole che vanno meglio, i professori e gli alunni sono tutti emigrati dal Nord…
C’è poi un altro dato: nel Mezzogiorno, le percentuali di alunni con status socio-economico basso che non raggiungono livelli adeguati nelle prove sono ben più alte che nel resto della penisola. Ma anche a questo dato c’è una spiegazione: nel Sud sfaticati non sono solo professori, alunni e presidi, ma anche i genitori: si impegnino di più, lavorino di più, guadagnino di più e i loro figli andranno meglio.
E piantiamola, quindi, di pensare che le differenze dipendano dalla situazione generale del nostro paese! Che cavolo c’entra con la scuola il fatto che, per dirne una, il treno, in tre ore, al Nord, ti porti da Torino a Bologna (300 km) mentre, in Sicilia, copra a stento i 200 km tra Catania a Palermo? Saranno i macchinisti sfaticati…
Caro ministro, ricordo ancora cosa mi disse mia figlia, era il 2007, infermiera neoassunta in un’azienda ospedaliera di Milano all’avanguardia in Europa. Era il suo primo giorno di lavoro e le chiesi come fosse andata: mi disse che era stanca morta, aveva lavorato moltissimo. E com’è andata con i colleghi e coi medici? Ti hanno mica preso in giro perché sei terrona? E chi me lo doveva dire? – mi rispose –. Qui in reparto lo siamo tutti…”