La polemica sulle frasi del Ministro Bussetti sulle scuole del Sud di certo non aiuta a rendere più “idilliaco” il dialogo politico sulla possibile “autonomia differenziata” che le Regioni Veneto, Lombardia, Emilia Romagna richiedono ormai da diversi mesi: economia, tasse, sanità e soprattutto istruzione sono i temi dibattuti e richiesti dalle tre Regioni per provare a costruire non uno “Stato parallelo” ma una maggiore flessibilità nel gestire con i propri soldi le risorse interne a quelle aree cruciali per la società italiana. La polemica sulla “regionalizzazione” della scuola però sta sollevando animi e attacchi ben più “forti” rispetto alle altre aree tematiche: in un clima di crescente contrapposizione “Nord-Sud” venerdì 15 febbraio il Consiglio dei Ministri avrebbe dovuto dare l’ok all’intesa per l’autonomia differenziata di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. In realtà ci sono ancora molte incertezze su Sanità, Beni Culturali e lo stesso Miur che fanno pensare ad un possibile rinvio: anzi, con l’annuncio dato dalla Flc Cgil questo pomeriggio, la norma è definitivamente saltata e non sarà inserita nel CdM di venerdì prossimo. «Da tempo abbiamo chiesto al Governo di fermarsi, di bloccare la deriva pericolosa che si può innescare con la cosiddetta autonomia differenziata. Ora apprendiamo che il Consiglio dei Ministri che il 15 febbraio avrebbe dovuto prendere una decisione in merito non ne discuterà, rinviando la questione», spiega la nota del sindacato diretto da Maurizio Landini.
SINDACATI CONTRARI: “PROGETTO SECESSIONISTA”
«Il rinvio è una buona notizia solo se prelude ad un definitivo abbandono di un processo che, per quanto riguarda la scuola e l’istruzione, configura un regionalismo secessionista e disgregatore che rigettiamo nettamente», attacca ancora la nota della Flc Cgil con riferimento alla gestione dei Governatori Bonaccini, Fontana e Zaia e al progetto di legge lanciato dal Governo gialloverde. «La regionalizzazione della scuola italiana, limitata per ora alla Lombardia, al Veneto e all’Emilia Romagna, sta prendendo forma sui tavoli regionali e ministeriali, e le bozze che filtrano dagli uffici innescano le più varie prese di posizione», attacca anche il comitato della scuola AESPI. Lanciando un tavolo di idee sulla autonomia della scuola, il Corriere della Sera ha sentito anche l’ex rettore del Politecnico di Milano Giovanni Azzone che pone un interessante distinguo sul tema della differenziazione: «per quanto riguarda la scuola elementare e media non vedo un’esigenza di una autonomia pedagogica e formativa su base territoriale. Per quanto riguarda invece l’istruzione secondaria, soprattutto quella tecnica in senso lato, l’integrazione con il contesto produttivo è molto utile, soprattutto in regioni dove il sistema economico è robusto. Penso a certe esperienze di scuola-lavoro che si possono focalizzare in alcuni settore». Per il presidente dell’Associazione Nazionale Presidi, Antonello Giannelli, «siamo a favore della stabilità perché garantisce la continuità didattica: per questo avevamo fatto la battaglia (persa, ndr) per la chiamata diretta dei docenti da parte dei presidi perché ci sembrava un mezzo per garantire una maggiore stabilità. L’ipotesi dell’autonomia differenziata, per come si delinea nelle ultime bozze, apre la strada però anche ad un discorso sul reddito, visto che si parla di un eventuale contratto integrativo regionale: una sorta di gabbia salariale che per il pubblico impiego può essere un problema, facendo dipendere la remunerazione dalla residenza. Il rischio per gli studenti di Lombardia e Veneto è che alla fine non si trovino abbastanza insegnanti in loco».