Si parla sempre più spesso di protezione ambientale in Europa e nel mondo, a causa delle bizzarrie atmosferiche dovute al riscaldamento globale. Qualcuno dice che attorno al tema ambientale comincerà a ruotare l’azione politica nei prossimi anni. Per ora i verdi, almeno in Italia, sono scomparsi dallo schermo del radar dei partiti. Per il futuro, si vedrà. Resta che da noi, nonostante smog, siccità e magari qualche alluvione di troppo, l’ambiente non è proprio tra le principali preoccupazioni, come certificano le agenzie mondiali di misurazione delle tendenze ambientali.
Secondo l’Environmental Performance Index 2018, un’inchiesta prodotta dalla Yale University e dalla Columbia University in collaborazione con il World Economic Forum, su 180 paesi al mondo misurati su emissioni e vitalità dell’ecosistema, l’Italia risulta essere al sedicesimo posto. Beh, non male, si potrebbe pensare. Tuttavia, in Europa siamo ultimi, preceduti da tutti fuorché Olanda e Grecia.
Eppure comincia a circolare una certa coscienza nel Paese, per cui il tema ambientale è sempre più svuotato della sua componente ideologica e arricchito da orientamenti di carattere semplicemente realistico. Prendersi cura dell’ambiente, sostiene per esempio l’enciclica Laudato si’ (2015), ha un profondo valore democratico, perché “se si vuole veramente costruire un’ecologia che ci permetta di riparare tutto ciò che abbiamo distrutto, allora nessun ramo delle scienze e nessuna forma di saggezza può essere trascurata, nemmeno quella religiosa con il suo linguaggio proprio” (63). Da questo punto di vista il tema ecologico, inteso come parte di una visione complessiva e positiva del creato, comprende una dimensione educativa di primaria importanza e forte suggestione.
Che cosa sta succedendo in proposito nelle nostre scuole? Nel (lontano!) 2015 il Miur pubblicò alcune impegnative Linee guida per l’educazione ambientale collegate alla legge sulla “Buona Scuola”, frutto del lavoro di una commissione di esperti. Doveva trattarsi, queste le premesse, di una “rivoluzione tra i banchi di scuola” dal momento che l’educazione ambientale sarebbe entrata prima nei programmi delle materie affini per poi assumere il profilo di una materia a sé. La svolta non si è verificata. Le Linee guida campeggiano ancora sui siti scolastici, costituite da analisi di contesto e percorsi didattici, nonché schede tecniche di approfondimento. È probabile che qualche istituto scolastico le abbia adottate, ma, come spesso accade in questo settore, le buone pratiche delle scuole autonome, ove esistano, faticano a realizzare un patrimonio conosciuto e condiviso da tutti. Non esiste a livello centrale una sorta di archivio in cui siano raccolti racconti e testimonianze. Di conseguenza, al cambio del ministro, si fa piazza pulita e si cambia tutto.
La riprova è in ciò che segue. Recentemente, esattamente il 5 dicembre 2018, è stato stilato un protocollo d’intesa tra il Miur, nella persona del ministro Bussetti, e il ministero dell’Ambiente, nella persona del ministro Costa, che punta a rendere strutturali i percorsi di educazione ambientale nelle scuole (ancora!), stanziando da subito una somma non indifferente, pari a 1,3 milioni di euro destinati appunto alle istituzioni scolastiche. Il protocollo intende sostenere le iniziative autonome delle scuole, i programmi di formazione e aggiornamento per docenti e Ata. Si specifica anche che dovranno essere privilegiate azioni per la qualificazione degli spazi educativi e degli edifici scolastici e iniziative che favoriscano lo sviluppo di curricula e di esperienze scuola-lavoro nel settore della green economy, nonché esperienze didattiche sul campo e viaggi d’istruzione in contesti naturali, quali le aree protette italiane e le aree di interesse naturalistico.
L’obiettivo ultimo di questa strategia interministeriale è di arrivare preparati al “World Cleanup Day” del 10 maggio 2019, un vasto programma di azione sociale globale volto a combattere il problema dei rifiuti solidi globali, compreso il problema dei detriti marini. Per festeggiare questa data, i ministeri di cui sopra invitano le scuole a realizzare campagne di comunicazione, spot video/radiofonici e contenuti per i social network sui temi dell’utilizzo della plastica e dell’importanza del riciclo.
Tutto così bello, si direbbe, tutto così green. E tutto nella solita fretta e convulsione. Non sarebbe stato più utile e proficuo anzitutto diffondere racconti ed esperienze, fatti di scuola e di persone, professionalità e attenzione reale al cambiamento dove si è verificato? L’attenzione all’ambiente, si dice spesso, è una questione di cultura. Ma come si fa a promuovere la cultura se manca una storia?