Una corretta impostazione dell’apprendimento nella scuola primaria è condizionante di tutto il successivo sviluppo del bambino. Occorre che al centro delle preoccupazioni del maestro non ci sia un’idea astratta di scuola e di programma, ma ci sia il bambino reale, con le sue capacità, il suo sviluppo, il suo interesse. Paola Bruno Longo, già docente di analisi matematica nel Politecnico di Torino, ne ha parlato con Patrizia Carrucciu, docente nell’Istituto comprensivo “Alberti”, Scuola primaria “Santarosa” di Torino. “La sfida – spiega Carrucciu – è quella di utilizzare le esperienze per entrare nella sfera di apprendimento dei bambini. Occorre sempre ricominciare da quello che il bambino ha chiaro e con cui riesce a interagire”.



Come ha affrontato questo nuovo inizio sulla classe prima?

L’ho affrontato rassicurata dal fatto di essere assegnata ad una sola classe, mentre fino allo scorso anno ho insegnato matematica, secondo le ore prestabilite, su due classi che ho seguito dalla prima fino alla quinta. Come mi aspettavo, la modalità di lavoro sul gruppo classe con un congruo numero di ore rende possibile un approccio più costante ed equilibrato nel tempo dei bambini, perché permette di recuperare l’unità sul bambino e sul gruppo e di recuperare le esperienze fatte anche in momenti diversi. In questi ultimi anni, invece, la scuola ha valorizzato molto l’intervento specialistico svolto da diverse figure, considerato sempre come elemento a favore di un buon insegnamento. In questo modo, a prescindere dalle capacità di ognuno, capita spesso di accumulare molte nozioni in un tempo breve. Si finisce per non tenere conto del tempo di apprendimento del bambino, che è diverso da quello degli adulti, e aggiungere troppe informazioni accessorie.



Come giudica la nuova generazione di bambini che ha incontrato da relativamente poco tempo?

Gli alunni che iniziano a frequentare la classe prima in questo periodo hanno molti stimoli, conoscono molte situazioni e vivono con genitori giovani o abbastanza giovani, manca però in loro la volontà di soffermarsi sui particolari e di osservare bene da vicino i fatti e le esperienze. Quindi sono svegli e pronti ad apprendere, ma sono anche facilmente inclini alla stanchezza e abituati ad un’attenzione limitata.

Quali sono gli aspetti su cui far leva per l’apprendimento fin dall’inizio?

Nella mia classe, all’inizio della prima, per avviare il processo di apprendimento ho puntato sul gioco, il movimento, l’uso del corpo. Senza entrare subito negli aspetti specifici della matematica, con la difficoltà del suo linguaggio specifico, nei primi giorni di scuola ho iniziato a proporre giochi di gruppo, spesso in cerchio, in cui la memorizzazione della posizione, dei nomi dei compagni, della canzoncina di accompagnamento, mettono subito in evidenza l’approccio di ognuno e favoriscono la socializzazione. Queste attività possono sembrare a molti ancora legate alla scuola materna, ma se ogni giorno si propone un passaggio in più e si invitano gli alunni a condurre il gioco, entrano subito in campo aspetti del pensiero legati alla conoscenza, come la successione, il rispetto di uno stesso criterio dall’inizio alla fine di un’esperienza, il riconoscimento di destra e sinistra, rispetto a sé e agli altri.



Quindi questi giochi hanno una duplice utilità: i bambini imparano e la maestra osservandoli impara a conoscerli?

Esattamente. Ci avviciniamo al pensiero di ciascuno attraverso l’esperienza. E’ stato anche utile, in vista di un lavoro successivo più specifico, proporre di rappresentare con un disegno personale, libero, il gioco e lo spazio utilizzato, oppure di riflettere sul gioco fatto ripercorrendolo mediante la narrazione. Questa prima fase del lavoro mette spesso in evidenza il vissuto di ognuno, facendo emergere particolari interessanti.

Perché nel suo racconto emerge sempre la rappresentazione, sia grafica che narrativa? Imparare a rappresentare è particolarmente utile?

Sì, perché attraverso il disegno il bambino esprime il suo punto di vista e di fronte a richieste più specifiche è stimolato a rappresentare situazioni dove il conteggio, il confronto e l’analisi lo portano a scoprire e ad apprendere.

Quando si entra nel vivo della disciplina, il gioco viene abbandonato?

Le attività di gioco non vengono mai abbandonate, ma sono più mirate agli obiettivi di apprendimento della matematica e del processo di riflessione sugli apprendimenti. Per esempio, giocare con materiale non strutturato come i bottoni per la classificazione è uno spunto utile per sviluppare l’osservazione, confrontarsi con gli altri e contare. In questo caso il disegno è importante per introdurre una registrazione della situazione e quindi avviare una riflessione critica. Ascoltare rumori senza guardare la fonte e usare il disegno per registrarli è ancora uno stimolo all’attenzione e alla curiosità, come pure raccontare una storia che abbia una certa ripetitività nel suo sviluppo per cogliere i fatti in un preciso ordine. Io uso sempre il racconto della Gallinella rossa, in cui una papera, un maiale e un gatto interagiscono sempre nello stesso ordine con la gallinella. E’ anche interessante usare le carte da gioco. I giochi con le carte stimolano il riconoscimento dei simboli, dei colori, del numero. L’uso del corpo, infine, permette di appropriarsi di schemi motori fondamentali per la scrittura e per la geometria. Il primo riscontro lo si vedrà nell’organizzazione spaziale della pagina su cui il bambino scrive.

A proposito del numero, lei non utilizza il riferimento agli insiemi. Ci può spiegare la ragione e indicare meglio come fai lavorare i bambini per l’approccio al numero?

Innanzitutto la quasi totalità dei bambini conosce più o meno la sequenza numerica fino a 10 e oltre, molti riconoscono già la cardinalità di un gruppo di oggetti, e quindi io parto da qui, verificando come contano, fin dove contano, usando i termini della lingua italiana per capire la formazione delle parole numero. Il numero acquista un significato attraverso l’osservazione della realtà, quando si inizia ad usare matita e quaderno il disegno è una modalità di lavoro utilissima e in genere molto gradita ai bambini. Alcuni di loro disegnano sempre, anche nell’intervallo, quando potrebbero alzarsi e giocare insieme agli altri. E’ opportuno lasciare loro un buona dose di libertà creativa, chiedendo però sempre perché il disegno fatto rappresenta davvero la situazione. Infatti non chiedo di rappresentare singoli oggetti, ma situazioni, relazioni, anche se in modo schematico.

Ci può fare un esempio?

Per esempio chiedo di trovare oggetti o situazioni in cui un certo numero, ad esempio 2, è rappresentato in modo costante e unico e così si inizia a verbalizzare e poi a disegnare. Quest’anno ha iniziato una bambina che ha detto: le maniglie di una porta sono sempre 2, poi hanno indicato le mani, i piedi, le gambe, gli occhi, mamma e papà. Il numero viene poi inserito in una successione che diventa lentamente la linea dei numeri, su cui giocano ogni giorno con un primitivo gioco dell’oca, in cui i numeri sono ordinati, ma non è detto che siano allineati. Ogni giorno si svolge una partita al gioco dell’oca: classe contro maestra o gruppo contro gruppo: tutti, uno per volta, tirano un dado, leggono e tutti spostano la pedina sul proprio tabellone (da 1 a 30). Anche il dado diventa uno strumento utile al riconoscimento dei numeri e successivamente con il lancio di due dadi si “reinventa” la somma dei numeri dei due dadi, si entra nel mondo dell’addizione.

Senza averla spiegata? Tutti capiscono?

Sì, certo, perché ci riferiamo ad azioni semplici, personali. Un altro lavoro utile è la scrittura dei giorni di ogni mese e la cancellatura dei giorni che passano, con cui si può osservare “prima e dopo”, oppure “precede e segue”. Un altro spunto utile è la registrazione del tempo, la posizione di ognuno nella fila legata ad un ordine e al numero, i soldi che conoscono già bene, quindi gli euro e le monete, il gioco della tombola con numeri scelti dagli alunni.

Torniamo agli insiemi, che in matematica sono oggetti astratti.

Il riferimento agli insiemi mi ha sempre lasciato un po’ perplessa perché mi sembra artificioso e forzato rispetto all’interesse e alla motivazione dei bambini. E poi non metto limiti alla loro conoscenza del numero. Si è radicata l’abitudine di utilizzare in prima solo numeri entro il 20, ma io preferisco rispettare le conoscenze spontanee dei bambini, che, una volta compresa la legge di formazione delle parole-numero, vanno avanti liberamente nel contare. E’ possibile usare le canzoncine come stimolo al riconoscimento di una successione, o stimolo all’attenzione per rappresentare graficamente tutto quello che descrive la canzoncina. Io uso la canzone della Baleniera in cui ci sono 9 balene di tutti i colori che nuotano e soffiano, i bambini sono invitati a disegnarle tutte, ce ne sono anche una d’oro e una d’argento, tutto condito dalla rima che li aiuta a memorizzare. Durante questo lavoro, contare le balene ha offerto una provocazione per inventare dei simboli. Ecco tutti i passaggi. Nella canzone l’attenzione è posta sul colore della balena, non sul numero. Dopo l’ascolto ognuno è invitato a farne il disegno, riascoltando il canto si può controllare se sono state disegnate tutte. Non richiedo mai di dirmi quante sono le balene, sono gli alunni che spontaneamente lo esprimono, si correggono e si controllano a vicenda.  Nei momenti successivi, richiedo anche il conteggio delle balene disegnate nelle pagine precedenti, per tenere sotto controllo la situazione. La richiesta di controllare il numero sembra portare la necessità di rifare il disegno e pone al bambino la domanda sulla possibilità di trovare soluzioni più rapide e agili, suggerendo quindi la possibilità di inventare altri disegni più veloci e semplici. Pensando e ripensando, si rendono conto che nel nuovo lavoro non occorre disegnare di nuovo le balene, ma basta usare il colore e un segno: pallino, quadrato o altro. In questo modo si conta, si controlla bene la quantità e si abbrevia il lavoro mediante i simboli, che è una caratteristica che si ritroverà molto spesso in matematica.

Cosa succede intanto nelle altre classi prime?

Queste sono attività che ho svolto nelle prime settimane, quelle in cui le insegnanti di solito lavorano sui cosiddetti “prerequisiti”, per esempio il riconoscimento della forma, della successione, le differenze, i colori, lo schema corporeo. Lo scopo è valutare il punto di partenza di ogni bambino. Le maestre utilizzano spesso schede su cui i bambini colorano, ma se manca una provocazione all’attività personale, completano le schede in modo abbastanza guidato e meccanico, senza aperture sulle loro reali capacità, sia in senso positivo che negativo. Queste prove, spesso con richieste molto standard e modalità di completamento abbastanza scontate, non forniscono la reale fotografia delle capacità dei bambini.

Quindi è un lavoro che non condivide, che non la convince?

Sicuramente il lavoro con le schede è poco esaustivo della conoscenza del bambino.  Le prove usuali fanno domande piuttosto standard, che non richiedono di mettere in atto creatività o iniziative personali, tanto che se non si registrasse sul foglio il nome dell’alunno, non sarebbe possibile risalire al bambino autore e perciò non forniscono la reale fotografia delle capacità di ciascun bambino. La scuola purtroppo è ingabbiata in schemi secondo i quali sembrano ammesse solo certe modalità. Ho lanciato alle mie colleghe una serie di proposte che alcune hanno accolto e hanno svolto con molto dispendio di tempo e di energie, ma se poi l’organizzazione didattica non si sviluppa in modo adeguato, accordandosi all’inizio, anche queste modalità risultano inutili. Ricordo che bambini considerati problematici nelle osservazioni della scuola materna o dalle rilevazioni delle schede, di fronte a certe proposte di classificazione mostrano un livello di linguaggio e di raggruppamento decisamente ottime, e questo permette di accorgersi delle reali capacità di alunni.

In questo primo periodo ha potuto riconoscere momenti di difficoltà o addirittura bambini in difficoltà?

Sì, nella mia classe ci sono alunni che presentano difficoltà di vario genere: la sfida è proprio quella di utilizzare le esperienze per entrare nella sfera di apprendimento dei bambini, spesso le problematiche sono legate al linguaggio che non viene compreso, perché già carico di significati e implicazioni. Occorre riprendere sempre da quello che il bambino ha chiaro e con cui riesce ad interagire.

Come pensa di proseguire l’anno?

Le proposte di apprendimento che seguiranno saranno rivolte alla scoperta del significato dell’addizione e della sottrazione nelle situazioni quotidiane, legando queste operazioni a categorie di azioni e iniziando calcoli in riga. Proporrò di lavorare su situazioni problematiche mediante la rappresentazione e chiederò di giustificare il procedimento di soluzione attuato. Per arrivare alla comprensione della scrittura decimale posizionale dei numeri, proporrò giochi che procurino familiarità con i raggruppamenti di vari ordini successivi, per prevenire errori nell’incolonnamento dei numeri nelle operazioni in colonna.