Anche quest’anno assistiamo ad un ennesimo cambiamento nella scuola italiana: viene modificata la modalità di attuazione dell’esame di Stato, in applicazione del decreto legislativo 62/2017, che sanciva la riduzione delle prove e dava maggior peso al percorso scolastico dello studente nella valutazione dei crediti. Le istruzioni operative ed organizzative arrivate con l’ordinanza 205/2019 lasciano tuttavia aperte alcune incognite, come è stato bene messo in evidenza su queste pagine. Nonostante l’organizzazione deficitaria, le simulazioni di prove organizzate su scala nazionale dal Miur sono servite a diminuire un po’ le preoccupazioni sulla prova di docenti, alunni e genitori. I primi hanno necessariamente ripensato la propria didattica in vista delle prove e i secondi le modalità della propria preparazione. L’ansia dei genitori che accompagna l’ultimo anno di scuola è rimasta sempre la stessa, forse quest’anno leggermente maggiore, perché va affrontato un percorso ancora non del tutto noto e consolidato.



Dopo più di venti anni è stato giusto svecchiare la procedura dell’esame che doveva essere maggiormente adeguata alle innovazioni della didattica in atto, non più basata solo su conoscenze ma su competenze; non più solo trasmissiva, ma partecipativa, in quanto si richiede agli studenti di affrontare gli argomenti da studiare attraverso modalità laboratoriali e con il metodo del problem solving. Infine la didattica digitale si sta sempre più imponendo nella quotidianità del lavoro dell’insegnante, nonostante le resistenze di una parte della classe docente, che ha dovuto combattere con il proprio senso di inadeguatezza e di difficoltà dell’utilizzo di questi mezzi digitali non essendo né nativa digitale né immigrata digitale.



Le novità proposte potrebbero riportare a una maggiore serietà questo esame che da anni ormai sta perdendo significato, data l’alta percentuale di promossi a fronte di una scarsa preparazione generalizzata degli studenti. Per questo motivo l’approccio al cambiamento delle modalità operative da parte della commissione preposta all’elaborazione della riforma mi è sembrato piuttosto pratico e non ideologico.

Tralasciando tutto ciò che nel formato precedente dell’esame è rimasto uguale, analizziamo le diverse novità, partendo dai criteri di ammissione.

Ora non serve più avere la sufficienza in tutte le materie e nel caso di insufficienza della valutazione in una disciplina o in più discipline valutate come unico voto, il consiglio di classe può deliberare l’ammissione con motivato giudizio. 



Non è questo un modo di rendere più facile l’ammissione, come potrebbe apparire a prima vista, ma un prendere atto di un modo di procedere, già in uso in modo informale nei vari consigli di classe, al momento della decisone dell’ammissione all’esame. Nessun docente è mai favorevole ad una non ammissione per un cinque o un quattro riportato dallo studente in una o due discipline, che di solito con unanime consenso è quasi sempre stato portato automaticamente a sei.

Quanto alla prima prova scritta, mi sembra che siano state proposte tracce che rispecchiano più da vicino la quotidianità della didattica e la metodologia usata nelle classi. Scomparso il saggio breve e l’articolo di giornale, l’analisi e l’interpretazione di un testo letterario, sia poetico che letterario presenta   richieste maggiormente puntuali, precise, che rinviano a conoscenze e competenze acquisite durante gli anni di corso. Si richiede di mettere in evidenza le capacità di decodificazione del testo, di analisi, di sintesi e di utilizzo della lingua italiana. Anche chi non conosce il brano presentato può, attraverso le domande guidate, essere in grado di affrontare la prova mettendo in luce la propria preparazione. Una nota critica riguarda l’estensione temporale degli autori e delle opere che possono essere presi in considerazione per le tracce da proporre. Perché non fare riferimento esclusivamente al novecento e considerare ancora lo studio dei grandi dell’ottocento dall’Unità in poi? Lo studio delle tematiche e degli autori relativi ad un’età recente è ancora nella scuola troppo trascurato per mancanza di tempo nello svolgimento dei programmi. Ma le tematiche del novecento, che declinano in vario modo inquietudini e crisi esistenziali, sono più vicino alla sensibilità e quotidianità dei giovani di oggi, li possono maggiormente affascinare e far riflettere.

Un discorso a parte merita la scomparsa dell’autonoma traccia di storia.

È vero che quest’ultima tipologia è stata la meno scelta dagli studenti, perché così come finora presentata era oggettivamente più difficile, in quanto richiedeva ampie capacità di conoscenza e di sintesi delle problematiche politiche, sociali ed economiche, che dovevano essere evidenziate, rielaborate, analizzate criticamente e non invece solo riassunte. Si poteva mantenere l’autonomia di una traccia storica, presentando non un argomento di vasto respiro, ma approcciando passi di saggi storici che, secondo il metodo laboratoriale, potevano essere analizzati seguendo l’impostazione dell’analisi testuale.

(1 – continua)