Jean Willot, 57 anni, insegnante elementare francese, si è ucciso dopo essere stato denunciato dalla madre di un suo alunno per violenze aggravate su minore. La denuncia fa riferimento a un episodio irrisorio, si direbbe di normale amministrazione per un insegnante, considerato dai suoi colleghi “esperto, calmo, più dolce che severo”. Il giorno prima alla fine della ricreazione il maestro aveva chiesto a un alunno di 6 anni di spostarsi dai gradini di ingresso perché intralciava gli altri bambini. Non solo non si è mosso, ma ha insultato l’insegnante. Villo insiste che si sposti, ma lui non ci pensa nemmeno. A questo punto lo prende per un braccio e lo fa alzare, nel farlo il bambino struscia con la schiena sul muro e si fa un piccolo graffio. Scatta l’infamante denuncia, la direzione della scuola lo convoca per un chiarimento e a casa riceve telefonate di insulti da altri genitori. Profondamente scosso la mattina dopo accompagna la moglie in stazione e le dice che va a correre nel bosco perché ha bisogno di prendere aria, scaricare la tensione. Sparisce, non torna più a casa. A pomeriggio inoltrato la polizia lo trova impiccato a un albero. In una lettera spiega che non ha fatto niente di male e che non sopporta di doversi difendere da accuse inesistenti. Un epilogo tragico, che la dice lunga come anche in Francia come in Italia e in tutti i paesi occidentali non esista più alcuna forma di rispetto per la giusta disciplina che gli insegnanti devono usare per mantenere l’ordine e l’armonia nelle classi.



BULLISMO CONTRO L’INSEGNANTE

In nome di un presunto diritto contro l’autorità, di una componente anti autoritaria figlia del 68, di un mancato rispetto per chi ha responsabilità educative e sicuramente anche dell’ignoranza e della presunzione che i genitori di oggi pensano sia loro appannaggio, un uomo buono si è ucciso. Ma non finisce qui, perché la legge francese riguardo questi episodi è quanto di più ipocrita e falso possa esistere. Il girono dopo il suicidio infatti rappresentanti delle autorità si recano a scuola: solo tre insegnanti possono partecipare al funerale, il bambino bullo piò entrare regolarmente in classe e nessuno deve parlare del suicidio del maestro. Le autorità infatti in casi analoghi di violenze scolastiche ordinano che non sente parli, non facciano “onde” (vague) per non creare tensioni e problematiche. Insomma, insabbiare tutto. Ma i docenti non ci stanno: è nato un movimento di protesta, #pas dexagues dopo che lo scorso ottobre uno studente di 16 anni si era filmato mentre minacciava la sua professoressa con una pistola e le ordinava di metterlo presente sul registro. Da allora, come per il movimento #MeToo sulle violenze alle donne, i social media si sono riempiti di denunce di episodi simili e di proteste contro la complicità delle gerarchie scolastiche, che tendono a minimizzare gli incidenti per non alimentare le tensioni., si legge sul Corriere della sera di oggi. Intanto i docenti di tutto il paese hanno fatto un minuto di silenzio per il maestro suicida in tutte le scuole e annunciano una marcia di protesta contro l’abuso di potere di genitori e autorità scolastiche.

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