Persino nella professionale Francia in questi giorni dilagano i sintomi di una distanza sempre maggiore, di una frattura crescente tra scuole e comunità sociale. In Italia i media hanno da tempo riempito pagine con segnali più o meno eclatanti della caduta di stima e valore verso la scuola ed i suoi educatori.

E questo paradossalmente accade in tempi nei quali scuole, istituzioni e agenzie culturali sono affannosamente impegnate nel cambiare, nel cercare innovazioni che tentino un riavvicinamento, che riescano a conquistare attenzione e utenti nei propri territori.



Di fatto i cambiamenti si accompagnano ad una distanza profonda tra l’offerta formativa e la domanda di istruzione e formazione. Il segnale più serio di questa distanza resta, nella sfera dell’esperienza personale tra piccoli e giovani, la noia, la caduta di motivazioni allo studio, tanto dichiarate in indagini e resoconti. Ed è paradossale che questo accada proprio in anni nei quali si sono messi in atto una miriade di tentativi e strategie per far “stare bene a scuola”.



Il problema non è solo nazionale: le professioni della scuola perdono di stima sociale in molti Paesi e l’eco di questo si nota anche nel crollo delle scelte dei giovani diplomati verso il proprio futuro, al punto che per certe materie ci sono nazioni intere alla ricerca affannosa di insegnanti.   

Non è un problema solo di investimenti e di riportare la scuola ad essere  priorità nazionale, anche se questo resta comunque un serio e purtroppo dimenticato compito della politica. Ne abbiamo tristi riscontri in questo scorcio governativo.

Riconquistare apprezzamento e dignità alla scuola, al suo primario compito umano e sociale è pure compito della scuola stessa.

In realtà tante buone scuole sono impegnate in un movimento reale per intercettare i mutamenti della domanda formativa e sociale e tentare risposte, soluzioni e buone pratiche, anche se in questo impegno non sono certo supportate da iniziative governative: l’ultimo vero tentativo c’è stato con la generalizzazione dell’alternanza scuola-lavoro del governo precedente, tentativo purtroppo snobbato da moltissime scuole, specie licei, oltre che da irragionevoli movimenti studenteschi, evidentemente poco interessati al futuro occupazionale dei giovani.

Occorre capire che la crisi attuale della scuola non è di metodo, di tecniche, di formule, ma degli stessi fondamenti, in un clima di confusione valoriale, di decostruzione sociale.

Molti protagonisti e scuole ne sono consapevoli e “ogni giorno in tanti istituti scolastici scorre come un fiume in piena la coscienza critica del Paese, si formano i futuri cittadini, si diventa adulti, si rinsalda la tradizione, si gettano le basi per il futuro” (Eraldo Affinati).

A sostenere questo compito si dedica da anni l’associazione professionale di presidi Disal che proprio in questi giorni nel proprio convegno nazionale a Milano propone ai dirigenti scolastici domande, emergenze, nuovi segni, aperture rintracciabili nell’oggi della vita delle nostre scuole, degli ambienti educativi, delle nuove generazioni per individuare linee di azione, priorità, prospettive, attenzioni e modelli. 

Con l’obiettivo di “Costruire comunità, generare autonomia”, come indica il tema del convegno, Disal propone riflessioni ad ampio raggio ed esperienze di scuole vive, di chi mostra come l’autonomia scolastica resta l’unica via da percorrere.

Se l’autonomia è sparita dal dibattito istituzionale e culturale dei grandi cambiamenti, non è sparita come spazio e opportunità di azione in tante scuole, che hanno continuato a usare le poche possibilità esistenti o magari ne hanno forzato gli spazi proprio nel tentativo di cambiare, ma non per inseguire mode, bensì per diventare protagonisti di un servizio reale al proprio territorio, alle propria comunità locali, alle famiglie, ultimamente ai propri ragazzi e ragazze.

È in questo protagonismo comunitario consapevole che può essere rilanciata l’idea di autonomia scolastica, non come decentramento funzionale, ma come espressione di spazi di libertà con la quale i diversi soggetti fanno didattica, ricerca e innovazione  a servizio della comunità sociale.

Una cosa certa: la novità del cambiamento non è atto individuale, opera eroica del singolo, ma è frutto comunitario di un ambiente, di realtà associative, di reti, di una voglia di mettersi assieme, di accompagnarsi che cresce se praticata da adulti-adulti consapevoli di aver bisogno gli uni degli altri. 

Burocrazia, cascate di norme, morse sindacali permanenti sembrano ogni giorno ostacolare questa impresa, specie in chi dirige una scuola, imprigionato ogni giorno nell’“eseguire il mansionario”; ma “gli spiriti più inventivi sanno come liberarsene” (Affinati). E Disal da anni è cresciuta sempre più come luogo di “spiriti liberi” interessati a re-inventare la scuola (Luisa Ribolzi).

Il convegno sarà arricchito da presentazioni di esperienze di dirigenti scolastici di scuole statali e paritarie che realizzano modelli di autonomia. Ai lavori partecipano, tra gli altri, Massimo Recalcati, psicoanalista, Dario Nicoli, sociologo, Fabio Pruneri, storico dell’educazione, Stefano Gheno, psicologo. Il confronto poi si allarga ad ex ministri come Profumo e Berlinguer. Chissà se l’attuale ministro, che è stato invitato, accetterà questo confronto.