Ha fatto scandalo la norma contenuta nel “decreto concretezza” (ahimè questi nomi dati a provvedimenti legislativi del governo) che prevede per i dirigenti scolastici le impronte digitali per certificare l’entrata o l’uscita dal posto di lavoro.

Sindacati e associazioni hanno redatto comunicati ed effettuato dichiarazioni di fuoco contro un provvedimento che così come concepito fa sorridere, perché scritto da esperti che di scuola esperti non sono. Innanzi tutto perché non c’è bisogno di controllare i dirigenti, i quali di lavoro ne hanno abbastanza e quando sono dei fannulloni, nella loro scuola lo sanno tutti. Sarebbe meglio per il governo indire i concorsi annuali per non lasciare vacanti in modo sistematico il 20-30 per cento delle circa 8mila scuole italiane, cosicché si potrebbe fare a meno della sconsolante pratica delle reggenze, che per poche centinaia di euro costringono, obtorto collo, i presidi ad accollarsi la direzione di un altro istituto per sovrintendere ad altri centinaia di docenti e studenti. Il risultato è quello di non riuscire a governare né la propria scuola, né quella affidataria.



E poi ci sono i dirigenti seri, che lavorano con coscienza, al mattino e al pomeriggio, seguono gli studenti, parlano con i docenti e genitori, tentando di risolvere le mille problematiche umane della comunità scolastica. Spesso si scapicollano nei 7, 8, a volte 10 o più plessi in cui è articolata la propria istituzione scolastica, vanno a riunioni anche inconcludenti dalla provincia al comune, sino alla regione o al ministero.



Il ministro Giulia Bongiorno, che difende a spada tratta le impronte digitali, esperta di aule di tribunali più che di aule scolastiche, forse non sa che ci vorranno decine di apparati per registrare i dati biometrici, perché i presidi girano come trottole, alla tal ora sono in un posto e tre ore dopo in un altro.

Ma ci sono anche i dirigenti furbi, che delegano a collaboratori che spesso si prendono grane che nessuno vuole, arrivano al lavoro a qualsiasi ora, non ricevono mai il personale docente e hanno l’aura di essere impegnati, tanto da apparire inavvicinabili. Ebbene, sono sotto gli occhi di tutti e non ci vogliono gli apparati elettronici per misurare la loro efficienza, perché chi non vuol lavorare non lavora. Incrementare gli ispettori non sarebbe male.



Inoltre l’acquisto di macchinette prendi impronta fa più comodo alle aziende produttrici che all’efficienza scolastica. Il ministero dell’Istruzione (ha più di un milione di dipendenti) dovrebbe prima di tutto far sì che tutti i dirigenti di livello più alto siano al lavoro nelle loro sedi. I funzionari più o meno alti, come spesso accade, godono di  distacchi e sono impegnati in altri affari, come ad esempio la politica e altro. In molti casi la catena di comando del Miur è incompleta e prendersela con l’anello più debole dei dirigenti ha il sapore di essere forti con i deboli e deboli con i forti. 

Infine fa sempre sorridere la difesa sindacale ad oltranza della categoria. Difendersi, difendersi, difendersi, perché qualcuno non ci metta il naso.