Il mio amico Giuseppe non finisce mai di stupire: la vetta di Quota 100 – questo nuovo cocuzzolo appena apparso nell’orografia italiana – per lui è già stata raggiunta da un po’, eppure, invece di andarsene in pensione, gira ancora per le classi della scuola con il suo bastone tenuto ben saldamente in pugno. No, non si tratta di un ausilio obbligato per via della vecchiaia: Giuseppe avanza dritto come un fuso e il suo bastone non ha nulla a che vedere con la stampella che usava mio nonno. Dice che il bastone gliel’ha regalato Roberto, un suo ex alunno che qualche anno fa è arrivato con questo metro di legno arrotondato e massiccio e un biglietto: caro prof, arrivano qui le mie figlie, faccia lo stesso che ha fatto con me.



Viene da domandarsi che cosa ha subito il povero Roberto, ormai trent’anni fa. E a che cosa vanno incontro le sue due gemelline nella classe del vecchio prof. Giuseppe. Adesso qualcuno, girando per il corridoio, lo potrebbe vedere, ad esempio, con il bastone in mano appoggiato sopra la spalla di un alunno in ginocchio: oh mamma, bisogna chiamare la polizia, penserebbe quel qualcuno allarmato.



Invece no, Giuseppe mi spiega che quando ha ricevuto il bastone ha indetto un concorso: come lo chiamiamo l’aiutante del prof, quello che Roberto gli ha regalato? La gara è iniziata e un alunno ha proposto di chiamarlo Gastone il bastone; un altro, meno gentile e più incline al fantasy d’autore, voleva chiamarlo Spaccaossi, perché in fondo Roberto lo aveva portato per quello, no? A casa la classe si è data da fare, poi il prof a seguito di un nome troppo astruso e mostruoso, si è lasciato andare un: sì, ciao bello. Detto come lo dice la tartaruga di Nemo: cccciaooo bbbellllo. E ai ragazzi è piaciuto così: che si chiamasse cccciaooo bbbellllo ‘sto coso.



Ma per fare? Appunto: che ci fa sulla spalla del ragazzo in ginocchio? Giuseppe sarà vecchio, ma non è ancora scemo: stava spiegando, mi dice, come avveniva l’investitura al tempo dei feudi. La sua classe ha la testa dura: non bastano libri, riassunti, schemi. Nemmeno film che poi non sanno riassumere. E lo sappiamo già, e lo sappiamo perché. Così cccciaooo bbbellllo diventa la spada del signore sul suo vassallo. Ma lo fanno loro: ciascuno impara la formula, il giorno dopo succede che la cerimonia d’investitura la fa ciascuno di loro. E si ricordano.

Così qualche settimana dopo, quando c’è in gioco il prestigio di papato ed impero e quella roba della lotta per le investiture non va giù nemmeno di traverso agli alunni, un gruppo di alunni fa il papa Gregorio seduto sul trono a Canossa, sprezzante e trionfante con la sua mitra e il suo pastorale o vincastro. Cioè, con il suo cccciaooo bbbellllo che attende quel pallone gonfiato di Enrico: qualcuno si è realizzato stracci da povero da mettere per l’occasione, gli altri assistono dai lati dell’improvvisata casa di Matilde che è diventata la classe.

Ma non basta: l’altro giorno Giuseppe scendeva con la sua classe per raggiungere gli altri alunni di prima a cui quest’anno legge Pinocchio. Davanti a tutti c’era un alunno con cccciaooo bbbellllo tenuto come l’asta di una bandiera. Poi in mezzo a tutti gli altri ragazzi questo alunno comincia a leggere un testo che ha scritto sulla pagina di Pinocchio che hanno letto la settimana prima: cccciaooo bbbellllo adesso è diventato il suo microfono, non ha paura di stare in mezzo a 100 persone, di leggere come anche lui avrebbe bisogno di qualcuno che lo perdoni per diventare un uomo più vero. E appena finisce di leggere e viene applaudito si appoggia a cccciaooo bbbellllo che lo sostiene e incoraggia. Poi arriva un altro al suo posto e cccciaooo bbbellllo passa di mano.

Una spada, un pastorale, una bandiera, un microfono. Io non lo so se l’idea di Roberto fosse quella davvero, o se più semplicemente ricordava che Giuseppe, quando c’erano le cartine geografiche, indicava le montagne e i fiumi con quella e qualche volta si lasciava andare a puntarla contro di lui perché invece di seguire il bastone, inseguiva distratto l’idea delle gambe di qualche sua compagna. Forse Giuseppe la usa ancora così, perché nella sua classe resiste ancora qualche cartina geografica; certo la usa anche puntandola contro qualcuno di loro. Mica per ferirli, però, per chiamarli a diventare protagonisti davvero.

Adesso se guardassero in classe ci sono le due gemelle di Roberto che tengono cccciaooo bbbellllo, una da un lato e l’altra dall’altro. Sopra cccciaooo bbbellllo una loro compagna che risponde ai richiami di un altro. Chi sta fuori non può sapere: Giuseppe mi ha detto che cccciaooo bbbellllo è il balcone di Giulietta e chi grida è Romeo. Chissà se i suoi alunni ricorderanno che quel Gregorio è Gregorio VII e quell’Enrico è l’Enrico IV; chissà se faranno una verifica migliore. Lui dice di sì, che comunque questo non toglie lo studio. E che essere protagonisti è meglio che essere spettatori alla Lim. E che tutti quelli che fanno progetti e corsi di augmented reality e mixed reality, forse dovrebbero chiamare il geniale ex alunno e ora intraprendente falegname Roberto e farsi portare un cccciaooo bbbellllo, farsi allargare il cuore e il pensiero, anche quello laterale e simbolico.

Ma forse è troppo hard e poco soft. E speriamo comunque che adesso qualcuno, passando dall’aula in cui Giuseppe punta cccciaooo bbbellllo contro il cielo attraverso il vetro della finestra, nessuno chiami la polizia: spiegategli che non è mica un fucile, che è il suo cannocchiale, puntato verso l’infinito, mentre forse recita Leopardi.