Sul Sussidiario di venerdì è uscito un articolo, a firma Giorgio Ragazzini del Gruppo di Firenze, in cui viene avanzata una proposta di cui noi di Condorcet non possiamo che essere contenti. Essa infatti ricalca quasi in toto una delle proposte del nostro recente manifesto. Da tempo si dibatte delle bocciature, ma ora anche un gruppo che si richiama alla “scuola del merito e della responsabilità” riconosce che la bocciatura come oggi è concepita si colloca agli antipodi sia del merito che della responsabilità.



Si propone quindi il superamento della bocciatura “totale” (la “ripetenza”) in favore di una “bocciatura selettiva”, che ci piace chiamare così non solo perché prevede di ripetere l’anno solo nelle materie in cui non si è sufficienti, ma soprattutto perché la reputiamo una dinamica molto più selettiva di quella attuale, dove spesso si promuove un ragazzo anche se insufficiente in qualche materia per evitare di fargli perdere l’anno.



Noi di Condorcet però riteniamo che un tale cambiamento serva a rispondere ai bisogni che emergono dalla società. Tutte le nostre proposte partono dalla constatazione che “le tensioni che attraversano la scuola italiana sono frutto di questa contraddizione: aver raggiunto la scolarizzazione di massa, ovvero la missione che le era stata assegnata dalla società (dalla Costituzione, come dal senso comune), ma senza essere preparata ad affrontarla”. “Realizzata la scuola di massa – diciamo nel manifesto – va fatto il passo successivo: realizzare la promessa di una scuola democratica e inclusiva, che fino a oggi non è stata mantenuta”. Ecco perché ci sembra impossibile introdurre una simile rivoluzione senza modificare anche il quadro di riferimento in cui si inserisce; essa verrebbe semplicemente incastrata nella routine esistente, rischiando di esserne snaturata. Servono interventi che le diano una cornice e un senso. Quali interventi? Il nostro manifesto ne individua quattro: le carriere per i docenti, l’autonomia delle scuole, la riforma dei cicli e un rinnovato rapporto con il mondo lavoro.



Nello specifico, la nostra proposta sulle “bocciature selettive” è questa: alla fine di ogni anno ci dovrà essere una valutazione conclusiva del percorso di ogni singola materia che determina se lo studente ha raggiunto o meno il livello di apprendimento previsto. Se non lo ha raggiunto, ripete quell’anno di quella materia, al netto della possibilità di recupero, per esempio in corsi estivi attivati ad hoc. In un sistema di questo genere, strutturato per corsi, l’autonomia dello studente è maggiore, soprattutto se gli è data anche la possibilità di scegliere corsi opzionali.

Questo vuol dire sia che il sistema favorisce la crescita e la maturazione di uno studente, sia che ai docenti sarà chiesto sempre più di articolare la propria didattica in modo da venire incontro alle necessità di ciascuno studente e anche di ripensare la valutazione, uscendo dalla gabbia del voto come fine, per considerarlo invece un momento formativo e strumento di descrizione delle competenze acquisite. In una scuola in cui l’abbandono sarà meno frequente, e la responsabilizzazione dello studente sarà fondamentale, aumenterà, ad esempio, la richiesta da parte degli studenti di ricevere sostegno aggiuntivo per recuperare le proprie lacune. E questo è tanto più vero se si pensa, come noi di Condorcet sosteniamo, che le classi non debbano diventare gruppi di livello, più comodi per gli insegnanti che utili per gli studenti. Non è il nostro progetto, perché per noi chi non viene “promosso” in una materia la ripete con quelli che la fanno per la prima volta, tra i quali ci saranno studenti bravi, meno bravi, pessimi ed eccellenti.

Con le bocciature selettive le classi si ritroveranno dunque a variare nella composizione, ma al momento della loro formazione non ci sarà alcuna forma di canalizzazione per livello di preparazione.

Se questa dunque è la prospettiva, salta ancora di più agli occhi la stranezza di una professione docente in cui l’amministrazione scolastica non riconosce alcun valore all’esperienza professionale. I ruoli dei docenti italiani si differenziano (e per giunta troppo poco!) per livello stipendiale, ma non per mansioni. Oggi il neo-assunto appena uscito dal periodo di prova e il professore a fine carriera sono considerati interscambiabili, mentre sappiamo tutti che così non è. Noi proponiamo di cambiare e di creare delle carriere differenziate, che corrispondano alle diverse forme della professionalità docente.

Allo stesso modo, una scuola efficiente e capace di farsi carico dell’enorme responsabilità di formare i nuovi cittadini e lavoratori deve avere la propria libertà di movimento. Non si può più credere di venire incontro alle necessità formative di tutta la società italiana, adulti compresi, con scuole che venerano “la Circolare del Miur” come un feticcio. La legge definisce i dirigenti scolastici “leader educativi”, ma di fatto rende loro assai difficile essere qualcosa di più di semplici esecutori di procedure standardizzate, che essi sono costretti poi a riversare sui docenti. Solo una scuola capace di prendere le proprie decisioni autonomamente può pensare di essere efficace. Anche su questo proponiamo di cambiare.

Ma l’innovazione collegata direttamente a quella delle bocciature selettive è la riforma dei cicli. È un dibattito che si trascina da troppo tempo e che auspichiamo coinvolga tutta la comunità educante. Noi avanziamo una proposta senza pretendere che sia quella giusta, ma che ci sembra coerente con gli obiettivi complessivi che ci siamo posti. Essa prevede un ciclo di nove-dieci anni (dai 6 ai 15-16) suddiviso in due sottocicli dai 6 agli 11 anni e dagli 11 ai 15-16, in modo da raccogliere in un unico ciclo pre-adolescenza e adolescenza e valorizzare il carattere orientativo del secondo sottociclo. Seguirebbe un triennio di scuola secondaria di secondo grado, nel quale gli indirizzi sarebbero realizzati attraverso un’ampia opzionalità e diversificazione disciplinare, incluso il rafforzamento dei percorsi professionalizzanti sia statali che regionali.

Un programma troppo vasto? Pensiamo di no: vasti sono i bisogni dei giovani italiani. Le risposte devono essere all’altezza del compito. Il manifesto, che invitiamo a leggere, discutere, approfondire e diffondere, nasce con l’intento di costruire insieme al paese (non solo gli addetti ai lavori) una proposta che abbia l’ambizione di realizzare quella scuola che dia il proprio fondamentale contributo alla realizzazione del dettato costituzionale: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.