Guardando le immagini della rissa scoppiata fra le mamme alla recita della scuola elementare di Gela mi è immediatamente venuto un nodo in gola e ho pensato una sola cosa; in realtà ne ho pensate due, ma la prima cosa che ho pensato meglio non dirla…

La seconda cosa invece è stata: come possiamo rimproverare questa generazione di ragazzi e i nostri figli di essere degli “sdraiati”, come dice Serra, che non hanno più voglia di fare niente, non sognano più, non sperano più se sono costretti a crescere guardando una generazione di “adulti” che ha come massima aspirazione quella di accaparrarsi il posto migliore per riprendere con lo smartphone la recita dei figli, noti attori di Hollywood?!



“Adulti” che non sono lì per i propri figli, ma sono lì per se stessi, per poter esibire i propri figli come trofei, a tal punto da dimenticarsi del vero motivo per cui sono lì e, pur di far valere i propri diritti sulla posizione arduamente conquistata, non si accorgono di urtare una bambina intenta, forse, a far ragionare quel gruppo di genitori.



Ammetto che quando ho visto quella bimba cadere mi è scesa una lacrima. Anche più d’una. Ma più ancora quando l’ho vista in ginocchio tentare, invano, di essere presa in braccio da (credo) sua mamma salvo poi essere tirata su da un’altra signora. Era lì, in ginocchio, come a dire: “Oh, guarda che ci sono anche io, sono qui, in basso e ti sto guardando… ma se tu fai così io a chi guardo, chi seguo, come posso diventare grande”!?

E poi ci lamentiamo che i nostri figli non sono più interessati a nulla, che si puniscono sdraiandosi sul divano, come se per loro l’essere venuti al mondo fosse diventata una colpa e la causa dell’infelicità dei genitori.

E i padri?! invece che fare i padri fermando quella follia, si uniscono alla rissa per difendere ideologicamente i diritti di posizione delle mogli. Anche loro, miopi, senza rendersi conto che l’unica cosa da difendere in quella circostanza, oltre alla propria dignità, era proprio il motivo che li riuniva in quella sala, i bambini!

Per non parlare della preside della scuola, che l’unica cosa che è stata in grado di dire è che in caso di processo lei si costituirà parte civile per tutelare il buon nome e gli sforzi della sua scuola, come se la cosa importante fosse il nome della scuola e non i bambini che ogni giorno la frequentano. Quegli stessi bambini a cui, anche a scuola, diciamo di non usare il telefonino perché non serve e che poi vedono i genitori picchiarsi proprio in nome di un filmino sul telefonino.

Come faremo questa volta ad “educare” i nostri figli? Li puniremo come amiamo fare spesso?

Se fossero stati i ragazzi a scatenare la rissa li avremmo certamente puniti, scandalizzandoci di una generazione che non ha più né rispetto né regole, senza nemmeno lontanamente pensare ad un mea culpa. Lo abbiamo fatto solo pochi giorni fa per il caso della discoteca di Corinaldo. Hanno sbagliato e vanno puniti. Sono sdraiati e vanno puniti. Si ribellano alle regole e vanno puniti. Vogliono usare lo smartphone che ci vedono in mano continuamente e vanno puniti.

Ma in questo caso chi puniremo noi “adulti”?

“Adulti” sempre fra virgolette, siccome l’etimologia della parola recita: “cresciuto negli anni e nella persona, quanto basta per avere intelletto e discernimento”, e qui l’etimologia non viene proprio rispettata.

Io non lo so, ma ho negli occhi il grido di quella bambina in ginocchio che ha perso i punti di riferimento e non sa a chi guardare per poter diventare grande, un’Adulta!