Mentre ad aprile 2020 solo il 31,1% delle aziende aveva mantenuto una capacità produttiva piena (capacità di produrre come conseguenza della disponibilità di materie prime/servizi di base, fornitori, forza lavoro, ecc. – quindi non solo relativa al personale ma anche alla filiera e ad altri fattori), a inizio 2021 il valore sale al 47,9%: ancora oggi più di un’azienda su due non è tornata a pieno regime; più nello specifico, il 27,0% ha una capacità tra 75 e 90 punti su 100, il 14,2% tra 60 e 75 punti ma il 10,9% non supera 60 punti su 100. Nei settori Turismo ed HoReCa la situazione è drammaticamente peggiore: il 63% non raggiunge un quarto (25 punti su 100) della capacità ottimale e solo il 13% ha mantenuto o recuperato la capacità piena.



Come rilevato dalla survey promossa da Cfmt e Manageritalia e condotta da AstraRicerche ad aprile del 2020, nel primo periodo della pandemia i manager si sono affidati alle loro competenze nella gestione del business e dei collaboratori, per far sì che le loro aziende riuscissero ad affrontare il quotidiano e i repentini cambiamenti che la pandemia e il lockdown ponevano sulla loro strada.  Da agosto 2020 i manager hanno iniziato ad affrontare in maniera totalmente diversa il mercato e il nuovo paradigma socioeconomico imposto dalla condizione pandemica.



Abbiamo assistito a un cambiamento nelle pratiche lavorative imposto dalle condizioni esterne e non liberamente scelto, una tipologia di lavoro, non ricercata dal singolo lavoratore e non contrattata con l’azienda in base alle esigenze di ambo le parti: quella vista finora è stato la risposta all’emergenza per salvaguardare il business.

Abbiamo coinvolto nuovamente i manager, più di 1.111, in una seconda survey dalla quale è emersa una nuova predisposizione strategica di manager e aziende: non vi sono dubbi che la pandemia ha avuto un impatto rilevantissimo per molte imprese. La percezione negativa è drasticamente scesa dal 75,6% al 54,7%.



La survey rivela una crescente paura dei team di lavoro: il 49,6% riscontra un aumento di timore nei confronti della condizioni in cui viviamo, il 42,7%  riscontra un incremento della paura di perdere il lavoro, però allo stesso tempo il 62,6% riscontra una maggiore predisposizione e fiducia dei team verso le decisioni dell’azienda e delle nuove modalità di lavoro. Il team diventa motore del cambiamento e questo perché la tipologia di leadership in questo ultimo anno è cambiata. I manager si sono fatti promotori di una nuova modalità di cultura aziendale, più attenta all’ascolto, più inclusiva e coinvolgente, più attenta alle paure.  Il manager ha un nuovo profilo, nuove competenze e nuove priorità rispetto ad aprile 2020: per il 37,9% è il talent management la leva su cui puntare. I manager sanno benissimo che tutto è cambiato, quello che loro chiedono al team è cambiato, ma soprattutto sono cambiate le competenze che il mercato richiede a loro.

Un processo di Up-Skilling e Re skilling è già stato messo in atto dalla maggior parte dei dirigenti, che hanno sentito il bisogno di investire il loro tempo in formazione, strumento che risulta indispensabile se affiancato a una strategia chiara e ben definita. L’aggiornamento continuo delle competenze tecniche è imprescindibile, ma in questo periodo l’allenamento delle competenze trasversali risulta essere di primaria importanza. Al management viene richiesto di reinventare e ridisegnare i sistemi organizzativi in modo tale che questi siano il più possibile vitali e resilienti. Sistemi che debbano saper essere di supporto al business, ma allo stesso tempo capaci di adattarsi e modellarsi ai cambiamenti repentini imposti dall’esterno.

I manager si “fanno connettori” tra l’interno e l’esterno dell’azienda, tra il capitale umano e la tecnologia: una funzione di sintesi non facile ma necessaria per creare valore. I manager devono creare dei legami con altri mondi e altre realtà per creare e diffondere conoscenza, la competitività dell’azienda si salvaguardia anche lasciandosi contaminare.

Se da un lato la fiducia diventa una dei segni distintivi del nuovo management, ridisegnando i modelli organizzativi e imprimendogli una nuova spinta motrice, dall’altro creatività e coraggio diventano la base per le strategie di business che devono saper osare, ma anche contemplare il fallimento ed essere abbastanza resilienti per perseguire gli obiettivi.

Pianificare, gestire il personale e coordinare e controllare assumono nuovi significati nell’ecosistema aziendale: il manager deve allenare quelle competenze che gli permettano di rileggere queste azioni alla luce di quando accaduto e di quanto potrebbe accadere.

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