L’effetto-Pnrr comincia a essere visibile in settori importanti dell’Azienda-Paese come gli aeroporti e le fiere. Settori infrastrutturali per eccellenza, direttamente sussidiari rispetto alle imprese di tutti i comparti: dall’agroindustria al turismo passando per la manovra futura. Non da ultimo, i grandi scali aerei e le maggiori fiere sono a loro volta aziende privatizzate (in alcuni casi già quotate in Borsa) oppure terreno d’intervento pubblico di ultima generazione, ad esempio attraverso il fondo F2I di Cassa depositi e prestiti. Per questo i segnali che giungono da entrambi i mondi – nel cuore della pausa agostana – non sono banali nell’indicare un’importante reattività allo start del piano elaborato dal Governo Draghi e promosso dall’Ue.
L’iniziativa Aeroporti2030, nell’immediato, è il frutto di un momento di crisi all’interno di Assaeroporti. Qui il rinnovo della presidenza ha portato al vertice Carlo Borgomeo, da un anno presidente del gestore di Napoli-Capodichino: uno dei nodi più rilevanti del network di F2I (nel portafoglio-partecipazioni del fondo nel settore spicca la Sea milanese). La nomina di Borgomeo è avvenuta però fra minacce di scissione – per ora non concretizzate – dal fronte dei gestori privati: capitanato da Save (Venezia, Treviso e Verona-Brescia), ma imperniato su Aeroporti di Roma (tuttora controllato da Atlantia, quindi da Edizione della famiglia Benetton). Ed è ora il patron di Save (il banchiere Enrico Marchi) a dare continuità a una sorta di “opposizione interna” nell’associazione attraverso “Aeroporti2030”: che ha ora annunciato un autonomo documento strategico, direttamente indirizzato a tre ministeri (Infrastrutture, Transizione digitale, Transizione ecologica).
Per invertire le tendenze imposte dalla crisi pandemica (60 miliardi di euro negli scali Ue fra 2020 e 2021) Aeroporti2030 cita Eni, Enel e Fs come partner già individuati e indica nell’intermodalità digitale e nell’innovazione energetica dei carburanti avio due grandi orizzonti verso i quali il network aeroportuale si propone come veicolo-laboratorio strategico.
A scuotere il mondo delle fiere ci ha pensato invece l’amministratore delegato di Fieramilano, Luca Palermo. Che non si è attardato ad applaudire lo sblocco integrale degli aiuti statali al settore, con l’allineamento del regime Ua fra Italia e Germania (un passaggio pure importante, ottenuto principalmente dal ministro per il Turismo, Massimo Garavaglia). Palermo, in un’intervista, si è dato due parole d’ordine che non riguardano solo Fieramilano, che nel suo specifico cammino di “resilienza e rilancio” vuol diventare “un hub europeo”; e mette in agenda – come test strategico – il lancio di un grande “Salone dell’agroalimentare Made in Italy” (sull’esplicito format del “Salone del Mobile”).
Un riferimento a due eventi già consolidati nel calendario pre-Covid (Tuttofood a Milano e Cibus a Parma) ha posto nelle parole implicazioni forti: il sistema fieristico italiano deve iniziare a diventare veramente tale. Il Pnrr stimola l’Azienda Italia a cambiare e i poli fieristici nazionali non possono pensare di riprendere i loro percorsi autonomi di sempre, utilizzando “a pioggia” i finanziamenti europei. Devono ripensare in profondità il calendario: selezionando i marchi forti, eliminando debolezze e duplicazioni e redistribuendo le manifestazioni agli hub più solidi e dinamici. E alle fusioni fra eventi non potranno non seguire aggregazioni fra società: sulla scia di investimenti “next generation” bisognosi di dimensioni adeguate di scala e scopo.
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