DAL CASO EGITTO AL MIGRANTE BENGALESE: DECRETO GOVERNO NEL MIRINO

Anche il decreto legge di fine ottobre, con cui il governo Meloni ha inserito la lista dei Paesi sicuri in una norma primaria, è stato sconfessato dai tribunali. La sezione immigrazione di quello di Roma ha sospeso il rifiuto alla richiesta di asilo di uno dei dieci bengalesi trasferiti in Albania, rinviando il nuovo decreto alla Corte di giustizia europea e chiedendo una risposta urgente sul Bangladesh. C’è poi il tribunale di Catania che ha disapplicato il decreto, bloccando il rimpatrio di un migrante in Egitto, in quanto non è un Paese sicuro.



In questo caso la decisione è stata presa autonomamente, senza interpellare la Corte europea, perché “la corretta interpretazione del diritto” europeo è evidente al punto tale “da non lasciare adito a ragionevoli dubbi“. Così è scoppiata un’altra polemica, con Matteo Salvini che ha definito “comunisti” i giudici che non stanno applicando le leggi. Per il leader della Lega e vicepremier ora è l’Italia il Paese non sicuro. Dura anche la reazione di Tommaso Foti di Fratelli d’Italia, secondo cui è compito dello Stato individuare i Paesi non sicuro, non ai magistrati. Dal canto suo, Giuseppe Santalucia, presidente dell’Anm, chiede che i magistrati vengano lasciati al loro ruolo delicato senza condizionamenti.



COSA DICONO I DUE PROVVEDIMENTI DI CATANIA E ROMA

Per quanto riguarda nello specifico la decisione del tribunale di Catania, nel provvedimento si segnala che l’Egitto non può essere considerato un Paese non sicuro, in quanto vi sono “gravi violazioni dei diritti umani” che contrastano col diritto europeo e persistono in modo generale, coinvolgendo diverse categorie di persone, così come lo stesso nucleo delle libertà fondamentali che caratterizzano le democrazie e “dovrebbero costituire la cornice di riferimento in cui si inserisce la nozione di Paese di Sicuro“.



Nelle 12 pagine del suo provvedimento il giudice Massimo Escher, che presiede la sezione specializzata protezione internazionale del tribunale etneo, ci sono “gravi criticità” in Egitto, tra pena di morte, torture, restrizioni della libertà di parola e stampa, personale e dei diritti delle persone Lgbtq. Per quanto riguarda, invece, il decreto di sospensione da parte del tribunale di Roma dell’efficacia del diniego alla richiesta di asilo di uno dei migranti trasferiti in Albania, si sospende il giudizio e si rimette il caso alla Corte di giustizia dell’Ue evidenziando quattro quesiti pregiudiziali.

Il primo riguarda la facoltà o meno del legislatore di designare direttamente un Paese terzo come sicuro con un atto legislativo primario. Inoltre, si chiede se il diritto europeo possa impedire a un legislatore di indicare uno Stato come Paese sicuro “senza rendere accessibili e verificabili le fonti adoperate per giustificare tale designazione“.

I giudici europei sono anche chiamati a indicare se il diritto Ue consente ai giudici di usare le informazioni sul Paese di origine durante una procedura accelerata di frontiera da un Paese di origine sicuro. Infine, si chiede se il diritto europeo possa impedire che un Paese possa essere definito sicuro se ci sono categorie di persone per le quali non vengono soddisfatte le condizioni di sicurezza.