Sul caso di Eitan Biran sono giunte da Israele le dichiarazioni della nonna Etty, disperata per la sentenza del tribunale dei minori di Tel Aviv, che ha deciso di far ritornare in Italia suo nipote: “Si tratta di un disastro nazionale – ha affermato ai telegiornali la donna –. Lo Stato di Israele ha deciso di portarmi via mio nipote, che è l’ultima parte rimasta di mia figlia, una scelta dettata da considerazioni politiche per i rapporti con l’Italia. La giudice non ha affrontato la questione del futuro e del benessere di Eitan. Perché non hanno chiesto a lui dove vuole vivere? Combatterò fino all’ultima goccia di sangue per il suo diritto a crescere qui come avrebbero voluto i genitori”.
“Avevo già acquistato un’auto per quando mia figlia e suo marito sarebbero ritornati in Israele – ha aggiunto Etty –. Adesso è ferma nel parcheggio”. Come ricorda il “Corriere della Sera”, la questione è approdata anche davanti alla giudice Iris Ilotovich Segal, tanto che durante la prima udienza la nonna ha inveito contro Avi Himi, uno degli avvocati dei Biran: “Siamo una famiglia in lutto, abbiamo perso tre generazioni e adesso state distruggendo anche l’immagine di mia figlia”.
EITAN BIRAN, LA NONNA: “SUA ZIA AYA SI PRENDA TUTTI I SOLDI, MA MI LASCI MIO NIPOTE”
Eitan Biran, il piccolo sopravvissuto alla tragedia della funivia del Mottarone, nella quale hanno perso la vita i suoi genitori e il suo fratellino, dovrà tornare in Italia, come stabilito dalla sentenza espressa dal tribunale dei minori di Tel Aviv. Una notizia che nelle scorse ore ha provocato la reazione della nonna israeliana del piccolo, che ha affermato ai microfoni del Tg1: “Eitan è nato in ospedale in Israele, è sempre stato a casa mia, ogni anno per 3-4 mesi viveva qui. I suoi giocattoli, i suoi vestiti sono qui. Dico solo che Eitan è mio nipote. Se sua zia Aya vuole i soldi, può prenderli, non mi interessa. Questo bambino di soli 6 anni merita di essere salvato e cresciuto in Israele”.
Giancarlo Giojelli, inviato Rai, è intervenuto nella mattinata di oggi, martedì 26 ottobre 2021, ai microfoni di “Storie Italiane”, approfondendo il caso: “In attesa dell’appello, per una settimana il bimbo sarà affidato per tre giorni alla zia Aya e per tre giorni alla famiglia Peleg. Il regime condiviso favorirà quindi la concordia familiare che auspica il giudice della sentenza, anche se i toni non sono stati fino a questo momento affatto concilianti. Sono stati presentati due appelli dalla famiglia Peleg: uno sarà discusso il primo dicembre in Corte d’Appello di Milano e uno a Pavia. Quest’ultimo è un appello ‘de iure’, sulla correttezza della sentenza di affidamento del piccolo alla zia Aya”.
EITAN BIRAN: “CI POTREBBE ESSERE ANCORA UN ULTERIORE RICORSO ALLA CORTE SUPREMA DI ISRAELE”
In questa settimana di “affidamento” alternato tra i due rami della famiglia, nonno Shmuel Peleg compreso, non c’è però un controllo, per evitare che si ripalesi quanto già avvenuto in Italia: “Non c’è polizia sotto casa del nonno – ha asserito Giojelli –. Su questo punto gli avvocati hanno garantito che non si ripeteranno episodi come quello del ‘sequestro’ italiano. Ci potrebbe inoltre essere ancora un ulteriore ricorso alla Corte Suprema di Israele, ma tutto dovrebbe risolversi nell’arco temporale di un mese, perché questo bambino ha bisogno di avere una vita serena”.