Non c’è pace per il piccolo Eitan Biran, il bambino sopravvissuto alla tragedia del Mottarone. L’unico superstite, visto che le altre 14 persone presenti nella funivia sono purtroppo tutte morte, tra cui i suoi genitori, la sorellina e i bisnonni. Dopo aver lottato per sopravvivere, è finito al centro di una “guerra” tra i suoi familiari. A tre mesi dalla strage, il ramo materno della famiglia che vive in Israele ha avanzato una richiesta ufficiale per l’affidamento del bambino, che attualmente è affidato alla zia paterna Aya Biran, medico che vive a Travacò col marito e due figlie che frequentano la stessa scuola di Eitan. Per la zia materna Gali Peri, però, «è stato portato via da una famiglia che non lo conosceva e che in precedenza non era stata a lui vicina in alcun modo». La donna, giunta in Italia dopo la terribile tragedia, era stata col padre e zia Aya al fianco di Eitan quando era in ospedale.
Ha anche presenziato alla partita di calcio femminile organizzata a Pavia per una raccolta fondi da destinare a Eitan, mentre gli zii paterni avevano scelto di restare a casa. La zia materna ha spiegato che hanno osservato la tradizionale settimana ebraica di lutto profondo, quindi hanno appreso a posteriori che Eitan era stato affidato alla zia Aya. «Tutto ciò è avvenuto in forma scorretta. È tenuto in ostaggio», la pesante denuncia.
“GUERRA” PER EITAN: “TUTTO MOLTO TRISTE”
Gli zii materni di Eitan Biran hanno dovuto presentare ricorso in tribunale per riuscire a visitarlo. È stato così deciso di fissare due visite a settimana, di due ore e mezzo. «Lui non capisce perché ci tratteniamo così poco e quando lo lasciamo scoppia in lacrime. Ci chiede se ha fatto qualcosa di male. Noi dobbiamo allora tranquillizzarlo, così come possiamo», ha proseguito Gali Peri. La scelta di Aya Biran di chiedere l’affidamento di Eitan lascia loro interdetti. Così come lo è anche Milo Hasbani, presidente della comunità ebraica di Milano, secondo cui «è tutto abbastanza triste». Inoltre, è contrario al trasferimento in Israele del bambino. «Non so che logica ci possa essere a portare il bambino in Israele, in un ambiente diverso».
Anche in virtù del fatto che ora è «ben inserito insieme alle due cugine e a una zia che gli sta vicino da quando è nato». Ma la sorella di Tal Peleg, la mamma di Eitan, è convinta delle sue ragioni, in quanto la sorella voleva dare al figlio una educazione ebraica e israeliana, che invece non ha dalla zia paterna. «La nostra sensazioneitane è che il bambino stia per essere staccato da noi».
“NON CI INTERESSANO INDENNIZZI”
La questione non è economica per la famiglia materna. «Non ci interessano eventuali indennizzi e comunque sarebbe Eitan a deciderne l’uso ai 18 anni», ha assicurato Gali Peri. Ma ora spetta al tribunale di Pavia trovare una soluzione a questa intricata vicenda. Eitan, comunque, nei giorni scorsi avrebbe dovuto incontrare in Italia la nonna materna Eti e la zia Aviv, ma l’incontro è stato annullato. Per lo zio la ragione è legata proprio a questo scontro a distanza tra le due famiglie.
«Si è trattato di una prima punizione da parte della zia Aya per aver portato la questione all’attenzione della stampa». Dichiarazioni peraltro rilasciate in conferenza stampa, a conferma dell’inizio di una “guerra” legale difficile da decifrare. L’unica cosa sicura è che Eitan potrebbe essere l’unico a uscirne ferito, visto che si ritrova conteso da due famiglie che così rischiano di arrecargli altro dolore dopo quello che si ritrova ad affrontare per la morte dei suoi genitori, della sorellina e dei bisnonni.