Il caso Eitan Biran, il bambino sopravvissuto alla strage della funivia del Mottarone, ha tenuto banco nella puntata odierna di “Uno mattina in famiglia”, trasmissione di Rai Uno. Inevitabilmente, l’attenzione si è concentrata sulla decisione che prenderà il tribunale di Tel Aviv il prossimo 8 ottobre, data fissata per l’udienza. In studio ha preso la parola Vittoria Correa, già presidente del tribunale dei minorenni: “Sicuramente il tribunale israeliano ha cercato di agevolare il bambino – ha commentato –. Mentre è in corso la procedura per l’eventuale rientro, è possibile assumere provvedimenti funzionali a questa finalità”.
La convenzione dell’Aia, ratificata dall’Italia nel 1994 ed entrata in vigore nel 1995, prevede peraltro che il procedimento si svolga nel luogo presso cui il minore sottratto è stato portato: ecco perché questa diatriba legale tra i due rami della famiglia si sta tenendo in Israele. “Ora – ha aggiunto Correa – il tribunale è chiamato a decidere sul rientro, non sull’affidamento. A parte che in Italia già ci sarebbe l’affidatario (zia paterna), ma bisogna decretare prima se è stato illegittimo allontanare il bambino e se portarlo in Italia non comporti per lui un danno. L’interesse è che il bambino non abbia ulteriori traumi. Bisogna vedere cosa è meglio per lui ed è questa la valutazione che deve dare il giudice. Se ci fossero pericoli seri o intollerabilità, non potrebbe essere rimandato in Italia, ma non è questo il caso di Eitan”.
EITAN BIRAN: “IL NONNO DICE CHE L’AFFIDAMENTO ALLA ZIA PATERNA È FALLACE”
L’avvocato Alessandra Cagnazzo ha invece evidenziato in diretta che i legali del nonno materno dicono che il rapimento non c’è stato, perché non c’è una residenza abituale del bambino. Inoltre, la zia paterna sarebbe stata nominata, a loro dire, con un procedimento fallace, durante il quale il nonno non avrebbe compreso cosa stesse succedendo e che stava rinunciando alla tutela del bimbo. “Pare sia stata aperta un’indagine dalla Procura israeliana sul nonno – ha affermato l’esperta –, che lascerebbe presumere che il viaggio lontano dall’Italia venga considerato un rapimento”.
La chiosa è spettata a Maria Malucelli, psicoterapeuta: “La conflittualità e il bisogno di fornire un attaccamento serio e sano a questo bambino sta portando a trascurare il fatto che il bimbo deve scegliere gli amichetti, dove stare e come stare”.