Eleonora Coletta, avvocato nonché autrice del libro dal titolo “Canale terminale”, ha parlato in una intervista a La Verità di come le istituzioni locali hanno gestito la pandemia di Covid-19. Un’esperienza che ha vissuto direttamente sulla sua pelle, dato che suo marito e suo padre sono morti a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro nel 2021, durante la terza ondata, presso l’ospedale San Giuseppe Moscati di Taranto. I referti riportano che a stroncarli è stato proprio il virus, ma secondo la sua denuncia si è trattato di casi di mala sanità.



“Quando mio marito è arrivato in ospedale stava bene, il primario disse che aveva un indice di infiammazione bassissimo. Chiesi che fosse curato con il plasma iperimmune, ma mi rispose che non credeva a quella terapia. Chiesi allora che gli facessero i monoclonali, ma mi risposero che erano solo per uso compassionevole. Mi ribadì che non dovevo preoccuparmi, che ci avrebbero pensato loro”, ha ricordato. Non è andata, però, come avrebbe voluto. “Lo hanno attaccato subito all’ossigeno. Il giorno dopo accusava dolore al petto, quindi hanno supposto ci fosse un problema cardiologico. Il cardiologo suggerì di fare una Tac, ma non è mai stata fatta. Fu intubato e portato in rianimazione, che era il canale terminale delle cure. Lì si prese delle infezioni e morì”.



Eleonora Coletta: “Pazienti Covid lasciati a morire”. Il caso del padre

Il padre di Eleonora Coletta è morto di Covid a distanza di due giorni dal marito. “Era un uomo molto atletico. Aveva 74 anni, ma era un furetto. Pesava 60 chili, andava in palestra tre volte a settimana. Si è ammalato, era desaturato, per cui lo portammo in ospedale. Mi dissero di non preoccuparmi, ma non facevano nulla. Non gli davano l’acqua, nemmeno dopo tre ore che la chiedeva, non gli facevano terapie. Io chiamavo per chiedere spiegazioni, ma loro rispondevano che era vecchio e che non potevano fare niente”, ha ricordato. Non è tuttavia l’unico aspetto inspiegabile della vicenda. “Quando vidi la sua cartella clinica, ho scoperto che lo indicavano come un uomo di 84 anni che pesava 86 chili. Forse avevano sbagliato persona”.



In entrambi i casi, ad ogni modo, l’avvocato è convinta che i medici non abbiano fatto abbastanza per salvare le vite dei loro pazienti. “Ho scoperto che i casi simili erano tanti. La gente moriva e si diceva “sono morti per covid”. Tutto era Covid, si liquidava ogni caso così. Nelle cartelle cliniche venivano scritte co-morbilità che i pazienti non avevano perché così era più facile giustificare il decesso”. È per questo motivo che ha creato un comitato e adesso chiede giustizia.