Nel regno della grande incertezza, soprattutto quella politica e sociale, è difficile prevedere quello che possa capitare, con elezioni politiche arrivate con qualche mese di anticipo, ma dopo una legislatura con tre maggioranze diverse e un governo tecnico che alla fine è stato pure sfiduciato.

Si può e ci si deve certamente ricordare della capacità di reazione dell’Italia, che anche in ben altre occasioni se l’è sempre cavata. Ma la sensazione è che questa volta l’Italia sia arrivata a un bivio pericoloso, in attesa di mesi che possono diventare veramente problematici e che ne possono pure ipotecare il futuro.



È vero che ci sono stati rimbalzi economici, dopo il biennio della pandemia acuta, più positivi che in altri Paesi, che hanno contenuto la crisi italiana, ma i numeri complessivi, con il debito accumulato, la carenza di riforme, il tessuto economico sempre più sofferente, l’aumento della povertà e l’ampliamento delle diseguaglianze, i problemi legati alla formazione, a una vera riforma dell’istruzione, richiedono un programma di lunga portata e scelte che vanno condivise e realizzate al più presto.



In più, quello che sembrava imprevedibile, in una situazione difficile fin dalla crisi del 2008, è purtroppo accaduto. Dopo la pandemia da Covid (che riserva ancora delle code inquietanti, come l’elevato numero di morti e lo stato complessivo della sanità) è arrivata l’invasione russa dell’Ucraina. Di conseguenza una ripresa durissima dello scontro tra Est e Ovest, tra ex blocco comunista e i Paesi, vecchi e nuovi, di tradizione atlantica.

Quasi di colpo ci si è ritrovati in un clima da Guerra fredda, e anche calda, dopo anni di dialogo dispersivo e piuttosto superficiale, con in più l’infernale meccanismo della dipendenza energetica, quella del gas in particolare, dei Paesi dell’Ovest dalla Russia.



Con una scelta indefinibile e poca accorta sia la Germania di Angela Merkel e di Gerard Schröder, sia l’Italia, anche con partiti di opposta posizione politica, si sono praticamente consegnate su un delicato settore strategico alla Federazione Russa, all’ex “amico” Vladimir Putin.

Si può parlare quindi di speculazioni non controllate che sono avvenute anche prima della scoppio della guerra in Ucraina, ma il prezzo di questi giorni, che è letteralmente decuplicato, lascia un po’ di spazio al ruolo della sola speculazione, ma fa intravvedere innanzitutto scarsa capacità di una classe politica che non ha curato la sua autonomia energetica e ora paga salatamente il costo che la Russia deve investire nell’invasione dell’Ucraina.

In una situazione di questo tipo, di estrema difficoltà e precarietà, si possono immaginare, soprattutto per l’Italia, almeno tre scenari, che la interessano direttamente e indirettamente.

Il primo scenario è quello politico interno. Certamente, quello che avverrà dopo il risultato delle elezioni politiche del 25 settembre. Si devono valutare varianti importanti, come il numero molto più limitato di parlamentari da eleggere e fare i conti con una parte del Parlamento che ha una significativa quota di collegi uninominali.
Fare un pronostico in una situazione come questa è veramente difficile. I sondaggi favoriscono nettamente il centrodestra e in particolare Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Mentre gli stessi sondaggi prevedono una drastica riduzione di rappresentanza di M5s e si prevede pure anche una lenta e continua agonia della sinistra italiana, del Pd in particolare, per il continuo gioco di alleanze di cui sembrava protagonista e che poi sono svanite.

Ma in una quadro politico come quello attuale si può credere veramente a questi sondaggi?

Nessuno vuole sostituire dei tecnici e degli osservatori specializzati. Ma le impressioni sono diverse. Se solamente si guarda all’andamento elettorale degli ultimi dieci anni si possono osservare esplosioni di nuove forze politiche e poi crisi quasi irreversibili. E in più una continua e lenta disaffezione verso le urne.

È proprio impossibile che di fronte a queste “montagne russe” di consensi e di dissensi, sia subentrata ormai una disaffezione al voto che potrebbe anche rendere inutile qualsiasi tipo di vittoria?

In Italia sono letteralmente spariti dei partiti veri, dei congressi veri, delle riunioni regolari e periodiche. L’unico fatto positivo e creativo che è emerso in questo periodo di disaffezione e di scarsa partecipazione alla vita pubblica è quello rappresentato dalla crescita del terzo settore non profit, che ha quasi sostituito lo Stato in tanti casi  e che è pronto ad aiutare le persone per nuovi bisogni che continuano a emergere.

In tutti i casi, uno scenario con un alto tasso di astensionismo e una vittoria non convincente non risolverebbe i problemi della società italiana che, mentre richiede coesione e un’unità di intenti fatta di mediazione, appare al momento disgregata.

A questa situazione si deve aggiungere un grande desiderio che appare difficile da realizzare. Esiste una grande volontà di risalita, quasi di rinascita dopo la pandemia, di grande parte della piccola a media azienda italiana. Ma l’offerta delle materie prime e quello dell’energia stroncherebbe, per prezzi e carenze, qualsiasi “eroe” di questa piccola e media industria.

E l’Italia vive soprattutto su questa realtà. È sempre stata la sua forza, che si è sempre distinta dall’avidità e dalla superficialità  dei potentati collegati sia ai poteri politici sia a quelli esteri dei grandi gruppi.

In un grande libro del 1992, Capitani di sventura, l’ex capo dell’Economia del Corriere della Sera, Marco Borsa, citava con nome e cognome i titolari di quei grandi gruppi che “rischiano di farci perdere la sfida degli anni 90”. Così avvenne. L’Italia riuscì a salvarsi con la nuova media industria, con il “quarto capitalismo” che persino i tecnici di Mediobanca avevano accuratamente studiato ed elaborato. Oggi, con la crisi in atto e con quello che sta avvenendo con la crisi energetica, anche questo settore corre rischi serissimi come in molti hanno ricordato.

Se aggiungiamo a questi due scenari il quadro internazionale è difficile trovare speranze. Come procederà, in questa difficoltà la completa realizzazione del Pnrr? Come si riuscirà  a riuscire a risolvere la situazione del prezzo del gas in Europa? Ci vorrà ancora un personaggio di rilievo internazionale per andare a trattare con l’Unione Europea e con altri?

Il ruolo dell’Italia sembra che con la presidenza di Mario Draghi sia risalito nelle quotazioni internazionali. Tutti se lo augurano. Ci sono comunque alcune stranezze. Perché a Roma non c’è ancora un nuovo ambasciatore americano ma un incaricato d’affari ad interim come Shawn Crowley? Roma che cosa è diventata, una sede di serie B? Si dice che dopo le elezioni di midterm dovrebbe finalmente arrivare in via Veneto, Nancy Pelosi. Meglio tardi che mai.

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