Non c’è dubbio che la XVIII legislatura passerà alla storia per una serie di emergenze, oggettivamente drammatiche e ancora non risolte, con cui ha dovuto misurarsi facendo continuamente i conti con la morte; come è accaduto con la pandemia, con la guerra in Ucraina, con la crisi ambientale ed energetica, e perfino con l’aumento del gap economico-sociale, che ha accentuato la distanza tra ricchi e poveri.



Ma sul piano politico e parlamentare sarà ben difficile dimenticare la forte polarizzazione su alcuni temi eticamente sensibili come il suicidio assistito, la legge Zan, o la liberalizzazione delle droghe, per citarne solo alcuni. I disegni di legge corrispondenti sono stati lungamente dibattuti alla Camera per poi essere stoppati nel loro approdo al Senato. Ma non per inerzia del parlamento, come a qualcuno piace far credere, bensì per una intensa e consapevole operazione di salvataggio di principi e valori, messi in crisi alla Camera, che il Senato non ha permesso che venissero approvati a salvaguardia delle persone più fragili.



Abbiamo considerato un obbligo non solo sul piano morale, ma soprattutto sul piano politico e culturale tutelare il diritto alla vita dei malati, il diritto alla libertà dei più giovani, il diritto alla identità sessuale di tutti, uomini e donne. Ci siamo mossi sul piano della tutela dei diritti umani, forse in un’ottica diversa da quella assunta nell’area del centrosinistra, ma sempre convinti che il dolore, anche quello terminale, si possa controllare meglio con il ricorso alle cure palliative; che il rispetto per la diversità in fatto di genere non implichi l’obbligo della propaganda, e che la scoperta della libertà per i giovani è un bene così prezioso che non può essere compromesso da nessuna droga o sostanza.



In questa legislatura la morte è stata una scomoda compagna di viaggio, contro cui abbiamo cercato di lottare in tutti i modi possibili, proprio per tutelare chi non era in grado di fare da sé. Abbiamo cercato di andare incontro alle persone malate, ricordando che non esisteva solo il Covid! I malati di tumore, quelli con patologie cardio-vascolari, le persone con malattie neuro-degenerative non potevano essere dimenticate o parcheggiate in attesa di tempi migliori. Abbiamo lottato per loro e per il loro diritto alla vita. Siamo stati accanto alle persone con gravi forme di disabilità e a quelle con una malattia rara, circa due milioni! cercando di mantenere alta l’attenzione del ministro della Salute e del suo ministero, senza riuscire a farlo con l’intensità e l’efficacia necessarie. Abbiamo guardato con rispetto la morte, ma abbiamo cercato di allontanarla il più possibile dai malati, chiedendo e investendo risorse e riforme, senza mai smettere.

Ma la morte in questa legislatura, all’inizio e alla fine, ha sempre avuto un compagno di strada privilegiato in Marco Cappato, che l’ha sollecitata, accarezzata, in alcuni casi, l’ha sbattuta in prima pagina in altri, solo per invocare al diritto al suicidio, senza vincoli di sorta sfidando la legge, trasgredendo la legge, e cercando di piegare la legge alla sua visione distorta della vita, mai sufficientemente degna di essere vissuta, se non nell’ottica strumentale di chi se ne serve per una lunga campagna elettorale del tutto personale.

Non c’è dubbio che la legge sulla morte volontaria medicalmente assistita sarà di nuovo al centro dell’agenda politica del Pd e della coalizione che sta cercando faticosamente di mettere in piedi. E forse conterà ancora sull’appoggio di quel che resta del M5s. D’altra parte erano gli unici temi su cui riuscivano a costruire un accordo sufficientemente solido. Qualcuno ha già assolto in anticipo Cappato riversando sull’inerzia del Parlamento la mancata approvazione di questa legge, mal fatta nella forma e nella sostanza. Ma non è così. In Senato una buona parte dei senatori hanno opposto una resistenza attiva ad una legge di morte.  E comunque Cappato è andato oltre anche questa stessa legge, spostando l’asticella sempre più vicino ad un vero e proprio suicidio di Stato.

Data la reiterata posizione pseudo-progressista già enunciata da Letta, probabilmente nella prossima legislatura vorranno far tornare in auge anche la legge Zan, dimenticando che se si fosse trattato semplicemente di una legge di tutela contro la violenza alle persone Lgbtq+ sarebbe stata approvata da tempo. Ma non sarebbe stato mai possibile approvarla con quella tenaglia per cui alla propaganda smaccata per l’ideologia gender nelle scuole, faceva da contrappeso il silenzio assoluto imposto a chi aveva idee e teorie diverse. E non credo che mancherà fin dal primo giorno della nuova legislatura un qualche disegno di legge che riproponga la cannabis libera, e non solo la cannabis, a scopo ludico supportandola con la falsa teoria che in questo modo si limiteranno i commerci illegali di droghe e lo Stato comunque potrà partecipare agli introiti di un mercato ricchissimo, come fa già con l’azzardo. Magari useranno come cavallo di Troia il mito delle quattro piantine di cannabis coltivate sulla terrazza di casa. Espedienti narrativi, che ignorano totalmente come si concludono queste storie nella maggioranza dei casi. Quanti incidenti di macchina, quanti stupri e quante violenze sono commesse sotto gli effetti della droga, eppure ricordarlo sembra contraddire quel principio di libertà assoluta dietro cui è facile nascondersi, per non assumere la piena responsabilità delle proprie azioni.

Ci sarà probabilmente anche la legge dei due cognomi, facile da approvare, se ci si limitasse a voler vedere rappresentati mamma e papà nel cognome di ogni figlio, senza ulteriori strumentalizzazioni ideologiche, ma molto più difficile da condurre in porto se invece si cerca attraverso questa norma di legittimare l’utero in affitto e altre forme di genitorialità alternativa, o comunque un’ulteriore spinta a rendere sempre più confusa e pasticciata la trama delle relazioni familiari.

Personalmente insisterò per una piena attuazione della legge 38; per un effettivo contrasto alla violenza in tutte le sue forme, anche contro la dittatura del pensiero unico e per una educazione alla libertà, come bene da conquistare e da conservare, senza metterla a rischio incorrendo in una qualsiasi forma di dipendenza.

In definitiva per il prossimo appuntamento in Parlamento, tre no e tre sì: no all’eutanasia; no alle droghe e no all’ideologia gender.

Sì alle cure palliative, sì ad una libertà consapevole, e sì al rispetto per l’altro e alla lotta contro la violenza.

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