Abbiamo vissuto due anni e mezzo da incubo per un problema sanitario, per altro non ancora superato, che si è rapidamente trasformato anche in un problema economico, sociale, educativo, che ha messo in difficoltà (per non dire di peggio) una grande quantità di cittadini ed ovviamente in primis anche l’organizzazione sanitaria dell’intero paese (il Servizio sanitario nazionale).



Ci saremmo aspettati una campagna elettorale dove il tema sanità e assistenza avrebbe dovuto costituire, tra altri ovviamente, argomento sostanziale di discussione tra le parti, ma con rammarico ci tocca constatare che non è così. La visione di chi scrive potrebbe essere parziale, perché manca di certo il tempo per seguire le ore e ore di talk show, interviste e quant’altro (comprese le innumerevoli pagine scritte) che si stanno materializzando su tutti i tipi di media per avere direttamente e completamente il senso di che cosa si va discutendo, e per sopperire si è provato ad esaminare i programmi elettorali dei principali partiti in competizione.



Tutti promettono maggiori risorse economiche per la sanità e l’assistenza, argomento con cui si vince facile e si acquisisce facile consenso, ma che risulta poi molto difficile da realizzare, come hanno mostrato tutti i governi che si sono succeduti da una decina di anni a questa parte.

Il Ssn presenta oggi soprattutto un problema di risorse umane che si stanno impoverendo, alcune perché esautorate direttamente dal virus (centinaia e centinaia di operatori, non solo medici, deceduti a causa del Sars-CoV-2), molte altre perché l’età incombe su una forza lavoro diventata decisamente “agée” per i mancati interventi degli anni passati.



Vi è poi un fondamentale problema di organizzazione sanitaria che ha bisogno di un ripensamento globale richiesto dalle mutate emergenze sanitarie (si pensi soprattutto, ma non solo, alla medicina territoriale nell’ottica della prossimità al cittadino bisognoso ed alle proposte formulate nel Pnrr) e dalle necessità imposte dalla struttura della popolazione (sempre più anziana) e dal carico di patologie croniche che la caratterizza, con le conseguenti ricadute sul versante dei lunghi tempi di attesa richiesti per accedere alle prestazioni, non solo, ambulatoriali e l’elevato impegno anche economico per quanto riguarda il consumo di farmaci, che sta spingendo una grossa fetta di cittadini “fragili” alla rinuncia di fatto alle cure.

L’elenco delle questioni potrebbe continuare a lungo: il compito dello Stato e quello delle Regioni (sussidiarietà), il coinvolgimento del privato profit e non profit, la riorganizzazione degli ospedali per far fronte contemporaneamente a cronicità e acuzie, il ruolo delle nuove tecnologie e l’utilizzo esteso della digitalizzazione (telemedicina, teleconsulto, teleassistenza, fascicolo sanitario elettronico…), la grande e spesso trascurata emergenza costituita oggi dalle varie forme che assume il disagio giovanile, e così via per un rosario di geremiadi che può andare all’infinito mano a mano che si passa da tematiche più generali e nazionali a problematiche più specifiche e locali (la diabetologia di … che non funziona, il personale del Pronto Soccorso di … che è fatto continuamente oggetto di atti violenti di intimidazione, la sicurezza e l’igiene di alcuni luoghi del nosocomio di … dove trovano rifugio, anche per i propri bisogni corporali, senza tetto e senza dimora soprattutto nelle ore notturne eccetera).

A ben guardare c’è anche chi, decisamente controcorrente, suggerisce di togliere risorse alla sanità per dedicarle ad altre lodevoli esigenze (lo sport, ad esempio), ma la valanga di contumelie ricevute induce poi al ripensamento, all’accusa di “mala” interpretazione, quando non alla ritrattazione, e l’argomento finisce nell’oblio informativo.

Che sulle tematiche sanitarie ed assistenziali esistano visioni e prospettive diametralmente opposte è legittimo e atteso, considerato anche l’elevato livello dei valori e degli interessi non solo economici in gioco (si pensi al recente dibattito sul fine vita ed al riaccendersi delle discussioni sul tema dell’aborto sull’onda dei provvedimenti in corso negli Stati Uniti), e sarebbe opportuno (o meglio: necessario) che gli elettori vengano edotti sulle rispettive scelte e proposte, ma al momento (al di là delle, tutto sommato, poche – e per alcuni pochissime – cose presenti nei programmi elettorali) la sanità compare sui media quasi esclusivamente per le “boutade” sui morti in più che la destra avrebbe causato se fosse stata al governo (vedi Crisanti e le polemiche che sono seguite al suo intervento che abbiamo partecipato a censurare anche da queste colonne) o per le da tutti criticate proposte di dirottare risorse dalla sanità allo sport.

Certo, le problematiche da trattare in una campagna elettorale sono tantissime ed alcune (vedi: guerra, bollette, inflazione…) sono forse più attuali di altre (ci stiamo forzosamente dimenticando che il virus è ancora presente e produce morti tutti i giorni), ma due anni e mezzo di una tragica pandemia non possono venire cancellate da un colpo di spugna elettorale.

È bene allora tornare col pensiero all’inizio della storia e ricordare ancora una volta, perché purtroppo (e lo ripetiamo: purtroppo) ce ne stiamo dimenticando, cosa disse Papa Francesco il 31 maggio 2020: “peggio di questa crisi c’è solo il rischio di sprecarla”.

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