Caro direttore,
Matteo Salvini è stato subito accusato di abuso eretico per il “Credo” del suo claim elettorale. Ieri, peraltro, Avvenire – quotidiano dei vescovi italiani – gli ha concesso diritto di tribuna per spiegare e difendere la sua “professione”: che “in Italia pesa ancora dichiarare”, ha scritto il leader della Lega.



Pochi giorni fa, invece, la scrittrice israelita Edith Bruck ha attaccato a raffica Giorgia Meloni perché “urla sono una donna e sono cristiana”. Sono comprensibili il fastidio e la preoccupazione della scrittrice che, par di capire, il 25 settembre non voterà la leader FdI: la sola versione originale del rap “Io sono Giorgia” ha raggiunto 11 milioni di visualizzazioni su Youtube, un altro mezzo milione ne ha racimolati l’interpretazione satirica di Luciana Littizzetto.



L’avversione di una parte del mondo cattolico – e di una parte della comunità ebraica – per i leader del centrodestra è radicata e radicale. È parte integrante e significativa della polemica politica che il centrosinistra ha via via irrigidito nel rifiuto pregiudiziale del confronto sulle tematiche sociali, economiche e culturali; e nel rap monotematico di una pretesa “superiorità morale”.

Ad ogni appuntamento elettorale – ma in quello del 2022 in misura particolare – ritorna comunque un tema: chi rappresenta i cattolici nei luoghi della politica italiana, dove un tempo la loro “unità” era maggioritaria?



Gli scienziati della politica partirebbero dai numeri: quanti sono i parlamentari a vario titolo cattolici? E che profilo hanno (età, provenienza geografica, background)? Quanti diventano ministri e con che incarico? Quanti, fra i banchi di Camera e Senato, producono “riforme” e quali?

Ad oggi la questione – non meno significativa – è: quanti cattolici (con o senza virgolette) risultano candidati per la 19esima legislatura repubblicana?

Una verifica completa sarà possibile solo a liste chiuse, cioè dopo il 22 agosto. Già ora però è possibile fissare un post-it sulla liste del Pd, appena impostate molto laboriosamente: non se ne vedono molti, soprattutto fra i volti su cui i “dem” sembrano puntare in posizioni di eleggibilità per rilanciare il proprio brand.

Certamente esemplare è la figura di Elly Schlein, giovane vicepresidente della Regione Emilia-Romagna: una della protagoniste della “crociata” contro la Lega alle amministrative dii inizio 2020. La giovane attivista viene da Bologna: la città del cardinale Matteo Zuppi, fresco presidente della Cei, e di Romano Prodi, l’ultimo cattolico democratico a vincere elezioni politiche in Italia e a guidare un governo. Bene: Schlein è nata in Svizzera da padre americano di origini israelite. Tre cittadinanze e subito un mandato di europarlamentare a Strasburgo.

Un tempo da Bologna venivano “frontmen” cattolico-democratici come Nino Andreatta, formati dalla scuola fondata da Giuseppe Dossetti e dal cardinale Giacomo Lercaro. È a Forlì, sulla porta di casa, che le Br uccidono il senatore Roberto Ruffilli, uno dei (molti) pilastri di quella “scuola di Bologna”. Ma nel Pd di Enrico Letta – un ex democratico-cristiano – di quella cultura politica non sembra esservi più traccia. E lo stesso Dario Franceschini, ferrarese, si candiderà a Napoli.

Nel vicino Veneto sarà invece capolista dem Alessandro Zan: ormai vero leader politico della comunità Lbgtq+ in Italia. Un parlamentare collaudato e impegnato: porta il suo nome il Ddl sull’omotransfobia che il Pd mantiene come bandiera nel suo programma per il 25 settembre. Il mondo cattolico e la Chiesa italiana (sulla scia della pastorale di Papa Francesco) stanno cambiando il proprio atteggiamento sul gender: ma è difficile affermare che il Ddl Zan rientri fra le le priorità dei cattolici italiani nel 2022. Sarebbe invece utile capire come il Pd si pone di fronte al terremoto americano sul diritto d’aborto.

È un fatto che – alle soglie del voto italiano 2022 – a non esserci è una “agenda cattolica”. Ciò è dovuto essenzialmente a rimozioni e negazioni conseguenti a un travaglio interno alla Chiesa italiana. Può darsi che ora le elezioni facciano cadere molti polveroni sospesi, restituendo visibilità e salubrità all’aria, e forse spazio per contare e pesare nuovi “cattolici deputati” oppure un più proverbiale “nuovo partito cattolico”.

PS: il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è un cattolico democratico. Quando non sarà più al Quirinale diventerà senatore a vita di diritto. Ad oggi coprirebbe un vuoto: fra i sei senatori a vita in carica non si conta infatti un solo cattolico (a meno di non considerare tale Mario Monti). E – naturalmente – non ce n’è uno riconducibile a posizioni diverse da quella del centrosinistra. Anzi: è dalla fine della prima repubblica che non ce n’è più stato uno.

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