Ancora non molto tempo fa un endorsement o una bocciatura da parte dei media di riferimento della City di Londra poteva essere questione di vita o di morte per un politico italiano: come minimo Economist e Financial Times facevano molto rumore ogni volta che accendevano i riflettori su elezioni o crisi di governo a sud delle Alpi; su candidati leader fit unfit per Palazzo Chigi e dintorni. Oggi la voce dei mercati finanziari risuona con meno perentorietà fra Milano e Roma, ma non ha certo perso rilievo: soprattutto quando i toni paiono poco equivocabili. Come quelli usati negli ultimi giorni da FT verso Giorgia Meloni, pur senza raggiungere la linea rossa dell’appoggio espresso.



È stata molto tradizionale ma anche molto visibile la big picture lasciata da FT in homepage tutta la giornata di martedì. Erano fra l’altro a Londra le stesse ore dell’ingresso a Downing Street di Liz Truss: una figura con più di un’affinità con la leader di FdI. Quarantesettenne la nuova premier britannica, 45 anni la front-runner per Palazzo Chigi dopo il 25 settembre. Entrambe le più giovani ministre nella storia contemporanea dei rispettivi Paesi. Truss non meno di Meloni etichettata come politica “di destra”. Liz e Giorgia schierate tutt’e due senza esitazioni con la Nato e contro la Russia sul fronte ucraino. E perfino legate da un sottile filo rosso: Meloni è oggi presidente dell’Ecr, l’euro-partito dei “conservatori e riformisti” fondato a Strasburgo da David Cameron, il leader Tory pre-Brexit.



Se la Truss è stata accolta dalla City con un favore guardingo (nel duello interno ai Tory con Rishi Sunak la nuova premier ha tenuto fermo l’impegno ad abbassare le tasse), è parsa più aperta l’empatia di FT per “the new face of Europe radical right” (sic). Nell’incipit del ritrattone della Meloni era forse scontato il tratteggio “borgataro” della Garbatella: ma le penne di FT sono state acute nel rammentare che per decenni quella periferia romana dove la leader FdI è nata e cresciuta era bastione della sinistra, non della destra. E comunque poco conta, alla fine, il contenuto del lungo reportage nel “favoloso mondo di Giorgia”: il mezzo è stato il messaggio. Quella mobilitazione mediatica ad personam è stata finora riservata alla Meloni e solo a lei. Nulla esclude che gli sviluppi della campagna elettorale vedano spuntare feature analoghe su Enrico Letta o Carlo Calenda. Ma se in Italia si votasse oggi, la City voterebbe a colpo sicuro per “Giorgia” (e ci ha tenuto a farlo sapere). Però non solo per lei e non senza condizioni.



Se FT si è spinto alle soglie dell’endorsement è stato in un’operazione di marketing editoriale. Lunedì sera gli abbonati di FT sono stati allertati per un classico working lunchtime: martedì 27 settembre (“1 pm di Roma, Gmt+1”) chi vuole chiacchierare dell’esito del voto italiano può collegarsi a un “buffet” digitale organizzato da FT fra Roma e Londra. Fin d’ora i topic prescelti per il webinar sono tre: la “credibilità del nuovo governo italiano sui mercati nel portare avanti le riforme e nel gestire i 200 miliardi di aiuti europei”; “il rischio di indebolimento della linea di Mario Draghi pro-Ue e pro-Nato dopo l’invasione russa dell’Ucraina”; e “la tenuta della nuova coalizione – incluso l’ex primo ministro Silvio Berlusconi – al fine di modificare le istituzioni italiane indipendenti come la Presidenza della Repubblica”. Due soltanto invece le foto che hanno corredato la mail-alert: quella di “Mario” e quella di “Giorgia”. Anzi: se il messaggio viene aperto su uno smartphone (come nella maggioranza dei casi) il volto di Mario sovrasta quello di Giorgia. Su un laptop il premier uscente appare a sinistra, la candidata premier appaiata a destra. La “profezia” di FT non sembra cambiare da un format all’altro: dopo il 25 settembre l’Italia sarà guidata da Draghi e/o da Meloni, anzi da tutt’e due. Ipotesi base: Draghi 2 candidato da Meloni. Ipotesi 2.0: Draghi al Quirinale e Meloni premier. Le scommesse sono aperte. Ma intanto la City ha già dato le sue quote secche su “vincente” e “piazzato”.

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