La Corte costituzionale della Romania ha annullato le elezioni presidenziali. La decisione, arrivata come un fulmine a ciel sereno, è stata presa “al fine di garantire l’equità e la legalità del processo elettorale”, dice il comunicato dell’Alta Corte. L’annullamento è arrivato dopo che un rapporto dell’intelligence, declassificato mercoledì scorso, avrebbe segnalato interferenze russe nella campagna elettorale. Social manipolati, in particolare TikTok, avrebbero viziato il primo turno (24 novembre) permettendo al candidato indipendente nazionalista Calin Georgescu di ottenere un consenso imprevisto (22,94%, era dato al 5%) e imporsi sulla rivale Elena Lasconi (19,7%), leader del partito moderato di centrodestra Usr (Unione per la salvaguardia della Romania), pro-Nato e pro-Ue. In campagna elettorale, Georgescu, considerato anti-Nato e “filorusso”, aveva dichiarato di volere porre fine ad ogni tipo di assistenza all’Ucraina.
Gli elettori sono spiazzati, i partiti di destra accusano le istituzioni di colpo di Stato e anche Lasconi, che voleva giocarsi la partita elettorale, ha usato toni molto duri, accusando la Corte di “calpestare la democrazia”. Il potere resterà nelle mani dell’attuale presidente, Klaus Iohannis, fino all’elezione del prossimo presidente.
L’annullamento del voto in Romania solleva molti interrogativi. Li abbiamo posti a Marco Bertolini, già generale della Brigata Folgore e comandante di numerose operazioni speciali in Libano, Somalia, Kosovo e Afghanistan.
La Corte costituzionale di Bucarest ha invalidato le elezioni del primo turno sulla base di informazioni dei servizi rumeni. Quali considerazioni si possono fare al momento?
Non siamo in grado di dire se le interferenze russe ci sono state o no, quindi occorre prudenza. Ma qualunque cosa sia successa, la Romania è di fatto l’ulteriore tassello di una situazione complessiva che si deteriorando con grande rapidità.
A cosa pensa?
In Moldavia il 3 novembre scorso la presidente uscente Sandu ha sconfitto il suo avversario (Stoianoglo, ndr) con il 55% dei voti, ma ci sono state contestazioni. In Georgia ci sono disordini importanti, anche in vista delle presidenziali del 14 dicembre, e la presidente uscente Zurabishvili ha già detto che rimarrà al suo posto perché il parlamento che eleggerà il suo successore è illegittimo. La Georgia è un Paese sul quale la Nato, per mezzo dell’Ue, ha investito molto. In questo contesto arriva la decisione dell’Alta Corte rumena.
A chi giova una sentenza come quella di ieri?
Ripeto, è una decisione che non abbiamo gli elementi per giudicare. Ma è stata presa in un momento molto particolare: non un mese prima del voto, e nemmeno un mese dopo. La Corte ha imposto la sua decisione nell’imminenza del secondo turno, a treno in corsa.
Non assomiglia, volenti o no, ad una sorta di contromisura rispetto ad un esito elettorale ritenuto inaccettabile?
Di fatto è così. Non è un caso che si sia parlato di “ingerenze russe” sia in Moldavia che in Georgia. La verità sulle possibili ingerenze non toglie che il provvedimento si inserisca nel domino strategico del confine orientale della Nato, dove la Romania ha un ruolo importante.
Per quali ragioni?
La Romania è entrata nella Nato nel 2004, insieme alla Bulgaria e ai Paesi baltici, ex sovietici. In questo modo il Patto atlantico è penetrato in profondità nel Baltico e ha guadagnato una ulteriore sponda nel Mar Nero. Un mare comunicante con il Mediterraneo, ma che durante il Patto di Varsavia era per tre quarti a controllo sovietico. Non per niente la Russia si è ripresa l’Abkhazia nel 2008.
Quindi?
Ci dimentichiamo spesso che la guerra in Ucraina è anche una guerra per il controllo del Mar Nero, che è strategico per la Russia. La base russa di Tartus in Siria è fondamentale per l’operatività della flotta russa nel Mediterraneo e per quella di Sebastopoli in Crimea. Se anche la decisione della Corte Costituzionale rumena fosse dovuta a ragioni puramente interne e non avesse nulla a che vedere con le ingerenze di Mosca, avrebbe una ricaduta importante sotto il profilo strategico, perché riguarda gli interessi di una delle due parti in conflitto.
Le ingerenze russe secondo lei ci sono state?
Le ingerenze russe nelle elezioni americane del 2016 “Russiagate”, ndr), sono state smentite dalle inchieste Usa, ma l’accusa di interferire nei processi elettorali mantiene una presa molto forte sulle opinioni pubbliche. Ma qui non non si tratta di fare i difensori d’ufficio della Russia. in altri termini, non c’è dubbio che in Romania come altrove ci possano essere state delle ingerenze russe; per lo stesso motivo non c’è dubbio che ci possono essere state delle ingerenze americane, perché gli interessi, sia pure contrari, li hanno entrambi.
Sappiamo che in Romania, a Costanza, sul Mar Nero, è in costruzione la più grande base Nato in Europa. Può un Paese che ospita una struttura del genere cambiare idea?
No, non è consentito. La pedina rumena è irrinunciabile. Lo è già oggi per lo scudo antimissile Nato installato per difendere l’Europa da eventuali missili iraniani. C’è da dire che la nuova base di Costanza sarebbe poco lontana dalla base russa di Sebastopoli. Le due flotte, che ora non possono intralciarsi a vicenda grazie alla Convenzione di Montreux sull’attraversamento del Bosforo, sarebbero a contatto.
La decisione dei giudici romeni, adottata per salvaguardare il processo democratico, è destinata ad aumentare la polarizzazione. Potrebbe perfino destabilizzare il Paese. Non è paradossale?
Sono d’accordo. Vuol dire che sono in gioco interessi strategici di importanza tale che l’ordine pubblico e quello istituzionale di uno Stato sono ritenuti sacrificabili. Perfino l’esistenza stessa di un Paese può diventare sacrificabile: è ciò che succede in queste ore con la Siria di Assad. Bucarest non deve passare dal fronte oltranzista pro-Nato allo stop aiuti all’Ucraina.
I tempi di questa sentenza?
Sono sospetti. Ci troviamo nella “zona grigia” tra l’amministrazione Biden uscente e l’amministrazione Trump. C’è ancora un mese e mezzo e può succedere di tutto, perché se Trump dovesse dare seguito a ciò che ha promesso sarebbe uno smacco intollerabile per la parte più bellicosa dell’amministrazione Biden. Proprio questa componente sta cercando – e lo dico in generale, non con riferimento alla Romania, ma alla Siria sì – di allargare il conflitto in modo non più controllabile.
E questo nonostante i rischi. L’obiettivo?
Cambiare radicalmente il contesto nel quale Trump si troverà a decidere.
(Federico Ferraù)
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