Sarà Javier Milei il prossimo presidente argentino. I risultati della tornata elettorale lo dicono chiaramente: il candidato di “La Libertad que avanza” ha vinto in modo addirittura schiacciante le elezioni, al punto che in alcune Province dell’Argentina è riuscito ad ottenere oltre il 65% dei suffragi: una vera e propria batosta per Massa con oltre 11 punti di distacco.
Diciamolo subito e con grande chiarezza: la maggioranza degli argentini non ha votato per lui, bensì contro il peronismo e il kirchnerismo, contro un’inflazione al 140%, la povertà al 48% e l’indigenza infantile al 68%. Questi sono i dati che hanno fatto la differenza.
Stupisce anche il numero dei votanti, che ha superato il 76%, segno che finalmente la gente ha capito l’importanza di partecipare al voto per definire non solo il futuro della propria nazione, ma anche direttamente il proprio.
I sondaggi dei giorni scorsi già davano Milei in leggero vantaggio su Massa, ma il voto ha accentuato il distacco. Si tratta di un vero e proprio trionfo per il cosiddetto “Loco”, ma è anche una vittoria per Patricia Bullrich che, arrivata terza nelle precedenti votazioni, ha scelto di allearsi con Milei ed il suo contributo alla fine ha fatto la differenza.
Ora rimane da vedere cosa realmente accadrà, specie considerando che il suffragio attuale ha di fatto spodestato il perokirchnerismo dal potere in maniera ancor più netta della sconfitta subita nel 2015, quando Mauricio Macri vinse le elezioni.
Sergio Massa ha pubblicamente riconosciuto la sconfitta senza addirittura attendere i risultati ufficiali, e questo spiega benissimo la misura della batosta ricevuta da un elettorato che ha incluso pure le roccaforti storiche del perokirchnerismo.
A questo punto occorre però subito pensare a cosa potrà accadere dopo il voto. In primo luogo bisognerà vedere se effettivamente verrà attivato l’accordo tra Milei e Bullrich, nel quale il futuro presidente si impegnava in pratica ad adottare tutti gli 11 punti del programma della sua alleata.
Abbiamo chiesto al giurista Carlos Manfroni, già collaboratore di Patricia Bullrich nello suo trascorso incarico di ministro della Giustizia, un giudizio sul risultato odierno.
“Il trionfo di Javier Milei, appoggiato sia da Patricia Bullrich che da Mauricio Macri del PRO, rappresenta la fine del sistema corrotto del kirchnerismo, che non solo soffocava le libertà ma che spogliava i cittadini argentini beneficiando un piccolo gruppo di politici: che si definivano di sinistra, ma formavano una oligarchia che opprimeva la Nazione intera”.
Tutti si chiedono quale sarà la prima mossa del neopresidente. “Adesso – spiega ancora Manfroni – la sua squadra di collaboratori dovrà integrarsi a quelle di Macri e Bullrich, dato che loro hanno già goduto dell’esperienza di quattro anni di Governo e possono condividere il loro percorso con quelli di Milei collaborando nell’organizzazione dell’apparato di gestione dello Stato. Da un punto di vista dei programmi le idee sono simili, soprattutto in economia. Non va dimenticato che in un Governo bisogna occupare migliaia di posti chiave e nessuna forza politica (e ancor meno una di recente formazione come quella legata a Milei) dispone di una grande quantità di gente di fiducia per essere collocata in posizioni strategiche”.
Altra questione importantissima riguarda le eventuali iniziative di quella che sarà l’opposizione al prossimo Governo: nonostante il perokirchnerismo sia in netta minoranza alla Camera e al Senato nel Congreso de la Nación, al contrario del passato governo di Macri che non aveva i numeri in Parlamento, sicuramente l’opposizione userà le organizzazioni sindacali per minare la stabilità dell’esecutivo, come già accaduto per il primo governo della neonata democrazia argentina, quello del radicale Raúl Ricardo Alfonsín, che proprio a causa degli scioperi massivi delle varie organizzazioni sindacali peroniste fu costretto a rinunciare, dimettendosi in anticipo.
Dobbiamo tenere in considerazione una cosa: che con il risultato odierno non solo continueranno una serie di processi che già coinvolgono diversi personaggi politici legati al kirchnerismo (con Christina Fernandez de Kirchner in prima fila, forse già in partenza per l’Italia) ma soprattutto sia i sindacati che le varie organizzazioni e centri sociali non avranno più le mani sulle casse dello Stato e quindi non potranno più gestire interi settori a proprio vantaggio, come quello dei sussidi sui quali specie i centri sociali godevano di percentuali sostanziose a vantaggio delle proprie casse.
Ecco perché, pur blindati politicamente, questi settori ricorreranno a proteste di massa su ogni decisione governativa, cercando di provocare il maggior caos possibile.
Il cammino della nostra cara Argentina ha segnato il primo importante passo con un cambio di potere integrale dovuto alla partecipazione della gente al voto. Ora inizia il tragitto che, ci auguriamo, riuscirà – dopo tanti decenni costellati da poteri falsamente popolari che l’hanno portata al baratro di crisi infinite – ad intraprendere un cammino durissimo e difficile. Solo così, nel ritrovato stato di diritto, la nazione argentina potrà finalmente godere delle immense risorse di cui dispone.
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