Nonostante il tentativo di rimonta effettuato dall’attuale Presidente Macri, le elezioni in Argentina hanno confermato nel verdetto il risultato delle primarie svoltesi l’11 agosto scorso: Alberto Fernandez, rappresentante del “Frente de Todos” kirchnerista, ha vinto al primo turno e sarà il prossimo Presidente, iniziando a esercitarne la funzione dall’8 dicembre prossimo. Con Cristina Fernandez de Kirchner come vice.



Ma non è stata una cavalcata trionfale visto che il distacco tra i due principali contendenti è stato inferiore agli 7 punti: circa la metà delle primarie. Ma superando Fernandez la soglia del 45% non ci sarà ballottaggio e quindi la vittoria è certa a tal punto che Macri, dopo aver comunicato la sua sconfitta, ha invitato Fernandez a una colazione alla Casa Rosada per iniziare il passaggio di consegne.



L’attuale risultato cambia però sensibilmente il panorama politico argentino rispetto al precedente: il distacco non importante ha significato per il kirchnerismo presentarsi in minoranza alle due Camere e soprattutto, nei numeri, ha diviso il Paese in due. Inoltre, bisogna considerare quello che, in pratica, si è sempre saputo e si è visto in maniera inequivocabile nella cerimonia di celebrazione dell’attuale vittoria: con Alberto Fernandez trattato sia da Cristina Kirchner che dall’ex Ministro ultrakirchnerista Axel Kiciloff, ora Governatore della Provincia di Buenos Aires, alla stregua di un ospite e non l’oggetto della manifestazione.



Si sono invocate le lotte in Cile e Ecuador (chissà perché non quelle boliviane contro il populista Presidente Evo Morales), richiesta la liberazione di tutti i prigionieri detenuti nelle carceri per corruzione e Kiciloff ha dichiarato di aver ricevuto dalla macrista Vidal una provincia rasa al suolo, dimenticandosi che, a parte i tre anni macristi, dove si sono realizzate opere importantissime, è da 60 anni che il peronismo governa quel territorio.

Insomma, Fernandez deve aver capito, ma ci voleva poco, che oltre a non disporre di una maggioranza nel Congresso rischia di trovarsi seduto su di una sedia esplosiva all’interno del movimento di cui fa parte. L’unità fragile tra il peronismo che lo ha appoggiato, credendolo indipendente da Cristina (povero Pinocchio), rischia di essere ingestibile a causa della non grande simpatia che gran parte del peronismo ortodosso nutre nei confronti del kirchnerismo.

Altra situazione curiosa si verrebbe a sviluppare nell’ambito della giustizia e delle cause che investono il kirchnersimo nella “Mani Pulite” argentino: finora Cristina è riuscita a posporre gli 11 processi e le 5 richieste di carcerazione preventiva proprio a causa del fatto che Macri, come oggi Fernandez, non disponeva di una maggioranza. Proprio ora che la Kirchner sarà Presidente del Senato questo scenario potrebbe ripetersi al contrario, togliendole l’immunità parlamentare.

Difficile situazione quindi, alla quale si aggiunge lo stato dell’economia del Paese, che potrebbe costringere Fernandez a scelte dolorose (anche se ora le casse dello Stato sono piene), soprattutto per il prestito con il Fmi contratto da Macri, soldi che si sono resi necessari, con un aumento delle tasse, non solo per costruire le necessarie infrastrutture, ma anche per mantenere lo Stato Babbo Natale che i lettori del Sussidiario già conoscono.

Il problema ora, immediato, è sapere come i mercati accoglieranno il ritorno del kirchnerismo: di certo non bene, visto le reazioni che si sono verificate dopo le elezioni primarie che hanno portato il dollaro a un’impennata pazzesca sul peso e conseguentemente l’inflazione. Mentre ancora si contavano i primi voti si è tenuta una riunione d’urgenza della dirigenza della Banca centrale che ha deciso di permettere un cambio massimo di 200 dollari al mese, in modo da evitare un tracollo finanziario che stavolta, vista la non transitorietà del risultato elettorale, sarebbe stato veramente drammatico.

E così il peronismo ritorna al potere e gli argentini hanno in definitiva scelto di nominare Nerone a pompiere dell’incendio in gran parte appiccato al Paese nei 13 ultimi anni di loro dominio. Per finirla con i sacrifici e riempire di alimenti il frigo: due pie illusioni che rischiano di ripetere una situazione che ormai si protrae da 70 anni.