Le elezioni di oggi in Brasile saranno certamente tra le più importanti degli ultimi tempi e si ricollegano a una scelta che, visti i tempi non certo positivi a livello mondiale, porrà la popolazione in una situazione non facile perché divisa tra due schieramenti ideologici che ormai si sono diffusi da un Continente all’altro e hanno pure investito l’Italia nelle ultime consultazioni. Quella tra un conservatorismo che ha governato questi ultimi quattro anni e un progressismo che però qui, dopo aver dominato a lungo la scena politica, sogna un ritorno che visti gli ultimissimi sondaggi, non appare niente affatto scontato.



Benché la maggior parte dei pronostici diano Lula da Silva come vincitore già al primo turno, alcuni nostri contatti esprimono seri dubbi soprtatutto perché le principali società che gestiscono i sondaggi sono finanziate dal PT (Partido do Trabalhadores) e poi c’è un altro dato, che potremmo definire più visivo che altro: la partecipazione massiva di gente ai comizi di Bolsonaro al contrario dei numeri di Lula che invece sono nettamente inferiori.



Di certo i due candidati dividono la popolazione e il risultato potrebbe riservare molte sorprese, visto anche che si tratta di due personaggi molto discussi: Bolsonaro gode, specialmente all’estero, di una pessima reputazione, ma anche qui bisogna dire che i media ne sono più che parzialmente responsabili, visto che invece l’immagine di Lula viene presentata quasi come quella di un santo che ritorna al potere dopo aver subito accuse di corruzione totalmente ingiuste.

Di certo Bolsonaro ha dei modi e dei discorsi in cui, da buon conservatore, si scaglia contro certi aspetti della società e certe libertà: è ovviamente a favore della famiglia tradizionale e contro quello che lui definisce lo strapotere mediatico LGTB. Tutto il contrario del suo avversario che, viceversa, ideologicamente, incarna fedelmente l’ideale di certo progressismo e la sua presunta lotta in favore dei ceti meno abbienti, proponendo una tassazione sulle grandi fortune dei milionari brasiliani: poi, però, mette il Tribunale Superiore Federale (controllato dal suo partito e che ne ha favorito una parziale amnistia sui reati contestatigli nella corruzione che ha investito i suoi Governi) contro l’incasso di 18 milioni di reais in tasse da parte del fisco nei suoi confronti.



Ricordiamo che il Brasile è uno Stato federale, dove il potere delle regioni che lo compongono è molte volte superiore a quello centrale e lo si è visto nella crisi sanitaria Covid che lo ha investito con risultati a dire il vero discutibili per l’esplosione dei contagi nonostante la massiva vaccinazione, ma le varie misure di prevenzione sono state decise a livello locale e poi la responsabilità politica dei vari disastri accaduti è ricaduta sul potere centrale, quindi Bolsonaro stesso.

Allo stesso tempo bisogna domandarsi come mai allora la schiera dei suoi sostenitori è grandissima e tra essi spiccano moltissimi calciatori e personaggi dello spettacolo. Semplice: il Brasile, durante il suo governo, ha attraversato un boom economico che lo ha portato ai livelli mondiali più alti e oltretutto la sua moneta, il reais, è ora considerata una delle migliori del mondo per la sua stabilità. Questi fenomeni hanno portato a una disoccupazione con i tassi più bassi degli ultimi anni. Ma un altro motivo per cui Bolsonaro gode di un grande appoggio è da riscontrarsi nella sua vittoriosa lotta contro la delinquenza e le grandi operazioni di pulizia operate nei confronti dei cartelli del narcotraffico che fino a non molti anni fa governavano di fatto il Paese.

Un altro punto decisamente a favore dell’attuale Presidente risiede nei processi di privatizzazione delle diverse entità statali (poste e banche per esempio) che le hanno portate da una passività che ormai veniva definita cronica di bilancio ad attivi fortissimi e che non si vedevano da decenni. Questo lo si deve a Paulo Roberto Nunes Guedes, il ministro delle Finanze nominato nel 2019 che ha portato a termine una rivoluzione mai registrata nei settori economici (e non solo) del Paese.

L’introduzione, poi, del cosiddetto “auxilio emergencial”, un sussidio contro la povertà (che è poco al di sopra di 100 euro mensili) ha di fatto aumentato la popolarità di Bolsonaro nel Nord Est del Brasile, tradizionalmente l’area geografica più povera del Paese.

Ed è proprio qui dove, probabilmente, si deciderà la battaglia elettorale tra due candidati che nel corso della campagna elettorale si sono scambiati insulti e accuse di ogni genere: perché Lula ha promesso di ritornare alle misure prese dal suo Governo 12 anni fa e quindi di rinforzare al massimo la “classica” politica dei sussidi per combattere la povertà, argomento che, come si vede ormai anche al di qua dell’Atlantico, diventa per partiti populisti il classico scambio tra voto e sussidio che per molti osservatori in Italia (attraverso il Rdc) ha salvato il Movimento 5 Stelle dalla scomparsa in Parlamento.

Ora si attende il responso delle urne, ma ai brasiliani spetterà il difficile compito tra proseguire il cammino intrapreso da un potere conservatore di destra o ridare fiducia a un progressismo che promette una società sicuramente più libertaria, ma che, come nel passato, potrebbe cadere nella trappola della corruzione che purtroppo condivide con i governi populisti del Continente latinoamericano.

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