Domenica sera la politica italiana, ma non solo, dopo l’immancabile visione del posticipo di serie A si concentrerà sullo spoglio, attesissimo, delle elezioni regionali in Calabria e, soprattutto, in Emilia Romagna. La notte elettorale si preannuncia, peraltro, lunga dal momento che, almeno nell’ex (?) regione “rossa”, il risultato sembra, perlomeno sulla base dei sondaggi delle scorse settimane, tutt’altro che scontato. È inutile, in questo quadro, sottolineare il valore anche nazionale, e per l’esecutivo del professor Conte, del risultato emiliano che, in caso di sconfitta del presidente uscente espressione del Partito democratico, potrebbe portare persino a una crisi di governo.



Non si deve, tuttavia, dimenticare che il voto di domenica è, o così dovrebbe essere, prima di tutto un giudizio dell’operato del governo regionale e sullo stato di salute, reale e/o percepito, del modello socio-politico dell’Emilia-Romagna e sulla tenuta della sua economia. Se ci sofferma sui dati, ad esempio, legati al lavoro si deve sottolineare come nel terzo trimestre del 2019 il tasso di occupazione della regione sia pari al 69,9%, distante in maniera significativa da quello nazionale (59,4%), ma anche del ricco e avanzato Nord-Est (68,8%) a guida leghista. Se poi il dato lo si scompone per genere il dato per gli uomini è stimato al 76,% e per le donne al 63,4%.



Gli occupati a livello regionale sono oltre 2 milioni, con un incremento dello 0,2% rispetto al terzo trimestre 2018 (+4,7 mila occupati). Negli ultimi dodici mesi, tra ottobre 2018 e settembre 2019, il tasso di occupazione si colloca, addirittura, attorno al 70,2%, in crescita di 1,0 punto percentuale rispetto alla media del periodo ottobre 2017-settembre 2018 (69,2%). L’Emilia-Romagna si conferma, insomma, tra le prime regioni a livello nazionale, superata solo dal Trentino-Alto Adige che, in ogni caso, ha caratteristiche per molti aspetti peculiari anche dal punto di vista amministrativo.



Il tasso di disoccupazione complessivo è fermo al 5,3% e si colloca ampiamente al di sotto del valore relativo all’Unione europea (ancora per poco) a 28 che nel terzo trimestre 2019 ha raggiunto il 6,3% (valore più basso dell’ultimo decennio post-crisi). Gli emiliani in cerca di lavoro sono quindi 113,2 mila (tra cui 49,1 mila sono maschi e 64,1 femmine).

Negli ultimi dodici mesi, poi, tra ottobre 2018 e settembre 2019, il tasso di disoccupazione regionale si colloca sul valore medio del 5,6%, in contrazione rispetto all’anno precedente (6% nella media ottobre 2017-settembre 2018). Anche in questo caso l’Emilia-Romagna si conferma tra le prime regioni a livello nazionale (insieme alla Lombardia), superata solo, anche in questo caso, dal Trentino-Alto Adige (4,0%).

Basteranno, insomma, i buoni, obbiettivamente, risultati dell’economia al centrosinistra per vincere la sfida elettorale o risulterà, nonostante questo, superato, e/o non più adatto a governare le sfide e le paure del presente, un modello economico e sociale che ambiva a rappresentare una via emiliana, se non più al comunismo, perlomeno alla socialdemocrazia europea?