Caro direttore,
qualche settimana fa ho sfogliato con particolare attenzione i quotidiani locali dell’Emilia-Romagna per vedere quali fossero i riflessi sul territorio di quello che è stato un evento, a mio parere, scioccante nel mondo finanziario, ovvero la vicenda Bio-on: il crack della società più capitalizzata sul listino Aim che non solo ha fatto sorgere nuove discussioni rispetto la vigilanza, ma soprattutto sta ponendo un problema relativo alla situazione occupazionale.



Da un lato, la giunta Bonaccini indica la soluzione nella creazione di una cooperativa di lavoratori che riacquisti l’azienda (il cosiddetto Cooperative buyout), dall’altro Lucia Borgonzoni ricerca un interesse tra gli investitori internazionali per l’azienda e per i lavoratori che, indubbiamente, sono dotati di specifiche skills, esperienze ed enormi potenzialità, vista l’innovatività del settore.



Se lo scopo di entrambi è il medesimo, mi permetto di evidenziare alcune differenze di metodo.

Borgonzoni parte dall’obiettivo di salvaguardare l’occupazione, rilanciare un settore e valorizzare le persone, andando a cercare le risorse per raggiungerlo. Una volta individuate le risorse, la soluzione può essere declinata con i mezzi e le forme giuridiche necessarie, tra cui può anche, ma non necessariamente, esserci la forma cooperativa.

Dall’altra parte, invece, quasi per rispettare la tradizione politica della sinistra, si corre a definire quale mezzo più giusto per raggiungere la soluzione quello legato alla forma giuridica, della cooperativa, senza però meglio specificare come verrà sostenuta (quali risorse finanziarie, quali clienti, quale oggetto sociale) se non che sarà composta dai dipendenti e che riacquisterà l’azienda. Insomma, si capisce solo che i dipendenti attuali avranno ulteriori responsabilità da assumere, ma con quali mezzi non è dato sapere.



Quando presentammo per la prima volta il progetto “Quota 100”, lo facemmo in risposta a una ingiustizia subita dai cosiddetti esodati e per aiutare i giovani a entrare in un mondo del lavoro dove spesso non c’è turnover.

Allo stesso modo, quando proponemmo la reintroduzione dell’educazione civica nelle scuole, lo facemmo sempre a fronte di un’esigenza educazionale. Rispondemmo a un bisogno immediato che era quello di ridare ai giovani la possibilità di sviluppare uno spirito critico, ma nel rispetto della civiltà e dei principi della nostra Costituzione, nella salvaguardia del prossimo e delle comunità.

Quando presentammo “Codice Rosso”, lo facemmo per dare una risposta alle tante lacune del nostro sistema giuridico che non sempre è adeguato ed efficace nel combattere e debellare gli atti di ingiustizia che vengono spesso compiuti nei confronti delle fasce più deboli della nostra comunità.

Quando presentammo all’interno del Dl Crescita tutta una serie di misure per il rilancio dell’economia, dell’innovazione, del fintech, non lo facemmo per inseguire degli slogan o delle muse. Le poltrone e le ideologie non hanno mai fatto parte della nostra cultura, altrimenti nessuno avrebbe staccato la spina al governo nel mese di agosto con l’unico obiettivo di essere coerenti con il mandato affidatoci dai nostri elettori.

Potrei andare avanti per ore nell’elencare le misure che decidemmo di adottare e portare avanti per dare un nuovo governo e un nuovo equilibro all’Italia.

Ciò che ha alimentato le mie e le nostre scelte è sempre stato l’ascolto e la necessità di intercettare i bisogni delle persone. La politica deve uscire dallo scontro fine a se stesso e accettare il rischio di scommettere sulla libertà degli individui e sulla società. Scommettere sui cittadini e sulla loro capacità di costruire e scegliere. Tornare al desiderio di giustizia e verità che abbiamo potuto respirare nelle piazze dell’Emilia-Romagna, che proprio domenica 26 gennaio saranno chiamate alle urne per la guida della Regione.

C’è una grande differenza tra le forze politiche virtuali che esistono su una piattaforma e una forza politica che ha una storia quarantennale e ha sempre basato la propria esperienza investendo nell’ascolto del territorio. La Lega recupera anche il voto di chi una volta votava a sinistra, quando la sinistra parlava di lavoro e della dignità delle persone. Insomma, siamo persone pragmatiche, puntiamo a risolvere problemi concreti e non a inseguire slogan e ideologie quali fossero muse.

A differenza di Pd, Italia Viva o Movimento 5 Stelle non abbiamo mai avuto paura delle piazze e nessuno di noi si è mai sottratto al dialogo, alla critica e in primis all’ascolto. La vera rivoluzione è questa: “In questo cambiamento d’epoca, l’elemento decisivo è l’esistenza e la generazione di un soggetto “responsabile” che vive… non si arrende e costruisce un bene per sé e per gli altri”. Buon voto, Emilia-Romagna e Calabria!