L’arrivo di Salvini a Bologna ha avuto l’effetto del classico sasso nello stagno o, meglio, nell’acquario, mettendo in agitazione le varie specie che, più o meno assopite, assistevano all’inizio di quella che si preannuncia una campagna elettorale piuttosto calda: da una parte si sono radunate più di 10mila “sardine” pacifiche e festanti, dall’altra qualche migliaio di “pescecani” agguerriti, che non hanno trovato di meglio che scontrarsi, come al solito, con le forze dell’ordine. Su un punto i due “branchi” erano però assolutamente d’accordo: Bologna, come il Piave, non può lasciar passare lo “straniero” Salvini.



A parte questo comune intento, le due piazze esprimevano ed erano originate da due sentimenti diversi: quella degli antagonisti partiva da un sentimento di vero e proprio odio nei confronti dell’invasore leghista; quella delle “sardine” da un sentimento di paura: quella che per la prima volta il “sacro” suolo emiliano, da sempre saldamente in mano ad amministratori comunisti, o loro succedanei, possa cadere in mano ad altri e per di più leghisti.



Leggendo la cronaca dell’avvenimento sui giornali locali, abbiamo l’immagine di una iniziativa assolutamente apolitica, nata spontaneamente dalla società civile, grazie all’idea venuta a Mattia Santori mentre era in motorino, il quale non poteva accettare “di sentir soffiare addosso il vento leghista nella resistente Bologna” ed ha coinvolto qualche amico per dar vita al “flashmob delle sardine”, servendosi dei social e organizzando qualche banchetto.

Sulla apartiticità dell’iniziativa, che sarebbe dimostrata dall’assenza di bandiere in Piazza Maggiore, si può nutrire qualche dubbio, notando che nel profilo Facebook dell’ideatore ci sono solo due personaggi che meritano il suo “mi piace” e si chiamano, casualmente, Bonaccini e Zingaretti, ma questi sono dettagli; però quando si dice che “tra volantinaggi, tam-tam sui social e ritaglio delle sardine distribuite a chi si metteva in fila al loro personalissimo banco del “mercato del pesce” in Piazza Maggiore, l’organizzazione in sei giorni è stata un’impresa vera per i quattro”, forse si dimentica il tam-tam e la mobilitazione messi in piedi ansiosamente da Pd e Leu, una volta conosciuta la simpatica e brillante idea venuta ai quattro giovani.



Una iniziativa pacifica e partecipata, come quella di Piazza Maggiore, è sicuramente un fatto positivo per la democrazia, soprattutto in un periodo di disaffezione alla vita delle istituzioni come l’attuale. Anche l’idea di servirsi dell’immagine delle sardine, notoriamente stipate dentro le scatolette, per evocare la necessità di essere in molti è stata indovinata ed efficace.

C’è, però, sul piano squisitamente politico, da fare un’osservazione, che potrebbe ritornare utile ai giovani che sembra intendano proseguire con i raduni ittici in tutte le piazze in cui parlerà Salvini: non bisogna essere ittiologi di vaglia per sapere che le sardine si muovono in branco per difendersi da predatori che temono. E circola voce che in terra emiliana di questi tempi la sinistra di paura ne abbia tanta, ma in politica dimostrarsi timorosi dell’avversario è sempre controproducente.