La sinistra fiorentina si sta balcanizzando in una specie di tutti contro tutti, alla spasmodica ricerca dell’ultimo voto. Per timore di perdere la roccaforte toscana tutti gli attori possibili si stanno lanciando nell’agone per allargare al massimo l’offerta elettorale. Il “laboratorio nero”, più volte evocato per scongiurare la possibile sconfitta elettorale del Pd e dei suoi cespugli, evidentemente fa paura alle élites progressiste fiorentine. Ci ha provato anche il presidente dell’Anpi di Bagno a Ripoli Luigi Remaschi, organizzando con Asso Palestina, un evento per accomunare la Shoah con la guerra di Gaza. Un evento temerario, che mescolava antiamericanismo e antisemitismo per attirare briciole di consenso. Per fortuna la concessione della sala è stata revocata e l’evento è saltato. Ma ha raggiunto il suo obiettivo, infatti la notizia ha avuto comunque molto risalto sulla stampa fiorentina.
Con lo stesso intento ha risposto alla chiamata alle armi della campagna elettorale anche Tomaso Montanari, rettore dell’Università per stranieri di Siena, storico dell’arte che deve la sua notorietà, in tutti i circoli dem, al suo incessante attivismo contro Berlusconi e Renzi. Il nostro però non si espone direttamente. Mesi fa, infatti, si era avvicinato a Giuseppe Conte e si era proposto come fulcro di un’alleanza larga a sinistra cercando la benedizione di Elly Schlein. Benedizione non pervenuta. A quel punto Montanari, dimezzato ma non domo, fonda l’Associazione 11 Agosto, data della liberazione di Firenze dal nazifascismo nel 1944.
Il rettore non si candida a sindaco. Non è matto, temendo un flop di consenso, e per tenersi le mani libere per successive alleanze vuole fare il capolista. Cerca una lista civica contro Sara Funaro del Pd alle amministrative e pone come unico paletto quello di non collaborare con i renziani. Nel momento in cui Pd e Italia Viva si riavvicinano rafforzando le posizioni dei progressisti a Firenze, ed in previsione anche in Toscana, Montanari scommette sul ballottaggio. Finge di non volersi sottomettere al Pd. Tenta di pescare voti a sinistra per riportare il cadavere dei 5 Stelle, senza simbolo, a Palazzo Vecchio, senza neanche nominarlo. In perfetto stile grillino, furbescamente, spera di mettere all’asta il residuo consenso di cui ancora gode lo sgangherato movimento di Conte. Spera di trovare un patrono gradito al Pd, presunto egemone, per gestire Firenze da vincitore.
La trovata ideologica alla base del progetto di Montanari è che dopo ottant’anni dalla liberazione antifascista di Firenze, l’11 agosto 1944, il pericolo fascista persiste ancora. La fascio-ansia di Montanari è tale che dice di voler creare un movimento per liberare Firenze dai fascisti. Un po’ come il loggionista che ha inneggiato all’Italia antifascista.
Ma a questo punto ci dobbiamo chiedere chi sono e dove si annidano i fascisti evocati dal resistente rettore. Non certo nella destra fiorentina, che non ha mai governato sulle sponde dell’Arno. Forse nelle giunte progressiste che hanno amministrato Firenze dalla Liberazione. Magari tra renziani che la amministrano attualmente. Perché la lotta al fascismo di Montanari è un po’ come la guerra al terrorismo narrata dagli americani. Il fascismo, come il terrorismo, non è una persona o un’organizzazione, è un’ideologia, si presta ad una narrazione buona per ogni occasione. Per contrastarlo possiamo fare guerra a chi ci pare, quando ci pare; come ci pare. Come la caccia alle streghe.
Resta il fatto che ad impegnarsi personalmente per l’improbabile progetto di Montanari dovrà essere qualcun altro: il professore è fascio-ansioso, ma non stupido.
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