Nessuna sorpresa alle elezioni di Hong Kong. Come ampiamente previsto nelle scorse settimane, hanno vinto i candidati vicini al regime cinese. Dopo mesi di proteste e di arresti tra i membri dell’opposizione, il voto era dedicato esclusivamente ai “patrioti”, ovvero alle persone fedeli al Partito comunista di Pechino.



Le elezioni di Hong Kong sono state boicottate dall’opposizione democratica e dalla popolazione, come testimoniato dall’affluenza flop: appena il 30,2%, il risultato più basso della storia del Paese asiatico. Ricordiamo che le elezioni riguardavano il Consiglio legislativo, ovvero il parlamento locale: tutti e venti i seggi “in palio” sono finiti nelle mani dei candidati vicini alla Cina.



Elezioni Hong Kong: vincono candidati pro-Cina

Tra proteste e dure repressioni, Hong Kong è finita nel mirino degli Stati Uniti e degli alleati. Mentre i candidati pro-Cina festeggiavano per la vittoria alle elezioni per il rinnovo del Consiglio legislativo, le potenze internazionali hanno espresso grave preoccupazione per le nuove regole elettorali. Usa, Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda hanno espresso «grave preoccupazione per l’erosione degli elementi democratici del sistema elettorale», provvedimenti che «minano i diritti, le libertà e l’alto grado di autonomia di Hong Kong». Intervenuto ai microfoni di Repubblica, l’attivista Ray Wong, anziché di elezioni, ha parlato di «selezioni dall’alto»: «Dietro le sbarre ci sono 47 persone: i candidati che la gente avrebbe voluto votare. La Cina è diventata uno dei Paesi più malvagi al mondo. L’Occidente dovrebbe rendersene conto e ridurre la sua dipendenza dal mercato di Pechino».

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