Questa è la cronaca di una vittoria annunciata che potrebbe riassumere i risultati di questo primo turno delle elezioni territoriali in Francia (regionali e dipartimentali). Con oltre il 66% di astensioni, la vittoria del “più grande partito di Francia”, come gli osservatori politici chiamano l’astensione da diversi anni, non è stata una sorpresa.



Nessuna sorpresa anche per il confermato fallimento del partito di maggioranza presidenziale, La République en marche (Lrem). D’altra parte, mentre i sondaggi annunciavano un’importante progressione del Rassemblement National (Rn) di Marine Le Pen, il partito ha registrato un chiaro calo.

L’astensione nel caso particolare di queste elezioni si spiega con il fatto che la République en Marche non teneva alcuna regione: non è stato espresso quel “voto di sanzione” che avrebbe potuto motivare un gran numero di elettori. Più in generale, i sondaggi delle ultime settimane hanno rivelato una mancanza di fiducia dei francesi nei confronti di politici che considerano obsoleti. L’insicurezza è la principale preoccupazione dei francesi in questo periodo. Essendo la lotta all’insicurezza una questione di politica nazionale, i cittadini in queste elezioni locali non hanno ritenuto utile recarsi alle urne.



I grandi vincitori di queste elezioni sono i partiti tradizionali di destra e di sinistra: I Repubblicani (di destra) con il 28,4% e il Partito socialista con il 15,8% (prime stime alle elezioni regionali). Tra i vincitori, il presidente uscente dell’Ile de France Valérie Pécresse (di destra) e Xavier Bertrand, il presidente uscente di Hauts de France (di destra), sono due forti concorrenti di Emmanuel Macron alle prossime elezioni presidenziali.

I grandi perdenti invece sono il Rassemblement National di Marine Le Pen e la République en Marche della maggioranza presidenziale. Il Rn smentisce i sondaggi che lo vedevano protagonista in più di 5 regioni. Molto probabilmente non ne otterrà nessuna e nemmeno al secondo turno la regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Il partito scompare da queste elezioni e segna quindi un netto declino rispetto alle precedenti elezioni del 2015 e soprattutto in previsione delle scadenze nazionali del 2022.



Secondo perdente, La République en Marche, guidata da Emmanuel Macron, molto coinvolto in queste elezioni. I ministri che ha inviato in missione per sbaragliare i suoi più pericolosi concorrenti per le future elezioni presidenziali (Xavier Bertrand e Valérie Pécresse) non superano il 10%. Questi risultati confermano che la République en Marche non è riuscito ad affermarsi nel territorio. Il movimento giovane e dinamico che ha permesso a Macron di vincere nel 2017 non esiste più. Il presidente ora è solo e isolato.

Il 30% dei francesi che hanno votato non ha plebiscitato né Emmanuel Macron né Marine Le Pen, teoricamente i favoriti delle prossime elezioni presidenziali dell’anno prossimo. Mentre la società francese assiste a un aumento della violenza, a un’esacerbazione delle disuguaglianze in un contesto economico duramente colpito e prova un’insicurezza culturale legata a una strumentalizzazione degli estremismi identitari, i francesi sembravano, negli ultimi sondaggi, voler ribaltare il tavolo con scelte politiche radicali. Ancora una volta hanno vanificato le previsioni e si sono posizionati dove non erano attesi, scegliendo i due movimenti tradizionali considerati fino a poco tempo fa moribondi. Il futuro dirà se questa scelta ha espresso le aspettative di un voto al livello locale o se si trasformerà in un trend nazionale.

Se l’astensione è il grande vincitore di queste elezioni, la democrazia è probabilmente la prima sconfitta. Quando i cittadini non esprimono più le loro aspettative e la loro rabbia (il movimento dei gilet gialli è ormai addormentato dalla crisi Covid ma non è affatto scomparso) alle urne, esprimono chiaramente la loro sfiducia nei confronti dei loro politici e quindi del futuro. Le strategie e le tattiche delle alleanze che già si stanno delineando in previsione del ballottaggio di domenica prossima definiranno il nuovo panorama politico in cui si svolgerà la campagna presidenziale.

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