Domenica si sono tenute le elezioni per la Camera Bassa del Parlamento della Repubblica del Kazakhstan. O meglio si sono concluse le operazioni di voto, perché era possibile votare anche a distanza. Le elezioni parlamentari seguono quelle presidenziali anticipate dell’anno scorso. Fu eletto per la cronaca Zhomart Tokayev, successore del primo presidente del Kazakistan indipendente, Nursultan Nazarbayev, leader assoluto del Paese fino a un recentissimo passato.
Nazarbayev, accusato da tempo di autoritarismo, era stato considerato come uno degli amici più stretti di Gorbaciov durante la perestroika. Celebrato all’inizio da molti come protagonista di una specie di rinnovamento democratico dopo l’Unione Sovietica (dove per altro aveva ricoperto per anni il ruolo di primo segretario del Partito comunista), negli ultimi tempi aveva attirato molte critiche per un modo di governare che non aveva lasciato spazio all’opposizione.
Nei primi anni del suo regno era stato lodato per il suo ruolo di normalizzatore che garantiva la pace sociale in un Paese segnato da un incredibile multietnicismo, creato soprattutto dalle deportazioni di Stalin, proprio in gran parte nel Kazakistan. Aveva rinunciato, sotto controllo internazionale, agli esperimenti e alle armi nucleari. Aveva sospeso la pena di morte, largamente inflitta nel Paese e, soprattutto, aveva favorito gli investimenti stranieri in un Paese ricchissimo di risorse, ma scarsissimo dei capitali necessari per sfruttarle.
Non a caso erano piovute su di lui onorificenze da tutto il mondo, a cominciare dall’Italia, quando il 4 maggio 1997 il presidente Scalfaro, in visita ufficiale accompagnato dall’allora sottosegretario agli Esteri Fassino, gli aveva conferito il titolo di “Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana”. Scusate se è poco! Ero presente, insieme ai dirigenti dell’Eni compiaciuti di aver avuto la guida dello sfruttamento petrolifero.
È stato, naturalmente, grande amico di Berlusconi, ma anche di Prodi, se è vero che proprio Prodi fu invitato tra gli ospiti d’onore come rappresentante dell’Italia in occasione del suo settantesimo compleanno, quando il primo ministro era proprio Berlusconi. Ricordo che la cosa creò un certo imbarazzo nell’ambiente diplomatico e nello stesso Bocelli a cui fu affidato il ruolo di guest star nello spettacolo organizzato in quell’occasione.
Ora c’è Tokayev, ex ministro degli Esteri, che si è formato in Cina, e con la Cina, qualche anno fa, ha trovato un accordo per la definizione dei confini che fino ad allora erano rimasti un po’ “indefiniti”.
Il 14 settembre dell’anno scorso il leader cinese, come abbiamo già scritto, in visita alla capitale Astana ha assicurato la protezione della Cina nei confronti di ogni eventuale pretesa di qualcuno di qualche parte del territorio nazionale. Cioè se fino a ora la Russia ha “protetto” il Kazakistan dalla Cina, ora le parti si sono invertite. Il fatto è che dal 2002 il Kazakhstan fa parte del Csto e nella questione della guerra in Ucraina non solo ha rifiutato di parteciparvi, non ritenendola una guerra difensiva, ma ora sta “ospitando” centinaia di migliaia di giovani russi in fuga dalla mobilitazione militare.
Ora veniamo ai risultati delle elezioni, con qualche osservazione sui partiti che si sono presentati. Tenete conto che destra o sinistra in questo caso, forse ormai anche da noi, sono puramente indicative. Molto si vedrà dalla posizione che gli eletti prenderanno anche sulla politica estera.
Si è votato con un nuovo sistema che prevedeva un 70% di seggi attribuiti col sistema proporzionale ai partiti e un 30% ad eletti in collegi uninominali dove a volte i candidati si presentavano come indipendenti. Era poi possibile, anche questa volta come in occasione delle elezioni presidenziali, votare “contro tutti” (altra novità è che lo sbarramento per entrare in Parlamento è sceso dal 7% al 5%, per favorire più rappresentatività).
Per quanto riguarda i voti dati ai partiti: la maggioranza dei consensi 53,9% è andata al partito del presidente denominato “Amanat”, erede del partito “Nur Otan” del vecchio presidente. Si tenga conto che Tokayev alle elezioni presidenziali aveva ottenuto l’83% dei voti. Il partito si presenta come protettore della pace sociale inter-etnica e interreligiosa. Del resto la costituzione proibisce che si costituiscano partiti su base etnica o religiosa. Amanat è secolarista e fortemente autoritaria, una specie di Dc laica, da sempre abituata a governare.
Il partito “Akh zhol” (traducibile come Via Sacra, senza alcun riferimento imperiale romano) ha ottenuto l’8,4% dei voti. Per anni col Partito comunista è stato il poco significativo unico concorrente di “Nur Otan”. Alle elezioni parlamentari del 2021 Akh zhol aveva ottenuto 12 seggi su 98. Il partito è di orientamento “liberal”.
Il “Partito patriottico nazional-democratico Auyl” (che significa in kazako villaggio dei nomadi) ha ottenuto il 10,9% dei voti. Rappresenta in modo corporativo gli interessi del mondo agrario, che nel Paese ha una grande importanza soprattutto in una prospettiva che voglia creare un’alternativa al mondo del petrolio e dell’industria pesante.
Il “Partito popolare del Kazakhstan”, che fino al 2004 si chiamava ed era il Partito comunista, esplicito rappresentante della società sovietica, ha ottenuto il 6,8% dei voti. Il Partito “Baitak” (letteralmente “senza confini”), partito che si vorrebbe riallacciare alla corrente europea dei verdi, ha ottenuto solo il 2,30% dei voti, e così non potrà entrare in Parlamento.
Il Partito “Repubblica”, difficile da collocare secondo i nostri schemi, che vorrebbe rappresentare gli scontenti che comunque vorrebbero impegnarsi nella cosa pubblica, ha ottenuto l’8,59% dei voti. Infine, come già accennato, il non-partito dei “contro tutti” ha ottenuto il 3,9% dei voti, non entrerà in Parlamento, ma questi neppure ci volevano entrare.
Come si può vedere, a partire dal forte ridimensionamento del Partito da sempre al potere, ci sono segni di un grosso movimento nel campo politico. Staremo a vedere l’evoluzione della situazione, anche se permane la questione di una mancanza di radici ideali nell’impegno politico, che così rischia di essere fortemente condizionato da interessi economici e regionali.
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