Il 20 ottobre i cittadini della Moldova (o Moldavia) sono chiamati alle urne per una doppia consultazione di straordinaria rilevanza: le elezioni presidenziali, che rappresentano il quinto scrutinio presidenziale dalla dichiarazione di indipendenza, e un referendum costituzionale, che potrebbe sancire l’adesione del Paese all’Unione Europea come obiettivo strategico. Sebbene si svolgano contemporaneamente, i due scrutini sono distinti e gli elettori non sono obbligati ad esprimere il proprio voto in entrambi.



Il referendum sarà considerato valido se parteciperà almeno un terzo degli elettori registrati. Secondo i dati della Commissione elettorale centrale, in Moldova sono registrati poco più di 3,3 milioni di elettori, il che implica che circa 1,1 milioni di elettori devono votare per validare il referendum. Per approvare le modifiche alla Costituzione, è necessario che almeno la metà dei votanti si esprima a favore.
Sulla scheda del referendum ci sarà una sola domanda: “Sostenete la modifica della Costituzione per l’adesione della Repubblica Moldova all’Unione Europea?”, con due opzioni di voto: “Sì” e “No”.



Se il “Sì” dovesse prevalere, il governo moldavo riceverebbe un significativo consenso popolare per proseguire i negoziati con Bruxelles, accelerando il processo di adesione già avviato con lo status di candidato, mirando all’adesione entro il 2030. Gli emendamenti non riguardano l’articolo 142 della Costituzione, che regola le condizioni per la modifica di altre disposizioni costituzionali, comprese quelle sulla sovranità e sulla neutralità. Per la prima volta, le schede elettorali saranno disponibili in romeno e in cinque lingue delle minoranze etniche: russo, ucraino, gagauzo, bulgaro e rom.



In assenza di una strategia di integrazione chiara, la Moldova potrebbe vedere diminuito il sostegno dell’Unione Europea, creando una percezione di indecisione tra i cittadini e i partner internazionali. Inoltre, ci sarebbe il rischio di una prolungata stagnazione politica, con un intensificarsi del conflitto tra forze pro-europee e pro-russe, aumentando la divisione nella società e rafforzando il discorso euroscettico. Qualora il referendum dovesse fallire, la Costituzione rimarrebbe invariata e, anche se il processo di integrazione europea potrebbe rallentare, non sarebbe necessariamente compromesso; tuttavia, costituirebbe comunque una perdita di immagine per la presidente Maia Sandu.

Attualmente, il fronte pro-europeo sembra avviato verso una vittoria, con i sondaggi che indicano che circa il 53% dei cittadini è favorevole al cambiamento costituzionale. Peraltro, la diaspora moldava, che rappresenta circa un terzo dell’elettorato, ha una notevole capacità di influenzare i risultati delle elezioni e potrebbe bilanciare eventuali successi dell’opposizione nel persuadere gli elettori a votare contro o a boicottare il referendum. Nelle elezioni presidenziali del 2020, i cittadini moldavi all’estero hanno espresso un forte sostegno per Maia Sandu, votando a favore con una percentuale del 93%, il che li rende propensi a sostenere anche il referendum.

D’altra parte, il 25% della popolazione, in particolare le minoranze etniche come la popolazione gagauza, si oppone all’adesione all’Unione Europea. Queste comunità hanno vissuto un processo di denazionalizzazione che si è intensificato con l’indipendenza della Repubblica Moldava, benché queste stesse minoranze potrebbero trarre vantaggio dall’adesione all’Unione Europea, poiché garantirebbe il rispetto di politiche legislative e di diritti delle minoranze, oltre a promuovere pratiche comuni per salvaguardare la loro identità.

Gli analisti dell’American Institute for the Study of War hanno evidenziato che le forze di opposizione filo-Cremlino in Moldova appaiono intenzionate a boicottare il referendum. Il Servizio di sicurezza e intelligence moldavo (SIS) ha rivelato che la Russia ha investito circa 100 milioni di euro per sabotare il processo elettorale, ed è stato scoperto un ampio schema di frode elettorale finanziato dall’oligarca latitante Ilan Shor, con i filo-russi che hanno trasferito 15 milioni di dollari a 130mila cittadini solo nel mese di settembre. Anche il presidente del think tank WatchDog.MD, Valeriu Pasha, ha dichiarato che la corruzione elettorale ha raggiunto un livello senza precedenti nella storia del Paese.

Il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che condanna fermamente i tentativi di ingerenza e le operazioni ibride dirette contro la Moldova. In aggiunta, la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha visitato Chișinău il 10 ottobre, dove ha presentato un piano di crescita e riforme del valore di 1,8 miliardi di euro, destinato al periodo 2025-2027.

Ci sono state altresì preoccupazioni non tanto riguardo al referendum stesso, quanto al sostegno per la modifica della Costituzione, temendo che ciò possa creare un precedente. Tuttavia, Maia Sandu e il suo partito sostengono che il referendum sia necessario per limitare la possibilità che futuri governi possano compromettere il percorso intrapreso. I risultati del referendum determineranno se la Moldova rimarrà in una condizione di incertezza o se potrà consolidare il suo cammino verso l’adesione all’Unione Europea, dopo oltre tre decenni di oscillazioni geopolitiche.

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