Per il vecchio cronista le elezioni regionali della Sardegna sono uno spasso senza sosta, da qualsiasi lato le si osservi: Solinas – fattosi leghista – è riuscito a fare il governatore scontentando praticamente tutti, unico governatore uscente licenziato dalla sua maggioranza, compresa la Lega che ha abbozzato una difesa di ufficio ma poi ha fatto rotolare senza pietà la testa del suo presidente; Soru è tornato in campo senza alleati, è divenuto la bestia nera dei suoi vecchi compagni democratici, che addirittura hanno candidato la figlia, aizzandola contro il padre con tanto di dichiarazioni e smentite che manco Jean e Marine Le Pen; e poi tutto un sottobosco di consiglieri che passano da un gruppo all’altro, senza giustificazioni, senza nemmeno un comunicato stampa, una spiegazione, niente.



Ma lo spasso più grande lo danno, come sempre, i democristiani: la lite tra Rotondi e Cuffaro è meglio di uno show di Grillo (a proposito: non ci va più nessuno, Beppe è disperato). Rotondi e Cuffaro lo superano, ça va sans dire: Rotondi si presenta col suo simbolo, ma quando vede che rischia di essere buttato fuori assieme a Cuffaro – simul stabunt simul cadent –  cambia sfondi, motto e parole, e si presenta con una balena bianca tipo Jacovitti sormontata nientemeno che dal suo cognome. La balena bianca con Rotondi, meglio dei marxisti per Tabacci.



Non da meno Cuffaro: escluso come Rotondi, invece di cambiare il simbolo fa ricorso al Tar, lo vince, si fa riammettere ma nel frattempo scopre che i suoi candidati sono scappati a farsi candidare dall’Udc di Cesa, e dunque non presenta la lista.

Come si consola Totò? Denunciando Rotondi ad Avellino, dove ha sede la sua Dc con la Balena, e cosa chiede Cuffaro al malcapitato giudice avellinese? Di voler asseverare che la Dc del senatore Salvatore Cuffaro è la continuità giuridica della Dc del ’43.

Si pensi alle conseguenze di una decisione a suo favore: a Cuffaro andrebbe il nome che Rotondi grida a distesa essere suo, il simbolo a cui si aggrappa Cesa, e – udite udite – immobili di proprietà della Dc ancora in pancia alle società ex Ppi e oggi adibiti a sedi del Partito democratico. Come a dire: Rotondi e Cuffaro litigano, e la Schlein finisce sfrattata in mezza Italia.



In verità nella citazione Cuffaro dice che non è interessato agli immobili. Ma va da sé che è quello – per tutti – il tema: lo scudo crociato varrà pure pochi decimali di consenso elettorale, ma trascina con sé decine di milioni di euro in forma di mattone, che non andrà di moda come una volta, ma ai partiti fa sempre comodo.

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