Il 17 dicembre si sono tenute le elezioni parlamentari e locali in Serbia che hanno visto il 47% dei voti a favore del Partito del progresso serbo di Aleksandar Vučić. Elezioni, tuttavia, che secondo l’opposizione sono state manipolate dallo stesso presidente. Per ottenere la necessaria e dovuta verità, la leader dell’opposizione Marinika Tepić ha avviato uno sciopero della fame, del quale ha parlato sulle pagine del Frankfurter Allgemeine Zeitung.



Candidamente ammette che lo scopo del suo sciopero è far “ammettere il furto di voti alle elezioni in Serbia e a Belgrado”. Furto che venne denunciato anche prima delle effettive elezioni, ma che fu ignorato, o messo a tacere, e che è stato organizzato, spiega Tepić, “da Aleksandar Vučić, sostenuto da parte della polizia“. Secondo la leader dell’opposizione, infatti, il presidente eletto quando “si è reso conto che i cittadini non lo volevano più, ha deciso di cambiarli”. La modalità dei brogli nelle elezioni in Serbia, spiega, è stata piuttosto semplice, perché al presidente, appoggiato dalla polizia, è bastato “rilasciare carte d’identità a persone che vivono all’esterno e che in alcuni casi non sono mai state a Belgrado”.



Tepić: “L’Ue non può riconoscere la validità delle elezioni in Serbia”

Complessivamente, i brogli nelle elezioni in Serbia secondo l’accusa di Tepić riguarderebbero almeno 40mila voti, tra i quali quello se non altro sospetto dal “ministro degli Interni della Bosnia-Erzegovina”. Oltre a questi 40mila “elettori fantasma” ai quali è stata rilasciata la cittadinanza serba, però, “ci sono stati anche casi di pressioni ai dipendenti pubblici, schede elettorali precompilate, versamenti di denaro e persone che votavano in più seggi”.



Insomma, secondo l’opposizione le elezioni in Serbia sono state completamente manipolate dal presidente eletto Aleksandar Vučić, colpevole anche di aver “manipolato i media” nei giorni precedenti al voto. Con il suo sciopero della fame, Tepić auspica che “l’Unione Europea dichiari chiaramente che Vučić Non solo quelle locali, ma anche quelle parlamentari” e la speranza è che “sia il Parlamento europeo, che la Commissione prendano una posizione chiara sulle elezioni in Serbia, che non sono state né eque, né democratiche. Ci aspettiamo”, conclude promettendo di scioperare “finché sarà necessario”, “che i risultati delle elezioni non vengano riconosciuti”.