La Serbia al voto anticipato. Il 17 dicembre il Paese sarà chiamato alle urne per decisione del presidente Aleksandar Vucic, del Partito progressista serbo, in una consultazione che, se le cose andranno come sembra, dovrebbe riconfermare l’attuale leader alla guida delle istituzioni, riproponendo tutte le contraddizioni della sua gestione. Parla con l’Unione Europea, l’adesione alla quale però rimane sempre lontana, ma mantiene stretti rapporti con la Russia. Glissa sul Kosovo, del quale molto probabilmente dovrà accettare in qualche modo l’autonomia nonostante le forti resistenze interne, e sulla sua autonomia ma si accaparra i favori della gente aumentando le pensioni proprio in campagna elettorale e promettendo la diminuzione dei prezzi dei generi di prima necessità.
Il suo potere, spiega Azra Nuhefendic, giornalista e scrittrice bosniaca che collabora con il quotidiano di Trieste Il Piccolo, si fonda sulle televisioni, grazie alle quali ogni giorno si rivolge alla gente con lunghi discorsi. Nonostante questa estate la popolazione avesse protestato a più riprese, soprattutto in seguito alle violenze che avevano interessato anche delle scuole, l’opposizione non riesce a compattarsi. E per Vucic la prospettiva più probabile è quella di una nuova vittoria.
Come mai il presidente serbo ha deciso di anticipare il voto previsto per il 2026? Ha veramente assecondato, come dice, le richieste dell’opposizione di recarsi alle urne?
Quelle indette da Vucic sono le decime elezioni anticipate da quando nel 1990 ci sono state le prime votazioni democratiche. Lui dice di aver esaudito le richieste delle opposizioni, ma è solo una delle sue tante bugie. Ha capito che in questo momento per lui è più alta la probabilità di affermarsi: sta sfruttando i sondaggi e anche il fatto che l’opposizione non riesce a presentarsi come un’unica forza. I suoi oppositori volevano votare in aprile, non così presto. Alle urne invece si va prima, così per loro sarà più difficile organizzarsi.
Come mai ci sono queste divisioni nell’opposizione?
Nella minoranza attuale possiamo distinguere l’opposizione dei cittadini, una opposizione che in Italia definirebbero di centro, e quella di destra, che si mobilita soprattutto sulla questione del Kosovo. Vucic però riesce a tenere sotto controllo la situazione grazie anche ai mass media: ogni giorno tiene lunghi discorsi in tv private come Pink, che sono sotto il controllo del suo partito. Parla per due ore come se fosse Kim Jong-un in Corea del Nord. Anche quando viene intervistato dalla tv pubblica elude le domande scomode e dice solo quello che vuole. Lo spazio che ottiene in televisione, rispetto a quello dedicato alle opposizioni, è in un rapporto di 10 a 1. Nei mesi scorsi, quando l’opinione pubblica si è schierata dopo i casi di ragazzi uccisi nelle scuole, l’opposizione ha protestato contro la violenza e contro l’uso delle tv, ma non è riuscita a capitalizzare questo sforzo.
Come si sta svolgendo la campagna elettorale?
È una campagna sporca: una delle prime mosse di Vucic è stata quella di aumentare le pensioni. I pensionati, infatti, hanno un grande peso nel corpo elettorale. Si tratta di un aumento simbolico, 50 euro, ma funziona. In un filmato si è fatto riprendere con i suoi su una terrazza mentre mangia del salame, peraltro non di grande qualità, promettendo che ne avrebbe diminuito il prezzo.
Il Kosovo e la sua autonomia restano un argomento importante nel dibattito politico?
Vucic ha messo da parte questo tema, uno dei protagonisti dei fatti di Banjska di settembre, in cui ci furono dei morti, era di fatto un suo collaboratore. Sul Kosovo come parte della Serbia insistono invece la destra e la Chiesa ortodossa, che lo rivendicano come territorio serbo.
C’è poi la questione delle dimissioni del capo dell’intelligence serba Aleksandar Vulin, che sarebbero state rassegnate dopo le pressioni di Stati Uniti e Ue per il fatto che è apertamente filorusso. Quanto incidono sul voto?
Le dimissioni sono un piccolo favore fatto all’Unione Europea. Vulin si è esposto così tanto nei rapporti con Mosca che non si poteva fare altrimenti. Ma è tutto un gioco. La Ue conosce la situazione e tollera l’amicizia di Vucic e della Serbia con Putin e con i Paesi che non sono schierati con l’Europa. A Vulin non succederà niente: Vucic cambia in continuazione i suoi ministri. La premier serba Ana Brnabic a volte quando deve rispondere alle domande dice: “Vado a chiedere al mio capo”. I ministri fanno quello che dice Vucic. In tutti questi anni il presidente è restato vicino alla Russia. Anche dopo due anni di guerra in Ucraina non ha cambiato la sua posizione. Tenta di fare quello che Tito ha fatto per decenni, giocare tra i due mondi, Est e Ovest, ma i tempi ora sono cambiati.
I rapporti con l’Ue come sono? C’è la possibilità che la Serbia entri nell’Unione?
Ogni volta che la Serbia fa qualcosa la Ue commenta: “Avete fatto dei progressi”. Ma a 30 anni dalla guerra nella ex Jugoslavia cosa è cambiato? La Croazia ha subito delle accuse dal Tribunale dell’Aja ma è già nell’Unione Europea. È entrata prima della Bosnia. La Ue è in ritardo di decenni, promette che la Serbia farà parte dell’Unione ma basta che a Bruxelles si cambi il governo europeo e tutto si ferma. La gente comune si chiede a cosa serva tutto questo. Vucic, d’altra parte, a dispetto della Ue e dei Paesi che sono pro-Ucraina, sta con la Russia. Non solo, ci manda i suoi emissari.
Le elezioni, insomma, non cambieranno niente?
La gente era arrabbiatissima in Serbia, in estate si svolgevano proteste ogni venerdì. Ma purtroppo dimentica oggi quello che è successo ieri. Anche perché le opposizioni non riescono a compattarsi.
(Paolo Rossetti)
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