Giornate convulse per alleanze elettorali, simboli, collegi da assegnare e per tutti i partiti – comunque la si giri – la situazione è difficile anche perché la riduzione a 600 parlamentari lascerà al palo buona parte degli uscenti.
Fioriscono i sondaggi: sulla carta ci sarebbero addirittura 17 punti di distacco tra la coalizione del centrodestra (Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e cespugli) ed il Pd che – pur “arruolando” altre formazioni politicamente vicine – sarebbe quasi ovunque sconfitto nei collegi uninominali (148 alla Camera e 74 al Senato) che in teoria dovrebbero ancora fare la differenza sul risultato finale nel complicato sistema del “Rosatellum”.
Ma mancano ancora 60 giorni alle elezioni; un conto sono i sondaggi e un conto poi i voti effettivi, anche perché oltre un terzo degli intervistati (ammesso che dicano la verità quando vengono intervistati) poi non vanno effettivamente a votare. C’è insomma incertezza, soprattutto perché non è ancora chiaro lo schema delle alleanze, se vi sarà o meno una terza (o quarta) coalizione unendo Azione, Italia viva, +Europa e forse il nuovo gruppo di Di Maio (Ipf). Un’alleanza che potrebbe allearsi con il Pd anche per superare quel 10% di coalizione senza il quale non si accede ai seggi “proporzionali”, a parte lo sbarramento del 3% se si corre da soli.
Un “centro”, insomma, con Renzi leader (ma questo lo chiede lui) e Draghi padre putativo della neo-formazione? Piepoli lo quota tra il 10 e il 15%.
Solo se però questa galassia di sigle si confederasse con il Pd nei collegi uninominali allora la differenza di partenza rispetto al centrodestra sarebbe molto minore (soprattutto nelle regioni “rosse”), a prescindere dal collocarsi del M5s e dell’estrema sinistra che – anche unendosi tra loro come quarta gamba – non avrebbero comunque in teoria speranza di seggi uninominali. Ovviamente se invece la sinistra estrema, M5s, tutto il centro e il Pd trovassero un’intesa complessiva e tutti i gruppi si schierassero uniti contro il centrodestra allora il risultato sarebbe in bilico; un’ipotesi però ad oggi poco probabile.
Ma quale sarebbe il futuro di questa sorta di “alleanza civica di unità nazionale” nel nome di Draghi uniti contro il centrodestra? C’è anche qui una novità: negli ultimi sondaggi effettuati dopo la caduta del governo, Draghi appare in una luce piuttosto anomala rispetto a quanto passa sui media. Secondo alcuni istituti di ricerca la maggioranza degli italiani sarebbe stata in qualche modo stufa del suo governo, mentre per altri (Demopolis) il 54% avrebbe preferito che comunque restasse a Palazzo Chigi. Univoco comunque il trend di un Draghi che resiste come propria immagine personale, calando invece come leader di governo.
Secondo Termometro politico, per esempio, in un’indagine del 22 luglio solo il 10% voterebbe una autonoma “lista Draghi” e (all’opposto di Demopolis) il 54% ritiene sia stata opportuno aver dato le dimissioni, con solo il 31% di apprezzamento ed il resto degli intervistati che – pur non amando molto il leader – teme però per la sua uscita di scena anticipata soprattutto in chiave internazionale. Un po’ come fu per Monti anni fa alla sua uscita dal governo “tecnico” che presiedeva.
Possibile che Conte (crollato per appeal personale in tutti i sondaggi), Salvini e Berlusconi – pur da posizioni opposte – abbiano percepito anche questa stanchezza dell’elettorato verso il premier? Può darsi, certo emerge dai sondaggi un’altra interessante quanto preoccupante sottolineatura: la maggioranza degli italiani sembrerebbe comunque pessimista sul futuro, ritenendo che il prossimo governo non farà meglio di quello di Draghi, tra l’altro tuttora in carica per gli “affari correnti”.
Indipendentemente dalle preferenze per il singolo partito (che si esprimeranno con la “terza scheda” del proporzionale) la questione alleanze è comunque fondamentale per i collegi uninominali che – pur ridotti di numero e quindi spalmati su di un maggior territorio – restano fondamentali per vincere.
Soluzione del rebus comunque entro pochi giorni: tra due settimane tutti i giochi saranno conclusi con il deposito dei simboli e quest’anno niente ferie per la politica.