“Napoli ha bisogno dei suoi figli. Lasciarli andare via perché non ci sono opportunità è un delitto, impoverisce Napoli e l’Italia”. Per questo Catello Maresca ha deciso di candidarsi come sindaco di Napoli. “Sono in pista per amore della mia città, per la terra in cui sono nato, dove vorrei crescessero i miei figli”. In magistratura dal ’99, ha lavorato nella Dda di Napoli e come sostituto procuratore nella procura di Napoli, coordinando con successo molte operazioni anticamorra, una su tutte la cattura del boss Michele Zagaria nel 2011. In questi giorni sta difendendo la propria candidatura civica dall’azione di disturbo di esponenti di centro e di destra che vorrebbero usare il voto di Napoli per contarsi o per prevalere nella coalizione. “Con loro sono aperto sui programmi”, dice Maresca al Sussidiario. Ecco cosa vuol fare di Napoli.
Che cosa l’ha indotta a scendere in campo? La molla decisiva, intendo.
Sono in pista per amore della mia città, per la terra in cui sono nato, dove vorrei crescessero i miei figli. Sono stanco di eccellenti donne ed uomini di questa terra che si realizzano altrove. Sono stanco del solito racconto criminale di Napoli. Sono stanco dei luoghi comuni e degli stereotipi. Sono stanco di assistere inerme al declino inesorabile di una capitale economica e culturale del Mediterraneo. Ho servito il Paese nella giustizia, vorrei poter essere utile anche a far rinascere Napoli.
Lei ha detto e scritto che Napoli “è immobile da 30 anni”. Perché?
Napoli è ferma da trenta e passa anni su discussioni ideologiche inutili, progetti mai realizzati, risorse pubbliche importanti spese male o impiegate peggio in ogni settore.
Ad esempio?
Napoli ha un intero quartiere, Bagnoli, un luogo meraviglioso incastonato tra il golfo di Pozzuoli e quello di Napoli, la collina di Posillipo e l’isola di Nisida, fermo allo smantellamento dell’industria pesante metallurgica, l’ex Italsider. Non si fa nulla da trent’anni.
Continui.
L’intera zona di Napoli est sembra un luogo bombardato nella seconda guerra mondiale, con capannoni chiusi, aree industriali abbandonate, industria petrolifera in fuga. Il centro storico, interamente patrimonio Unesco, un unicum mondiale, è ridotto in condizioni pietose di degrado, abbandono. Eppure ci sono milioni di euro di fondi europei che non siamo stati capaci di spendere. I parchi pubblici sono un monumento allo scempio. Le strade abbandonate. Il servizio rifiuti che è ridotto al lumicino. Potrei andare avanti ancora ma servirebbe solo a dire che Napoli deve rialzarsi.
Se critica troppo Napoli forse si inimica molti elettori.
Non mi inimico nessuno. Napoli ha energie incredibili per risorgere dalle sue ceneri. Da settimane giro per Napoli e colgo solo una profonda, incredibile voglia dei napoletani di cambiare questo racconto di declino. Il popolo napoletano è positivo, ottimista ed ha voglia di fare. Io vorrei poter interpretare questa voglia con progetti concreti per cambiare la direzione di marcia di questa città.
Che suggestioni sta raccogliendo?
I napoletani hanno capito che è arrivato il momento di smettere di credere in quel sistema di partiti, di potere, che da 30-35 anni promettono ma non mantengono. I napoletani vogliono cambiare. E se Napoli riparte, il Sud riparte, l’Italia torna a essere una locomotiva economica e culturale del continente.
Siamo in un momento di crisi profonda, post-pandemia.
A maggior ragione. Abbiamo un’opportunità storica: trasformare una crisi in un’occasione. Il popolo napoletano è resiliente di natura. I napoletani non si sono fatti mai conquistare da nessuno, manco dagli eserciti più sanguinari che l’hanno occupata. Chiunque è arrivato a Napoli in armi, se n’è tornato a casa in pace con la nostra straordinaria cultura millenaria. Siamo una città di amore.
Quali sono le responsabilità precise di chi ha governato la città fino ad ora?
Sono enormi. Il centrosinistra che ha governato Napoli negli ultimi 35 anni non ha mosso un dito mentre questa città perdeva credibilità, scadeva in qualità dei servizi e i suoi servizi pubblici diventavano da quarto mondo. Questo centrosinistra, al quale inspiegabilmente si sono aggiunti i 5 Stelle che dovrebbero essere da tutt’altra parte, ha assistito a questo declino e usato Napoli solo come luogo in cui confinare politici trombati o affidare incarichi nel sottobosco di governo di una città di periferia. Napoli è capitale, non merita questo andazzo.
Lei ha parlato di “corazzata della sinistra di potere”. Perché non ha accettato un’esplicita investitura da destra, e insiste a darsi un profilo civico? Non ritiene che questo la penalizzi?
Guardi, il centrosinistra è un mercato politico presidiatissimo. Lì si fa carriera. Lì il “potere” è sostantivo, non è verbo. Manfredi è il vessillo di questo rassemblement di potere che mira a bloccare Napoli per altri anni. Occorreva dare un contentino al ministro che ha retto un dicastero per 16 mesi quando il Covid ha paralizzato il Paese. E Napoli è stata scelta per celebrare un matrimonio contro natura tra centrosinistra e 5 Stelle.
Adesso però il suo problema, politicamente parlando, è a destra.
Io sono un candidato civico che può incontrare il consenso del centrodestra se questo schieramento vuole cambiare con me il racconto di Napoli. Con loro sono aperto sui programmi. Per me il programma, il Progetto Napoli, è il cemento ideale su cui chiunque è invitato a scrivere una nuova storia di questa città straordinaria.
Come intende affrontare il problema dei debiti del comune?
Il comune di Napoli ha un debito storico importante che deve pagare perché i debiti si onorano. E su questo versante lo Stato aiuterà Napoli come ha già fatto e farà con altri comuni. Napoli è la terza città d’Italia, inutile dire che ci si aspetta un’attenzione commisurata all’importanza. I debiti del comune, poi, sono verso imprenditori, artigiani e professionisti che hanno lavorato e devono essere pagati. L’insolvenza del comune rischia di far fallire o ha già fatto fallire aziende piccole o grandi.
Fatta questa premessa?
Il comune ha un problema serio di fabbisogno annuale che deve risolvere. Napoli ha una capacità di esazione di imposte e tributi che ogni anno porta l’ente a spendere anche 300 milioni di euro in più rispetto a quelli che incassa. Questo significa che Napoli deve incassare di più per poter spendere i soldi che ha e far funzionare meglio la città. Se noi facciamo questo, guadagniamo in serietà e considerazione, e nessuno potrà mai dire che lo Stato ci aiuta ma a Napoli scialano e sperperano.
Qual è su questo punto la sua critica a Manfredi?
Manfredi pensa a far fallire Napoli e poi dice che vengono gli uomini della Provvidenza da Roma a sistemare tutto.
Chi sono gli uomini della Provvidenza?
I firmatari del patto per Napoli: Conte, Speranza e Letta. Ora, senza offesa, ma chi sono e a che titolo possono impegnarsi a risolvere i problemi di finanza locale di Napoli? Quel patto per Napoli che hanno firmato è l’ennesimo pacco per Napoli che serve solo a calare da Roma un candidato che dovrà mantenere Napoli sempre in condizione di subordinazione.
La spesa per il reddito di cittadinanza a Napoli (102,2 milioni, dati Inps di aprile) si avvicina a quella di tutto il Nord (109,7 mln). Cosa pensa di quella misura e di questi numeri?
Sono il segnale di una sofferenza enorme in cui si dibatte Napoli e il Sud. La questione poi dell’utilità del reddito di cittadinanza è chiara a molti. Aiutare chi non può mangiare è un dovere, ma il reddito di cittadinanza è mezza riforma. Chi ha voluto questa misura ha scritto e detto che avrebbe riformato il mercato del lavoro, avrebbe ristrutturato i centri per l’impiego e avrebbe avvicinato mondo del lavoro e mondo dell’impresa. Ebbene quelli che candidano Manfredi a Napoli sono gli stessi che hanno dimenticato quello che scrivono nelle leggi. Va bene l’assistenza, ma poi il lavoro?
Cosa risponde?
Il lavoro è importante quanto e più del reddito di cittadinanza. Il lavoro non è solo retribuzione. Il lavoro è dignità per donne e uomini che vogliono realizzare i loro sogni, mettere su famiglia, vivere una vita normale.
La mobilità è in condizioni disastrose. L’Anm è in una fase delicatissima di ristrutturazione aziendale, con debiti enormi e e mezzi inadeguati. Galleria Vittoria è chiusa da mesi, ci sono voragini in corso Garibaldi, via Falcone, via Tribunali. Cosa intende fare?
Non mi piacciono promesse mirabolanti. La domanda presuppone una risposta molto articolata, quello che le posso dire adesso è che la questione della mobilità e del decoro urbano sono cruciali nel mio programma quanto la sicurezza e il lavoro. Questi temi sono essenziali per alzare il livello della qualità della vita in una città che è fanalino di coda in qualunque classifica. Sulla questione trasporto pubblico credo sarà cruciale l’aiuto del Governo centrale e l’aiuto essenziale della Regione Campania. Anche da questa cooperazione nascerà una nuova Napoli.
L’emarginazione e il degrado in quartieri come Ponticelli, Scampia, Mercato e San Giovanni a Teduccio hanno raggiunto livelli allarmanti. Qui tanti giovanissimi hanno abbandonato la scuola e la ricerca di un lavoro onesto. Che cosa intende fare per loro?
Nessuno nasce delinquente e nessun sceglie dove nascere. Napoli sarà una città competitiva e attraente sotto ogni profilo quando smetterà di avere periferie dell’esistenza umana oltre che periferie geografiche. Io non riesco a immaginare Napoli senza Scampia, San Giovanni a Teduccio, Pianura o anche altri quartieri difficili come Sanità o Forcella che sono nel cuore del centro antico. Però questi giovani hanno necessità di istruzione, formazione e lavoro. Non devono più emigrare, devono sognare di realizzarsi a Napoli. O anche altrove, ma dev’essere una loro scelta.
Su questo punto qual è la differenza tra lei e Manfredi?
Il professor Manfredi utilizza spesso la storiella dell’Apple Academy a San Giovanni a Teduccio come un suo fiore all’occhiello quando era rettore. Va bene, la Academy che forma sviluppatori è una bella storia di Napoli. Nessuno però si chiede dove vanno a lavorare i giovani che formiamo a Napoli.
Ci dica.
Chiedetelo a Manfredi. Se ne vanno all’estero.
(Federico Ferraù)
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