Il discorso che Ursula von der Leyen ha pronunciato a Princeton scomparirà nelle onde della storia, ma sempre tra di esse riaffiorerà la risposta che ha dato a una domanda sulle prossime elezioni politiche italiane. Citando la vittoria del centro alleato con la destra estrema in Svezia e sottolineando le azioni recentemente intraprese dall’Ue contro la Polonia e l’Ungheria, la presidente ha evocato che si hanno “gli strumenti” per rispondere a simili eventi.
E – bontà sua – ha aggiunto che si è di già deciso di non versare i denari previsti dal Pnrr all’Ungheria per le posizioni ideali di Orbán e seguaci e che altrettanto ci si prepara a fare nei confronti della Polonia per le note controversie sui sistemi giudicanti di una magistratura tormentata dal passato della dominazione sovietica e nei cui confronti si continuano a non comprendere gli specialissimi drammi storici. Così come della storia travagliata dell’Ungheria e del pensiero dei suoi più illustri figli, su cui molti dovrebbero formarsi (penso a István Bibó e a Jeno Szucs), si dimostra ancora una volta di non sapere nulla ma proprio nulla.
Ciò che gli sprovveduti di Princeton e gli ignoranti di Bruxelles non conoscono è “la miseria dei piccoli Stati dell’Europa centrale”, per citare il titolo di un capolavoro di Bibó, ossia di una Mitteleuropa sempre dilaniata da flussi di profughi su parti del territorio patrio, da un conflitto ideologico senza paragoni con le altre storie culturali nazionali europee e che si trovano ora a doversi incanalare nella gabbia d’acciaio dei Trattati dell’Ue. Ovvero se si firma un contratto lo si deve rispettare e visto che il contratto è tra democratici si deve rimanere democratici, pena la perdita che dai vantaggi del contratto promanano. Ebbene, il plesso tra democrazia parlamentare e processo delegante di rappresentanza di seconda istanza è così ridotto a una regola di condominio o a un contratto commerciale.
Tutti ricordiamo i commissari francesi che anni or sono tuonavano contro coloro che votano scegliendo tra politiche economiche nazionali diverse, minacciando di punire con l’attivazione del pilota automatico le volizioni elettorali che non si inchinavano alle politiche Ue, anche come in questo caso defraudando le nazioni ribelli del non versamento del denaro previsto (spesso, peraltro, denaro che era il frutto di una partita di giro tra versamenti precedenti dei denari delle nazioni che dovevano essere punite).
“Noi trattiamo solo con i democratici”, ha affermato a Princeton la presidente della Commissione europea. Non ha mai letto Juan Linz o Leonardo Morlino che ci insegnano di quali declinazioni son variegate sia le democrazie, sia gli autoritarismi, per non parlare di quanto sostenuto da Robert Dahl e Charles Lindblom sui regimi poliarchici che di fatto son la forma mondiale dei plurimi governi oggi del mondo.
No, tutto è un gioco di Monopoli e di disprezzo per la democrazia liberale vera, quella di Benjamin Constant e di Madame De Stael che combattevano Napoleone come ultimo residuo di un giacobinismo imperialistico che si abbatté a quei tempi su tutta Europa.
Oggi il giacobinismo è diverso. È algoritmico e tecnocratico, ma rimane la sostanza.
Ai tempi dei numi tutelari della libertà così come del dispotismo si usava il terrorismo delle armi, oggi quello dei regolamenti che governano i flussi dei denari che scorrono giù dalle cornucopie dell’Ue come le vincite a Las Vegas. Bisogna stare attenti però. Se ci si veste in modo non gradito, le macchine non erogano nulla e possono addirittura colpire con scosse elettriche.
Il tutto mentre l’Europa e il mondo sono minacciati dall’imperialismo grande-russo che va dritto verso la guerra nucleare se non si trova l’intreccio tra risposta militare forte e pro Ucraina e necessità di costruire un amplissimo fronte che isoli i revanscisti in Russia e spinga tutte le potenze – sì, anche la dispotica Cina e l’autoritaria Turchia – a far blocco comune contro una Russia in cui l’oligarchia ortodosso-mistico-nazionalista ha preso il potere.
Anche l’Ungheria e la Polonia potrebbero svolgere un ruolo importantissimo e la gloriosa Polonia già lo svolge con coraggio. Ma agire in questo modo è tutto il contrario di quanto afferma in modo offensivo per tutti i democratici del mondo la presidente della Commissione.
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