La campagna elettorale nella Regione Lazio è stata particolarmente accesa e piena di colpi di scena. Il “caos liste”, che ha portato all’esclusione della Lista Pdl a Roma e provincia, ma che rischiava di coinvolgere anche il listino Polverini e la minaccia della Bonino di abbandonare la corsa hanno animato uno dei più interessanti “testa a testa” di queste elezioni regionali.L’intervento del Card. Angelo Bagnasco in difesa dei valori “non negoziabili” ha poiriacceso i riflettori sul tema della vita e del suo rispetto dal concepimento fino alla morte naturale. Emma Bonino non è però sembrata molto preoccupata dalle scelte che prenderà l’elettorato cattolico. «Un evergreen. Non mi sembra ci sia nessuna novità, sono le solite cose», ha detto la candidata del centrosinistra, commentando la prolusione del Presidente della Cei. In questa intervista a IlSussidiario.net la leader radicale spiega quello che ha in mente per il Lazio.
Quale sarà il suo principale obiettivo se verrà eletta Presidente?
Il mio primo obiettivo è quello di ristabilire un rapporto di piena fiducia tra cittadini e amministrazione. Ritengo che, nella fase di emergenza democratica che stiamo attraversando, sia questa la priorità assoluta e la condizione indispensabile per immaginare tutte le altre azioni necessarie a governare bene il Lazio, in tutti i campi: dalla sanità alle politiche per il lavoro. Legalità, trasparenza, progettualità saranno i tre criteri ispiratori della nuova politica regionale: voglio che il Lazio sia il punto di partenza di quella rivoluzione democratica che il Paese attende da anni.
Qual è il suo giudizio sul governo del Lazio degli ultimi anni?
Penso che si possa rispondere a questa domanda con alcuni fatti: oggi il Lazio è una regione che resiste alla crisi meglio di altre. Sono diminuiti in maniera consistente i disoccupati (1,3% rispetto al 2008) e il tasso di occupazione è sopra la media nazionale. Le imprese del Lazio crescono e innovano. E uno dei grandi nodi della pubblica amministrazione è stato rimesso sui binari del rigore contabile: mi riferisco al debito di 10 miliardi di euro che oggi non esiste più.
E quali sono oggi i principali bisogni?
C’è una preoccupante carenza nell’erogazione dei servizi, a partire da quelli per la mobilità e quelli per la salute. Partiremo da qui, da un nuovo inizio nei servizi alla persona.
Quali opportunità vede nel prossimo federalismo fiscale, che prevede il finanziamento dei costi standard e non più della spesa storica, assieme alla possibilità di manovrare i tributi regionali verso l’alto o il basso e prevedere nuove detrazioni regionali?
L’attuazione del federalismo fiscale è un’occasione storica per un riequilibrio dei prelievi ed è anche la condizione per arrivare a una riduzione dell’Irap e dell’addizionale Irpef. Io credo, però, che se si vuole intervenire sul sistema sanitario regionale in maniera strutturale, si debba partire da una razionalizzazione dell’offerta di sanità, prima che dai costi. Noi vogliamo riequilibrare l’enorme sproporzione tra offerta ospedaliera, molto spesso utilizzata impropriamente, e servizi sul territorio, drammaticamente carenti nel Lazio. Ciò produce risparmi, a fronte di servizi più utili e più capillari. Infine, una nota polemica: non si può fare i federalisti a corrente alternata. Il Governo si dice federalista, ma poi cerca di imporre alle Regioni scelte come quella sul nucleare che non vuole nessuno.
Ritiene che sia possibile incrementare l’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale nella sua regione?
L’ingresso dei cittadini nell’amministrazione pubblica è uno dei capisaldi del mio programma. Per aumentare la responsabilità della Pubblica Amministrazione è indispensabile aumentare la partecipazione delle reti di cittadini, costruendo moderne ed efficienti "infrastrutture civiche". Ritengo che questa non sia un’opzione, ma un obbligo, dato che tale approccio trova un saldo riferimento nel principio di sussidiarietà stabilito dalla Costituzione. E l’essenza stessa della sussidiarietà è la costruzione di un’alleanza fra cittadini attivi e amministrazioni locali, per prendersi congiuntamente cura dei beni comuni e dell’interesse pubblico. Attueremo la sussidiarietà orizzontale, in particolare nel campo sociosanitario, a partire dai “microprogetti” previsti dall’art. 23 della legge n. 2/2009, che consentono a gruppi di cittadini organizzati di formulare all’ente locale territoriale competente proposte operative di pronta attuazione per la realizzazione di opere di arredo urbano o di interesse locale.
Il recente trattato di Lisbona prevede un aumento del ruolo delle Regioni rispetto alla Ue. Come pensa di sfruttare questa opportunità?
Potenziare il ruolo delle Regioni in materie fondamentali come l’energia o rifiuti. Non solo: proprio nel Lazio abbiamo visto come anche la capacità di risposta dei sistemi regionali alla crisi sia stata più veloce e incisiva di quella degli Stati e dell’Europa. Nel Lazio, per esempio, sono state liberate velocemente risorse per le imprese in crisi di liquidità o per i cittadini più colpiti dalla crisi. Io intendo giocare il nuovo ruolo delle Regioni non in contrapposizione, ma in collaborazione con le altre istituzioni, a partire dalla Comunità Europea.
L’Europa rappresenta una grande opportunità per il Lazio, come lo è stata per altre regioni italiane ed europee. Per coglierne tutte le opportunità e i benefici, è necessaria un’accelerazione nell’esecuzione dei programmi e una programmazione strategica, che finora sono mancate. Voglio un Lazio grande regione d’Europa.
Le politiche regionali possono incidere pesantemente su due temi importanti come vita e famiglia. Come pensa di operare in questi due ambiti?
A chi fa propaganda sulla nostra presunta avversione per la famiglia dico di leggere il nostro programma: abbiamo previsto un insieme articolato di misure per le famiglie del Lazio, cercando di dare risposte concrete a ogni momento della loro vita, con particolare attenzione alle fasi e alle fasce più critiche: dai voucher per chi non ha accesso agli asili pubblici al riconoscimento del valore sociale del lavoro domestico e di cura. Una cosa però va aggiunta: bisogna fare uno sforzo per uscire dalle secche di una battaglia ideologica che penalizza fortemente i cittadini.
Un’amministrazione pubblica come la Regione deve occuparsi dei servizi alla persona, senza dare valutazioni di merito o di valore su come quella persona si organizza affettivamente. In fondo si tratta di essere fedeli a ciò che dicono Costituzione e Carta europea dei diritti: un’amministrazione non può fare discriminazioni per razza, orientamento sessuale o religioso.