ELEZIONI REGIONALI LIGURIA 2020. C’è una sola regione dove il Pd e i 5 Stelle hanno raggiunto un accordo e questa è la Liguria. Molto probabilmente non vinceranno lo stesso, perché lo hanno fatto in ritardo, perché il distacco dal candidato del centrodestra Toti (rileggi l’intervista) è quasi incolmabile, e perché non ci hanno creduto fino in fondo. Ma dal voto di domenica e lunedì potrebbero ugualmente emergere dati interessanti su cui riflettere.



È toccato a Simone Farello, giovane segretario regionale del Pd, il compito di gestire al meglio questo primo esperimento di laboratorio. “In generale la collaborazione con il Movimento è molto positiva. Già con la scrittura del programma abbiamo constatato che vi sono più punti in comune di quello che ci aspettavamo. Gronda a parte. La stessa scelta di Ferruccio Sansa come candidato, dopo qualche resistenza iniziale, si è rivelata molto giusta. Conduce la coalizione in modo unitario e riesce a parlare a mondi – in particolare quelli di sinistra e giovanili – di cui avevamo perso malamente la fiducia negli anni scorsi”.



La costruzione di un’alleanza strategica tra Pd e 5 Stelle passa inevitabilmente dalla verifica sul territorio. Bisogna vedere se funziona concretamente, se le persone – dopo anni di reciproci insulti – riescono a collaborare.

Farello non cede alla tentazione del facile ottimismo. “Sostenere che abbiamo buone probabilità di vittoria mi sembra eccessivo, eppure mi sento di dire che abbiamo via via preso coraggio e che i segnali raccolti in campagna elettorale sono tutt’altro che negativi. Dei sondaggi ci fidiamo tutti molto poco ormai, e soprattutto non sappiamo ancora in quanti andranno veramente a votare e cosa deciderà di fare quel 40% di indecisi”.



Il Pd ha messo nel conto che può anche perdere, ma deve farlo con onore. Su tre dati si giocherà alla fine la partita nel centrosinistra in Liguria: il primo è il voto nei grandi centri urbani, a cominciare da Genova dove ci si aspetta il recupero più forte, per poter organizzare al meglio la prossima tornata amministrativa; il secondo riguarda un buon risultato delle liste di chi ha sostenuto lealmente la nuova alleanza, anche degli stessi 5 Stelle che potrebbero vedere proprio qui fermarsi l’emorragia di voti. Infine, il terzo dato riguarderà il risultato di Italia Viva, che come in Puglia ha deciso di correre da sola, in aperto conflitto con gli altri partner di governo e che al momento sembra lontana dal quorum del 4%  necessario per eleggere almeno un consigliere.

Di tutt’altro avviso il clima in casa del centro-destra. Consapevoli di quanto sia stata importante la ricostruzione del ponte Morandi per acquisire un vantaggio considerevole, la campagna di Giovanni Toti è incentrata sulla positiva esperienza di collaborazione tra le istituzioni. La sintonia tra Regione e Comune non ha funzionato egregiamente solo per la ricostruzione del ponte, ma in molti altri casi, a cominciare dalla gestione della crisi causata dal Covid-19.

Barbara Grosso, assessore alla cultura e alla scuola del comune di Genova, non ha dubbi in proposito: “la collaborazione istituzionale è stata per noi in Liguria una scelta chiara e forte. È servita a fare presto e bene il nuovo ponte, ci ha aiutato nei momenti più difficili dell’epidemia, sta diventando una nostra “specialità” in un Paese troppo litigioso e in perenne conflitto di poteri. Può sembrare strano ma oggi si rivolgono al Comune di Genova diverse aziende interessate ad investire qui, proprio in virtù di un modello che promette rapidità e collaborazione. ‘Promette’ forse non è la parola esatta, direi ‘garantisce’ perché abbiamo dimostriamo di averlo già fatto con il ponte”.

Barbara Grosso è di ritorno da Venezia dove ha partecipato alla presentazione del film prodotto dalla Rai sulla realizzazione del nuovo viadotto San Giorgio. Un’accoglienza speciale. Un bel risultato per una città che aveva fatto parlare di se al Festival l’ultima volta per le violenze alla Diaz durante il G7 del 2001. “Genova e la Liguria oggi sono un modello a sé, sentiamo di essere giudicati diversamente dal passato anche dal resto d’Italia, e questo accade anche perché il centrodestra con Toti e Bucci presenta nella nostra regione un profilo più civico, più legato al territorio, più concretamente vicino alle persone”.

La Liguria, come sostiene correttamente Simone Farello, non è da considerare una regione rossa. Sicuramente vi sono state in passato zone di forte insediamento di sinistra. Ma anche in quelle realtà, come a La Spezia, a Sarzana, a Savona, nel corso di questi ultimi anni si è perso malamente. Una vecchia classe dirigente si è lasciata sopraffare da un declino non sempre contrastato con lucidità. Senza una visione non si conquistano consensi e senza una prospettiva le persone si deprimono. La Liguria è una delle regioni più strane d’Italia. Molto conservatrice, molto legata alle sue tradizioni. Basta pensare al turismo e a come non sia pienamente valorizzato per resistenze croniche ad ogni innovazione. Anche se va detto che quest’anno gli italiani – soprattutto i lombardi – hanno riaperto volentieri le loro seconde case sul mare della Riviera.

Ma la Liguria dispone ancora di un patrimonio produttivo ed industriale di primo ordine, assolutamente decisivo per l’industria del paese. Primarie aziende nel settore dell’energia, dell’ambiente, dell’IT possono guidare la trasformazione ecologica e digitale. Per non contare del ruolo strategico dei porti e della logistica. La regione e i liguri devono uscire da questa condizione a cui si sono condannati da soli, smettere di sentirsi un “dio minore”, tornare a ragionare in grande. Nella storie delle comunità basta poco per cambiare il corso delle cose, per fare un salto di qualità. Oggi la Liguria è una regione a cui l’Italia vuole molto bene, sarebbe davvero sciocco che i liguri non cominciassero a volersi bene e sprecassero questa occasione che si sono costruiti con le loro mani.