“Persone all’opera grazie a una storia comune”. È il motto di Claudia Toso, medico, sposata, cinque figli, che si candida con Fratelli d’Italia alle prossime elezioni regionali in Lombardia (12-13 febbraio) per entrare in Consiglio regionale. Prima al Cam di Monza poi al “Besta” di Milano e successivamente all’Ats Brianza, oggi Claudia Toso è in distacco presso la direzione generale Welfare della Regione. In questa intervista spiega le ragioni e gli obiettivi del suo impegno.
Claudia Toso, perché si candida a consigliere regionale?
Ho sempre avuto il desiderio di spendermi per la cosa pubblica e ritengo che ne valga la pena. A mio modo di vedere la nostra società è abitata in larghissima parte da persone positive, costruttive. Vanno messe al centro. Lo dice il mio slogan: “Persone all’opera grazie a una storia comune”.
Ci dica qualcos’altro di questo “desiderio di spendersi per la cosa pubblica”.
Il mio desiderio di fare politica è profondamente legato a una storia che mi ha raggiunto, che è quella cattolica e popolare. Mi sta a cuore la possibilità di rendere manifesta la positività e la bellezza che ancora c’è nella nostra società.
Si candida con Fratelli d’Italia. Perché?
Perché ritengo che all’interno di FdI ci sia lo spazio reale per una presenza cattolica, in un contesto storico in cui le forze partitiche si stanno posizionando su un asse differente da quello che abbiamo visto dal dopoguerra in poi. Andiamo verso una contrapposizione conservatori-progressisti. Oggi siamo agli albori di un nuovo tentativo politico, quello di dare vita appunto ad un nuovo partito conservatore, e FdI è il perno di questo tentativo.
Nel suo impegno la sanità è centrale. Solo per una ragione professionale?
No, direi per una ragione di… “ragione”, di razionalità non solo politica. Il budget di Regione Lombardia per il 2023 è di 27 mld di euro di cui 21,6 sono destinati al capitolo sanità. Essere eletti in Consiglio regionale significa occuparsi di sanità innanzitutto. È la competenza regionale per eccellenza. Questa è indubbiamente la prima ragione: un fattore di realtà.
E poi?
Secondo motivo, desidero mettere a frutto come servizio alle persone quello che ho potuto sviluppare in questi anni di lavoro: una competenza all’interno del sistema sociosanitario dal punto di vista della governance e della sua attuazione. Terzo motivo, la nostra sanità presenta una serie di criticità importantissime che hanno bisogno di un impegno comune e specifico.
Ci spieghi bene.
Dobbiamo riappropriarci di un metodo che ponga al centro il professionista e l’operatore della sanità. Dobbiamo tornare ad ascoltarlo. Oggi il politico deve saper ricostruire in modo strutturato un dialogo con i professionisti e gli operatori della sanità. Questo in virtù di un vero e proprio metodo di lavoro, non ideologico ma attento alla realtà, cioè ai bisogni.
Politicamente che cosa significa?
Occorre confermare il modello sussidiario nato e cresciuto con le legislature formigoniane, dunque proseguire su quella strada, ma con una attenzione specifica ai più deboli. Il modello sussidiario ha valore nella misura in cui non genera differenze, cioè diseguaglianze, nel campo della salute.
È il difetto di una precedente gestione?
Il mio è un warning, un avvertimento: siamo in un tempo attraversato da una povertà materiale e immateriale diffusa. Non si può far politica senza tener conto di questa povertà crescente. E nel governo della sanità dobbiamo stare attentissimi a non generare diseguaglianze diffuse, soprattutto in relazione all’accesso ai servizi sanitari. Per far questo ci vuole un modello di sussidiarietà governata.
Cosa vuol dire?
Significa che il livello centrale deve porre regole certe per tutti, cioè capaci di garantire certezza nei percorsi di cura. L’erogazione dei servizi deve passare attraverso un processo di pianificazione – che contiene il tema della visione ideale, cioè dei criteri ispiratori –, di programmazione delle attività, e infine di controllo.
Lei si candida nella provincia di Monza-Brianza, dove il numero delle scuole paritarie è altissimo. Quali sono le sue proposte sul tema della famiglia e della libertà di educazione?
La famiglia è il primo nucleo educante della persona. Ad essa si lega il tema della parità scolastica, ovvero della libertà di scelta educativa, che spetta di diritto alla famiglia. La famiglia deve poter scegliere chi e come educa i figli. Su questo non derogo mezzo millimetro. Tra l’altro il modello lombardo è assolutamente interessante, perché è in linea con ciò che succede negli altri Paesi Ue dove la libertà di scelta è garantita.
Qual è la strada maestra?
Quella di un voucher dato alla famiglia perché possa spendere quel contributo – che deriva peraltro dalle imposte dirette – nella scuola che ritiene ottimale per il proprio figlio. Dobbiamo realizzare un vero sistema scolastico integrato pubblico-privato. Al momento mi pare che siano destinati alla dote scuola circa 26 milioni di euro circa: su 27 miliardi di budget regionale, in una Regione che ha un bilancio attivo, ecco, direi che si potrebbe fare di più.
La Brianza è uno dei motori produttivi della Lombardia. Come valorizzare le piccole-medie imprese e le filiere del territorio?
Il motto di Giorgia Meloni è “non disturbare chi vuole fare”. Questo deve essere l’atteggiamento generale della Regione. Il tessuto produttivo della Brianza è rappresentato per il 90% da imprese 1-10 addetti: dunque si tratta di aziende piccole o micro. È un taglio dimensionale dal quale non possiamo prescindere. Proprio perché sono così fatte, hanno bisogno di un supporto orientato alle reti: dobbiamo creare e favorire percorsi di rete tra le imprese. Non solo. C’è un’altra necessità impellente, legata al tema della formazione. Dobbiamo coniugare il più possibile le esperienze formative e la formazione professionale di specifica competenza regionale con i bisogni delle imprese. È l’altro grande tassello su cui Regione Lombardia si deve impegnare.
(Max Ferrario)
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