ELEZIONI REGIONALI 2023, L’INIZIATIVA “INCLUSIVA” DEL COMUNE DI MILANO: “FILA UNICA AI SEGGI”
Fino a poco tempo fa le richieste “inclusive” si “limitavano” ai bagni per trans ma ora la polemica già esplosa alle ultime Elezioni Politiche viene “accolta” dal Comune di Milano. Ovviamente, all’insegna della “sacra” inclusività: per le imminenti Elezioni Regionali in Lombardia (12-13 febbraio 2023), «l’Amministrazione comunale ha scelto di sensibilizzare chi presiede il seggio elettorale affinché, consapevole dell’impatto della divisione in uomini e donne, non distribuisca gli elettori in due file». Lo scrive il Comune diretto dal sindaco Beppe Sala, da tempo ormai “consacrato” all’altare del politicamente corretto e soprattutto del “genderismo corretto”: con tanto di video esemplificativo diffuso sul portale online – realizzato, non c’è neanche bisogno di dirlo, in collaborazione con CIG Arcigay Milano – Palazzo Marino riscrive in sostanza le modalità di votare ai seggi, specie per l’afflusso degli elettori alle rispettive cabine elettorali.
Nel video viene lasciato una netta indicazione ai presidenti di seggio delle prossime Regionali Lombardia affinché il giorno delle elezioni distribuiscano gli elettori e le elettrici «in un’unica fila, anziché dividerli in file differenziate sulla base dei generi femminile e maschile». Come noto, i registri elettorali per legge vengono divisi in base al genere e i presidenti di seggio fino alle scorse Elezioni non si facevano problemi nell’utilizzare tale criterio anche per gestire il flusso delle persone che si recano a votare. Ecco, ora il problema c’è e il Comune di Milano, assai solerte, provvede immediatamente: «Si tratta di una pratica in uso da decenni ma che da diversi anni viene contestata perché discriminante e lesiva nei confronti delle persone transgender e non binarie. Mettersi in fila in base al genere assegnato alla nascita costringe, nei casi in cui esso non corrisponda alla propria identità o espressione di genere, a coming out forzati che possono sfociare in situazioni di imbarazzo o disgusto, a causa delle quali molte persone sono portate a scegliere di rinunciare al voto».
REGIONALI LOMBARDIA, IL POL. CORRETTO DI SALA E IL SENSO DI REALTÀ
Ecco dunque il motivo addotto dal Comune di Milano per “imporre” alle Elezioni Regionali la pratica della fila unica ai seggi: «l’Amministrazione comunale ha scelto di sensibilizzare chi presiede il seggio elettorale affinché, consapevole dell’impatto della divisione in uomini e donne, non distribuisca gli elettori in due file, tenga i registri vicini e proceda all’identificazione delle persone solo quando arriva il proprio turno, optando per una modalità non discriminante e maggiormente rispettosa dell’identità di genere di ciascuno». Palazzo Marino ricorda come tale iniziativa sia in linea con la mozione approvata nel 2022 in Consiglio Comunale, “Provvedimenti volti a favorire l’inclusione e la cittadinanza delle persone transgender”.
Direte voi, vista la scarsa affluenza ormai perdurante in tutti gli appuntamenti elettorali, in termini pratici la “rivoluzione” in salsa arcobaleno di Beppe Sala non dovrebbe impattare affatto sulle tempistiche di voto. Eppure con quella bella, sana e inclusiva fila unica il rischio che si crei una coda fuori dal singolo seggio è quantomeno ipotizzabile: ma astraiamo un secondo le possibili problematiche pratiche in merito al registro e consegna della scheda elettorale con una fila unica e senza distinguere i due registri “di genere”. Concentriamoci invece sul “senso di realtà” di una proposta del genere: siamo davvero certi che in questo modo si “preservi” la riservatezza di chi non binario non accetta l’identificazione in “maschio” o “femmina”? Davvero si pensa che la gente in fila alle urne possa aver un qualche interesse nel sapere in maniera spasmodica quale sia il “genere sessuale” di chi lo precede? Una giusta attenzione della comunità ad evitare discriminazioni e casi-limite rischia di tramutarsi sempre di più in un cambiamento “radicale” di usi, leggi e tradizioni – tra l’altro con un peggioramento e non un miglioramento delle condizioni “pratiche”: ci riferiamo alla fila “pro” LGBTQ+ ma perché il discorso non potrebbe valere anche per il limite a 30 km/h in città, l’imposizione del politicamente corretto, gli obblighi “green“, la censura sui libri “scomodi” etc. ? Attenzione compagni: per cercare di creare (per decreto) la “realtà perfetta” il rischio – a nostro modesto e inutile avviso – è che si perda il senso di questa realtà.